Articoli della categoria ‘SALUTE E BENESSERE’

Morbillo: “Può essere letale”

Apr 12
Scritto da Annamaria avatar

Il morbillo può essere una malattia letale. Nei primi 3 mesi del 2024 i casi sono quintuplicati rispetto all’anno precedente. Si raccomanda ai genitori di vaccinare i bambini. E che a usufruire del vaccino siano pure gli adulti che non l’hanno mai fatto.

Mother taking care of baby with chicken pox

“Nessun bambino dovrebbe morire per il morbillo che è una malattia grave, ma prevedibile”, sottolinea Antonietta Filia. Il medico di Medicina preventiva e Sanità pubblica e prima ricercatrice del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità chiarisce che può essere letale. E il boom di casi preoccupa.  “Abbiamo registrato un aumento dei casi dalla fine del 2023 ed è probabile che il numero dei casi continui a crescere, come già segnalato nella recente valutazione del rischio fatta dall’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc)”, dice al Fatto Quotidiano.

“Il morbillo non è una malattia lieve, oltre all’esantema, causa malessere, febbre alta, diarrea, e altre complicanze. Fino al 20-30% sviluppa complicanze ed è possibile anche il decesso: uno o due casi per 1000. I nostri dati indicano che il 26% dei casi notificati ha registrato una complicanza. Per quanto riguarda i casi per cui è stato necessario il ricovero, la percentuale osservata è più elevata dell’atteso. E potrebbe indicare una sotto notifica dei casi meno gravi: persone che non si rivolgono al medico o casi che non vengono segnati dai medici delle cure primarie”, spiega l’esperta. 

“E’ opportuno ricordare qui l’importanza della sorveglianza nel processo di eliminazione del morbillo e la necessità di sensibilizzare tutti i medici e operatori sanitari a riguardo. E’ importante segnalare tempestivamente ogni caso di morbillo al sistema di sorveglianza. Per attivare rapidamente una risposta di sanità pubblica, interrompere la trasmissione, capire i motivi della trasmissione. E identificare i gruppi di popolazione a rischio”, chiarisce ancora Filia.

Può essere letale, ricordiamolo. Ecco perché è importante vaccinarsi: “La vaccinazione è importante perché il morbillo è una malattia potenzialmente molto grave. Con la vaccinazione è possibile prevenirla. I bambini sotto i 5 anni di età, gli adulti di età superiore a 20 anni, le donne in gravidanza e le persone con deficit immunitario hanno il rischio più elevato di complicanze. Il vaccino è in uso da circa sessant’anni e ha un alto livello di sicurezza ed efficacia. I bambini sotto l’anno (la prima dose viene consigliata ai 12 mesi, ndr) e le persone con deficit immunitari che non possono ricevere il vaccino (essendo il vaccino vivo attenuato) dipendono dall’immunità della popolazione, della famiglia e delle persone che sono a contatto con loro”. 

“C’è anche il rischio di panencefalite sclerosante subacuta. E’ un raro disturbo degenerativo progressivo del sistema nervoso centrale causato proprio dall’infezione persistente del virus del morbillo. Si presenta a distanza di anni dall’infezione. Una malattia letale. Le persone a maggior rischio sono i bambini che hanno acquisito l’infezione prima dei 5 anni di età”, aggiunge la dottoressa..

In formissima col Calisthenics

Apr 08
Scritto da Annamaria avatar

Le neo mamme si chiedono come tornare al top, rispettando i tempi dell’allattamento e del post parto. In tv ammirano Lorella Cuccarini, che a 58 anni ad Amici mostra il suo fisico spettacolare, da far invidia alle giovanissime. Lei il suo segreto lo ha rivelato: è in formissima col Calisthenics, un metodo che usa resistenza e peso del corpo per esercizi che ti regalano un fisico super.

Lorella Cuccarini, showgirl, 58 anni

Il termine deriva da “kalos”, bello, e “sthénos”, forza.  Col Calisthenics si sta in formissima sul serio, grazie a esercizi isometrici, dinamici, che si fanno in mobilità. Non servono infatti attrezzi: basta il peso del corpo. “Una sbarra dove appendersi e due sostegni come parallele sono sufficienti per realizzare una vasta gamma di movimenti. In questo scenario essenziale si costruiscono sequenze per tutti, dall’atleta esperto al neofita. L’allenamento si personalizza anche se fatto in gruppo”, spiega La Gazzetta dello Sport.

“Si individuano sia movimenti di riscaldamento eseguiti a corpo libero come saltelli, circonduzioni delle braccia in alto e jumps, sia esercizi fatti col sovraccarico naturale del proprio corpo, cioè piegamenti e flessioni su braccia, sit-up, crunch, reverse crunch per gli addominali, trazioni alla sbarra, squat, affondi”, precisa ancora il quotidiano sportivo.

La cosa bella è che non serve la palestra, in formissima col Calisthenics, certo, se vuoi il trainer che in sala guidi un allenamento che va dai 45 ai 60 minuti. Ma, dato che, appunto, non serve alcun attrezzo, lo si può tranquillamente fare pure all’aria aperta. E, con la bella stagione oramai arrivata, cosa c’è di meglio? Magai portando i bimbi a giocare al parco, ci si può ritagliare un momento anche per sé, o no?

Diabete: come mangiare i carboidrati

Apr 05
Scritto da Annamaria avatar

Chi soffre di diabete ha problemi di glicemia. Sapere come mangiare i carboidrati, che fanno bene a tutti, è fondamentale. Ne so qualcosa io che durante la gravidanza ho avuto la curva glicemica che si è alzata vertiginosamente e ho dovuto stare attenta con alimentazione, ripetendo i controlli dal settimo mese di gestazione in poi.

diabete come mangiare i carboidrati

Come mangiare i carboidrati per chi soffre di diabete o chi è geneticamente portato alla glicemia alta lo spiega al Corriere della Sera Ilaria Prandoni. La biologa e nutrizionista di Palazzo della Salute del Gruppo San Donato è chiarissima. “La distinzione carboidrati ‘semplici’ e ‘complessi’ è importante perché quelli complessi si assimilano più lentamente a livello intestinale e non creano ‘picchi glicemici’ post prandiali, quindi contribuiscono a mantenere la glicemia più stabile. Mentre quando si mangia un carboidrato semplice si ha un innalzamento più rapido della glicemia. Ecco perché bisogna privilegiare i carboidrati complessi e consumarli a colazione, pranzo e cena preferibilmente nella versione integrale”.

“Può essere utile considerare l’indice glicemico dei singoli alimenti e ancor più il carico glicemico un parametro che stabilisce l’impatto sulla glicemia di un pasto contenente carboidrati – dice l’esperta – Nei diabetici bisogna evitare carichi glicemici elevati”.

“I carboidrati semplici si dividono in quelli ‘naturalmente presenti’ negli alimenti (nei vegetali e nei latticini) e quelli ‘aggiunti’, che vengono aggiunti agli alimenti (lo zucchero da tavola, gli zuccheri usati dall’industria alimentare o gli edulcoranti). Il paziente con diabete può bere il latte e mangiare la frutta (due porzioni al giorno). Alimenti che contengono naturalmente zuccheri. Ma dovrebbe eliminare o limitare molto il consumo di tutti i prodotti che contengono zuccheri ‘aggiunti’. Quindi i dolciumi, le bevande zuccherate, i succhi di frutta zuccherati”.

Come mangiare i carboidrati col diabete è basilare. Sui dolci la nutrizionista dice: “Uno alla settimana”. “Deve essere incoraggiato il consumo di cibi ricchi di fibre. Perché regolano l’assorbimento di carboidrati e grassi e modulano i picchi post-prandiali di glicemia – spiega la specialista –. Anche la verdura, ricca in fibra, va a regolarizzare l’assorbimento a livello intestinale dei carboidrati. Quindi consumata ad esempio con pasta e riso è ottima. Con la stessa funzione può essere utilizzata come spuntino. Anche i legumi, nonostante contengano una quota di carboidrati, sono da considerare una fonte proteica e di fibra. Si possono mangiare in associazione con pasta e riso: il piatto unico che si verrà a creare sarà più bilanciato a livello di assorbimento degli zuccheri”.

“Anche le persone in salute devono seguire una dieta sana, bilanciata e preventiva rispetto al diabete, che è una malattia molto diffusa. La dieta mediterranea preserva la salute e previene l’insorgenza di patologie croniche degenerative tra le quali anche il diabete. Anche per chi deve dimagrire questi sono i consigli alimentari giusti, che devono essere declinati con le quantità soggettive adatte a configurare una dieta ipocalorica rispetto ai fabbisogni”, conclude Prandoni.

Cibi che abbassano il colesterolo

Apr 04
Scritto da Annamaria avatar

E’ un guaio quando questo valore sale, come nel mio caso ad esempio. Come cercare di farlo tornare normale? L’alimentazione può aiutare, ecco i cibi che abbassano il colesterolo.

cibi che abbassano il colesterolo

Il colesterolo, quello ‘cattivo’, porta noi tutti a rischio di malattie cardiovascolari. I Cibi che lo abbassano quindi ci danno una mano a sconfiggere, almeno in parte, questa molecola di grasso.

Tra i cibi che abbassano il colesterolo ci sono sicuramente i cereali integrali: vanno mangiati, con porzioni regolari, dalle 2 alle 4 volte la settimana. Ottimi l’avena e l’orzo, buoni farro e quinoa, come anche la segale. Pane, pasta devono essere di grano non trattato, appunto. Il riso è preferibile nero.

Anche i legumi fanno bene, sempre dalle 2 alle 4 volte la settimana. Ceci, fagioli, fave, piselli e lenticchie sono un toccasana, ricchi di proteine e sali minerali, tra i quali il ferro, utile a ridurre il colesterolo cattivo, potassio, che riduce la pressione sanguigna, e il fosforo.

Non dimentichiamoci della frutta secca, mandorle e noci su tutta, e i frutti di bosco. Mirtilli, fragole, lamponi servono contro il colesterolo. Per questa vanno bene 2 volte al giorno. Ultime, ma sempre in prima fila, le verdure, ricche di fibre, fanno sì che il colesterolo venga assorbito di meno nell’intestino. Quotidianamente con loro potete esagerare: vanno bene anche 2 o 3 porzioni al dì.

Acqua di mare non cura ferite

Mar 24
Scritto da Annamaria avatar

Cosa ci hanno sempre detto da bambini? Che se avevamo un graffio e stavamo in spiaggia, bastava entrare in acqua per disinfettare il taglio. Invece questo non è vero. L’acqua di mare non cura le ferite. Tenetelo bene a mente ora che si va nuovamente verso la bella stagione, anche con i vostri figli, anzi, soprattutto con loro.

“Il mare e i raggi solari non hanno alcun effetto curativo”, spiega Giovanni Papa. Il presidente dell’Associazione italiana ulcere cutanee ETS (AIUC), direttore del Dipartimento di Chirurgia plastica dell’Ospedale di Cattinara (Trieste) Non ha dubbi. “Sono infatti solo vecchi luoghi comuni che, nella migliore delle ipotesi, non fanno né bene e né male. Nella peggiore, invece, possono complicare piccole lesioni , rovinando le vacanze”, sottolinea.

Non cura le ferite, anzi: l’acqua di mare potrebbe addirittura infettarle. “L’acqua di mare, che molto spesso e tutt’altro che ‘pulita’, aumenta le probabilità che una lesione venga infettata da diversi microrganismi , dando così origine a complicazioni più o meno gravi. Dalla formazione di ascessi a rare forme di infezioni batteriche, fino a infezioni alle ossa e alle articolazioni  – precisa il medico – . I soggetti fragili, come ad esempio coloro che hanno patologie epatiche o il diabete, o che sono immunodepresse, presentano un rischio di infezione ancora maggiore”.

L’acqua di mare non cura le ferite e non lo fa neppure il sole. “I raggi solari non guariscono le ferite, né accelerano la loro guarigione e né riducono il rischio di infezioni – precisa l’esperto – In realtà, l’esposizione al sole può indurre un’iperpigmentazione della pelle, ovvero una macchia sulla parte di pelle in cui si trovano le ferite. La macchia che in questo modo si è venuta a creare dopo l’esposizione al sole delle ferite, può restare a lungo anche dopo l’avvenuto processo di cicatrizzazione. Pertanto le ferite andrebbero coperte e protette anziché esposte al sole”.

Per curare le ferite per il medico bisogna usare i soliti rimedi: “Disinfettante, cerotti o garze sterili: sono questi gli unici rimedi ‘fai da te’ concessi. Per accelerare la guarigione delle ferite possono essere utilizzati specifici prodotti da banco. Ad esempio pomate, spray o garze a base di estratto del grano. Quest’ultimo è particolarmente efficace nel favorire il processo di cicatrizzazione. Se quindi non vogliamo che una piccola ferita rovini le nostre vacanze è opportuno affidarsi agli unici rimedi che si sono dimostrati scientificamente validi per la disinfezione e la guarigione. Anche se piccole, le lesioni andrebbero opportunamente protette dall’acqua del mare e dal sole. Evitando, perciò, per pochi giorni, in base alla profondità della ferita, l’esposizione diretta a entrambi”.

Longevità sana

Mar 21
Scritto da Annamaria avatar

Noi donne, e anche tanti uomini, ci chiediamo come raggiungere una longevità sana: uno dei modi principali è fare attività fisica. Dopo i 40 anni dobbiamo darci da fare per mantenere il nostro corpo in forma, sia dentro che fuori.

longevita sana

Silvano Zanuso, fisiologo dell’esercizio e direttore scientifico di Technogym, è anche Associate Professor alla Edith Cowan University di Perth (Australia). A La Gazzetta dello Sport spiega come si conquista la longevità con l’attività fisica regolare. “Ci sono molti studi che mettono in relazione alcune variabili con la longevità, ma meno che associano queste variabili con una ‘longevità sana’, concetto più specifico. Le determinanti fondamentali per la longevità sono l’alimentazione corretta, la gestione dello stress, l’attività fisica e l’esercizio fisico. Queste ultime due non vanno confuse. L’attività fisica è il movimento quotidiano, come camminare o usare le scale. L’esercizio fisico invece è un’attività mirata, con obiettivi specifici in termini di tipologia (aerobico, di forza), carichi, ripetizioni, durata e intensità. Per una longevità sana bisogna fare attività fisica quotidiana e 2-3 volte a settimana esercizio fisico mirato, sia di tipo aerobico che per la forza”.

“Non è mai tardi per iniziare. Anzi, a qualsiasi età ci sono dei benefici nel fare esercizio fisico – precisa l’esperto – Più avanti si va, più diventa importante combinare l’allenamento aerobico con quello di forza. L’organismo di una persona che sta invecchiando va considerato come se fosse quello di un atleta, che ha bisogno di un programma disegnato sulle sue caratteristiche in termini di durata, intensità, tipologia di esercizio. Particolarmente importante, con l’avanzare dell’età, che sia presente una parte dell’allenamento dedicato alla forza. Con il progredire degli anni tendiamo a perdere muscoli (massa magra) e i muscoli sono fortemente correlati con un sano invecchiamento”. 

Mangiare sano seguendo la dieta mediterranea italiana, fare esercizio fisico, dormire bene, gestire lo stress: tutto questo ci aiuta a raggiungere la longevità sana. Non bisogna pensare che superata una certa età i pesi non vadano fatti, anzi. Con l’aiuto di uno specialista, è necessario magari seguire un programma specifico che tenga conto dei problemi di chi deve allenarsi: ma sono fondamentali.

Molti studio scientifici sottolineano quanto l’attività fisica stimoli ormoni o meccanismi fisiologici favorevoli alla longevità.  “L’attività fisica stimola e produce sirtuine, molecole che svolgono un ruolo cruciale nell’invecchiamento. Molto interessante anche il fatto che l’esercizio fisico, soprattutto quello di forza, migliori l’insulino-resistenza, che è alla base di molte patologie legate all’invecchiamento. E ci sono buone evidenze che anche il decadimento cognitivo migliori con l’esercizio fisico”, dice Zanuso. 

Diabulimia

Mar 19
Scritto da Annamaria avatar

Nel panorama dei disturbi del comportamento alimentare la Diabulimia è forse il meno noto. Interessa tra il 30 e il 40% dei giovani con diabete di tipo 1 e il 10% nella fascia tra 12 e 19 anni con la patologia. 

diabulimia

Si tratta di un Disturbo del Comportamento Alimentare in aumento tra gli adolescenti affetti da diabete che riducono o evitano volontariamente le dosi di insulina necessarie per il controllo della malattia. La Diabulimia affonda le proprie radici nell’insicurezza tipicamente legata all’età evolutiva e adolescenziale. Trova nella convivenza con una malattia cronica come il diabete di tipo 1 un innesco perfetto. Ma può perdurare anche in età adulta. E manifestarsi a qualsiasi età. In qualsiasi momento successivo alla diagnosi di diabete. Anche negli uomini. La prevalenza della omissione della dose di insulina negli adulti è del 21%. Questo secondo una recente metanalisi comparsa su Journal of Eating Behaviors.

La mancata aderenza alla terapia mette a rischio la salute dei giovani pazienti con alterazione dei valori di emoglobina glicata (A1c) e il rischio di episodi di ‘chetoacidosi diabetica’ che possono portare al ricovero ospedaliero. 

“I rischi a lungo termine sono ancora più temibili perché lo scarso controllo dei livelli di zucchero nel sangue apre la strada a complicanze. L’iperglicemia cronica, la chetoacidosi diabetica, le complicanze cardiovascolari e renali, la neuropatia e la retinopatia”, sottolinea la Professoressa Raffaella Buzzetti, Presidente Eletto SID. 

“Quello che ci preoccupa è la drammatica incidenza dei DCA in questa popolazione. Se nei soggetti sani la bulimia interessa il 3% dei giovani e i DCA in genere tra il 3,7 e 6,4%, nella popolazione con diabete decuplica e raggiunge livelli veramente elevati. Le cause sono molteplici e vanno ricercate nello stress della malattia. Nel carico della cura che fa sentire ‘diversi’. Nella gestione delle restrizioni alimentari. In situazioni di stigma o di insicurezza a cui si aggiungono le criticità tipiche dell’età dello sviluppo, inclusa l’ansia riguardante il peso e l’immagine corporea, che con una patologia cronica non possono che agire da detonatore”. 

“L’insulina è un ormone lipogenetico. Può favorire l’accumulo di grasso. Inoltre, la somministrazione di insulina esogena nei pazienti con diabete, migliorando il controllo glicemico e riducendo la perdita di glucosio con le urine, può indurre, un aumento di peso. Con coinvolgimento in particolare della massa grassa. Accade se non si fa attenzione all’alimentazione. Per queste ragioni, le persone con diabete tipo 1, specie i giovani, pensano che omettendo, in parte o completamente, la terapia insulinica, potranno perdere peso”, precisa la dottoressa Marilena Vitale nutrizionista SID.

I disturbi del comportamento alimentare possono essere identificati utilizzando, almeno a livello di screening, questionari specifici. Alcuni sono quelli utilizzati anche per chi non ha il diabete, come, per esempio, il “modified Eating Disorder Inventory (mEDI)” o il “mSCOFF”. Esplorano aspetti propri dei disturbi del comportamento alimentare. Laa spinta verso la magrezza, la bulimia, l’insoddisfazione per il proprio corpo. E ancora: l’inadeguatezza, il perfezionismo, la sfiducia interpersonale. La presenza di sensazione di ‘pienezza insopportabile’, la preoccupazione per la perdita di controllo sulla quantità di cibo assunta.

Negli ultimi anni si sta utilizzando sempre di più anche un questionario specifico per il diabete, il “Diabetes Eating Problem Survey (DEPS)”, che include domande sulle abitudini alimentari, sul controllo del diabete, sull’omissione di insulina e su altri comportamenti quali, per esempio, l’induzione del vomito. Tramite l’utilizzo dei questionari è stato osservato che un quarto degli adolescenti con diabete tipo 1 è a rischio per un disturbo del comportamento alimentare. Tale rischio è strettamente legato alla presenza di segni e sintomi di sindrome ansiosa-depressiva, anch’essi valutabili con questionari e molto frequenti nelle persone con diabete tipo 1.

Come identificare segni e sintomi della Diabulimia per una diagnosi precoce e un intervento tempestivo? “E’ importante valutare il rischio di Diabulimia in particolare in alcune categorie di persone con diabete tipo 1. Quelle con cosiddetto “diabetes distress”. Cioè problemi psico-sociali legati al trattamento di una condizione che dura per tutta la vita, ansia e depressione e adolescenti, in particolare donne. Una volta individuate le persone a rischio, è possibile attivare incontri strutturati con psicologi, dietisti e diabetologi per identificare le persone con disturbi del comportamento alimentare già in atto. Avere una squadra multidisciplinare è necessario per il trattamento, ma, pochi centri ne sono forniti.”, conclude la dottoressa Vitale.

Smog: cosa fare

Mar 16
Scritto da Annamaria avatar

Lo smog affligge le grandi città, Roma è tra queste. Cosa fare con i bambini? Le raccomandazioni della Società italiana di pediatria (Sip) aiutano a proteggere i bambini.

smog cosa fare

“Se vero che la soluzione del problema è demandata principalmente a programmi di salute pubblica decisi e guidati dalle istituzioni – sottolinea la presidente della Sip, Annamaria Staiano all’Adnkronosè altrettanto importante ricordare come ciascuno di noi possa fare la differenza adottando comportamenti virtuosi per aiutare a ridurre l’inquinamento atmosferico e migliorare la salute di tutti”.

Lo smog, come rileva la Commissione Ambiente della Sip, mette a rischio la salute respiratoria nei bambini. Non solo, può essere assai deleterio anche in gravidanza. Cosa fare quindi?

Per cercare di arginare i problemi legati al troppo smog ecco cosa fare:

Transitare poco in zone trafficate. Quando i rischi ambientali aumentano sarebbe preferibile uscire esclusivamente in aree verdi, evitando lunghi transiti in zone particolarmente trafficate, ricordando che girare con il passeggino in strade altamente trafficate genera sicuramente dei rischi maggiori in quanto il bambino è all’altezza dei gas di scarico.

Muoversi a piedi, in bici o con i mezzi pubblici. Non solo per ridurre il proprio impatto ambientale e quello del nucleo familiare, una delle indicazioni più semplici è, quando possibile, muoversi a piedi, con i mezzi pubblici o con la bicicletta. Scegliere luoghi di riferimento per le proprie attività che si trovano nel quartiere, specie nelle grandi città, può aiutare. Dalla scuola, alla spesa fino agli hobby pomeridiani dei più piccoli.

D’inverno fuori nelle ore più calde, d’estate il contrario. Durante l’inverno infatti con il freddo il particolato si condensa a formare goccioline di aerosol più facilmente inalabili. Meglio dunque stare fuori casa nelle ore più calde, mentre d’estate sono le ore centrali della giornata quelle da evitare, perché nei mesi estivi i livelli di ozono aumentano nel corso della giornata con l’aumentare della temperatura.

Alla guida velocità moderata e motore spento da fermi. Prediligendo se possibile i modelli di auto meno inquinanti, al volante è importante rispettare le disposizioni sui limiti di accesso alle zone a traffico limitato o i divieti di circolazione nella fascia verde nelle giornate particolarmente inquinate, moderare la velocità, mantenere spento il motore se non necessario.

Far diventare ‘green’ anche il proprio condominio. Anche a casa si può fare molto. Ad esempio sensibilizzare il condominio a valutare l’opportunità per il riscaldamento a minore impatto sull’ambiente. Questo tenendo conto del fatto che gli impianti di riscaldamento a combustibili non gassosi dovrebbero essere convertiti a metano. E che gli impianti di riscaldamento condominiali esistenti dovrebbero essere ristrutturati secondo le tecnologie della termoregolazione della temperatura degli ambienti e contabilizzazione del calore.