Articoli della categoria ‘PANCIONE E PARTO’

Pavimento pelvico: come allenarlo

Nov 14
Scritto da Annamaria avatar

Prima del parto bisogna che sia attivo e “preparato”. L’esperta parla del pavimento pelvico e spiega come allenarlo per far sì che non si danneggi.

pavimento pelvico come allenarlo

E’ bene che questa parte del corpo sia tonica. Il pavimento pelvico ha un’importanza cruciale, avere un’idea di come allenarlo diventa, quindi una priorità. “Se il pavimento pelvico non possiede un tono adeguato diventa difficile sostenere il peso del feto e ciò predispone a problemi di perineo ipotonico anche nel post parto” , spiega la dottoressa Martina Monzio Compagnoni, fisioterapista pelvi-perineale dell’Unità Operativa di Proctologia e Chirurgia del Pavimento Pelvico dell’Istituto di Cura Città di Pavia a La Gazzetta dello Sport.

Se si ha scarso tono aumenta la possibilità di prolassi e di incontinenza. “D’altro canto, però, anche un’eccessiva rigidità e un ipertono di questa parte del corpo possono essere negative, in quanto potrebbero essere causa di una discesa difficoltosa del nascituro al momento del parto, con il rischio di importanti lacerazioni muscolari e nervose”, precisa la dottoressa Monzio Compagnoni.

Come allenarlo quindi? Prima di tutto bisogna sapere con una visita specialistica di non avere disfunzioni al pavimento pelvico per potersi allenare “in sicurezza”. “E’ fondamentale svolgere un’attività fisica adattata, che tenga conto delle indicazioni fornite da un professionista specializzato in riabilitazione pelvica. Dovrebbe stilare un programma di esercizi ad hoc”, scrive il quotidiano sportivo. 

Non ci sono attività assolutamente controindicate, comunque, a meno di problemi. “In generale, durante il primo trimestre andrebbero evitate attività ad alto impatto, che prevedono quindi corsa e salti, che sollecitano molto il perineo. In presenza di ipertono, invece, meglio non cimentarsi in discipline che impegnano molto l’addome, i glutei e le gambe, poiché potrebbero favorire un rinforzo eccessivo anche della zona perineale”, spiega la dottoressa Monzio Compagnoni. Prediligere le cosiddette attività dolci: yoga, pilates è quelle che si fanno in acqua.

Assistente postnatale

Nov 05
Scritto da Annamaria avatar

L’Olanda insegna. In questo Paese lo Stato ha istutuito la “kraamzorg”, l’assistente postnatale. Le donne che partoriscono nei Paesi Bassi hanno diritto a essere assistite da una vera e propria colf post parto per circa una settimana. Di solito, per la precisione, otto giorni. Il servizio è coperto da un’assicurazione sociale.

L’assistente postnatale dà consigli pratici alla neomamma, rassicurazioni, scioglie dubbi. Non solo, aggiorna l’ostetrica sulla salute della donna e del bambini. In Olanda, infatti, le ostetriche monitorano donne e bebè anche dopo il parto.

L’assistente postnatale offre sostegno pratico ed emotivo. Su Donna Moderna, che parla diffusamente di questa figura, si legge: “Il servizio di assistenza materna nei Paesi Bassi prevede la presenza della professionista a domicilio per alcune ore al giorno. Il tempo a disposizione delle famiglie è diminuito negli anni: in origine si avevano 10-12 giorni, ora si va da 24 a 80 ore, con una media di 49. I genitori pagano una quota oraria di 4,80 euro. L’esperienza varia a seconda delle persone e delle organizzazioni coinvolte (si può scegliere tra agenzie o lavoratrici indipendenti, ma dipende anche dalle varie coperture assicurative). Alcune assistenti si occupano anche delle pulizie e della lavanderia, altre offrono un supporto più personale”.

Sono circa 9.000 gli operatori sanitari materni nei Paesi Bassi. Per il governo ne servono altri 11.000. I livelli salariali sono bassi, si guadagna un massimo di 19,83 euro l’ora, secondo l’ente professionale per il settore dell’assistenza materna, Bo Geboortezorg. “E’ un lavoro duro, comporta molta responsabilità”, afferma Esther van der Zwan, direttrice del Kenniscentrum Kraamzorg, l’organizzazione che registra le assistenti postnatali.

Depressione post partum anche per gli uomini

Nov 01
Scritto da Annamaria avatar

La depressione post partum non è solo un disturbo che riguarda le donne. Se ne può parlare anche per gli uomini. Secondo la dottoressa Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo, startup di psicologia online, anche i padri possono vivere un momento di vera e propria depressione dopo la nascita di un figlio.

Depressione post partum anche per uomini

“Gli equilibri cambiano per tutti . Adeguarsi al nuovo ruolo e alle nuove dinamiche familiari può essere estremamente complesso. Inoltre, mentre per la madre il contatto e il legame con il figlio in arrivo ha modo di consolidarsi durante tutto il periodo della gravidanza, per il padre questo rapporto si crea e si alimenta a partire dalla nascita in modo graduale”, spiega l’esperta a Elle.

La depressione post partum insorge entro i primi tre mesi dalla nascita del bambino, con un picco maggiore nelle prime sei settimane dopo il parto. Dura da sei mesi a due anni e colpisce dal 7 al 12% nelle neomamme. Anche per gli uomini può essere lo stesso.

Cosa la scatena? “Può accadere che il padre si senta escluso, tagliato fuori dal rapporto simbiotico che lega la madre al bambino nei mesi subito successivi alla nascita. Cambiamenti come la diminuzione dell’intimità e il calo dell’interesse sessuale possono comportare attriti e discussioni all’interno della coppia. Tutto questo può alimentare vissuti di sofferenza e di solitudine nel padre che può faticare a trovare una propria dimensione all’interno della nuova struttura familiare. Lo stress e le preoccupazioni che spesso accompagnano la nascita di un figlio, inoltre, possono contribuire all’insorgenza di un vero e proprio sentimento depressivo. E di forti vissuti di inadeguatezza dovuti, in molti casi, ad una scarsa consapevolezza degli inevitabili cambiamenti che richiederanno un riassetto del nucleo familiare”, chiarisce Fiorenza Perris.

“Chi non ha avuto modo di crescere con un modello paterno di riferimento coinvolto attivamente nell’educazione e nella gestione dei figli potrà fare più fatica a trovare una propria dimensione nel momento in cui diventa genitore. Il contesto sociale e culturale si è molto modificato negli ultimi anni, come pure le aspettative rispetto al ruolo di cura e supporto fattivo ed emotivo che il padre deve ricoprire all’interno della propria famiglia. Ciò ha dato luogo ad una trasformazione fondamentale e necessaria. Ma complessa da gestire in alcuni casi”, commenta la Clinical Director di Unobravo.

“Il contesto culturale in cui viviamo, purtroppo, ancora troppo spesso tende a non incoraggiare l’espressione emotiva degli uomini che sono ancora prigionieri di aspettative sociali legate al mito della mascolinità, della forza e dell’imperturbabilità. Un uomo non può sentirsi disorientato, triste, impaurito. Non può mostrarsi debole, insicuro o fragile. Questi pregiudizi devono essere superati. E arginati in ogni modo. Comportano ripercussioni tangibili sul benessere emotivo, incidendo sulla possibilità tanto di riconoscere i sintomi di una sofferenza psicologica quanto di chiedere, senza vergognarsene, il supporto dei propri cari o di un esperto”, continua la psicoterapeuta.

“La depressione post partum maschile può implicare vissuti di abbandono molto intensi che possono dare luogo a recriminazioni e rabbia nei confronti della propria compagna non più attenta come prima ai bisogni della coppia e meno responsiva e disponibile. L’uomo può sentirsi escluso e non indispensabile per il bambino. Questi vissuti possono comportare un progressivo distacco emotivo da entrambi e scontri che potrebbero incrinare la relazione con la madre e con il piccolo”, afferma la dottoressa.

Spesso la sintomatologia tende ad attenuarsi con il consolidamento del nuovo assetto familiare. In ogni caso è essenziale che chi circonda il neo papà sia attento a cogliere i segnali del suo malessere psicologico. E lo incoraggi a chiedere il supporto di cui ha bisogno. Il sostegno di un esperto può essere determinante per mettere a fuoco paure, preoccupazioni e dinamiche disfunzionali. Questo per innescare cambiamento, ridurre i sintomi. E raggiungere un nuovo equilibrio”, conclude. Per gli uomini può essere un grave problema. Chiedete aiuto.

Alberghi maternità

Ott 27
Scritto da Annamaria avatar

Cosa sono gli alberghi maternità? Sono centri, solitamente extra lusso, che offrono supporto alle donne nel momento immediatamente successivo al parto, garantendole riposo e recupero fisico. All’interno ci sono tutti gli operatori che servono: pediatri, ostetrici, ginecologi e psicologi. Molto comuni in Oriente, in Corea del Sud sono chiamati chiamati sanhujori. Costano, per due settimane, dai 2.000 ai 5.000 dollari. T

alberghi maternita

Gli alberghi maternità sono diventato trendy anche negli Usa. Alcuni esempi? Il Boram Postnatal Retreat, il Village Postnatal Retreat Center all’interno del Fairmont Hotel di San Francisco. Presto aprirà a New York l’Ahma & Co. : ci si può già prenotare.

“Offriamo soggiorni di 3, 5 e 7+ notti per famiglie – ha spiegato l’ideatrice del Boram – Tra cui 16 camere di lusso, una baby room, una sala mamme creata dalla comunità e uno spazio per cibi e bevande postnatali con brodo, zuppa tradizionale coreana di alghe e un’ampia varietà di tè curativi. Forniamo assistenza al bambino 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Con infermieri e doule. Lo staff assiste il bambino nel monitoraggio dei parametri vitali, nell’alimentazione, nel cambio dei pannolini, nel bagnetto e nel sonno. L’offerta è completata da servizi per le mamme, come massaggi postnatali, assistenza per l’allattamento, bagni seduti e pediluvi. Un’esperienza che mira ad essere ‘il famoso villaggio’ difficile da trovare nel mondo di oggi”.

Chissà se gli alberghi maternità prenderanno piede anche in Italia: potrebbe essere l’idea per un nuovo business.

Parto e donazione sangue

Ott 19
Scritto da Annamaria avatar

Il parto e la donazione del sangue non sembrano argomenti tanto correlati, eppure è grazie alla donazione del sangue che si può salvare una mamma, come è accaduto a Teresa Guccini, figlia del cantautore Francesco.

Proprio come è accaduto a Fedez nei giorni scorsi, per lei la donazione del sangue è stata provvidenziale, a causa di un parto traumatico in cui ha rischiato la vita. Parto e donazione del sangue per Teresa sono strettamente correlati.

“Andate a donare  – sottolinea la Guccini – Senza i donatori di sangue non sarei qui a raccontare la mia storia ed è perciò doveroso ringraziarli”.

Parto e donazione del sangue, certo. Teresa però aggiunge altro nel suo post. “C’è un altro motivo per cui scrivo, ovvero l’importanza del parto in strutture ospedaliere attrezzate di terzo livello. La mia è stata una gravidanza perfetta e ho fatto un parto naturale. Eppure, quando ho espulso la placenta, ho avuto una emorragia gravissima stimata intorno ai 2200cc che mi ha fatto scendere l’emoglobina a 4. Avere l’emoglobina a 4 all’improvviso (il minimo è 12) significa essere ad un passo dall’andarsene. Nella gioia della nascita non ho pensato a me stessa. Sono stata portata immediatamente in sala operatoria e da lì non ricordo più nulla”, racconta. 

“Mi sono svegliata in rianimazione il giorno dopo immobilizzata e intubata e senza Pietro, confusa e senza sapere bene cosa fosse accaduto. E’ stato difficile ma senza 4 emotrasfusioni e la prontezza degli anestesisti, ostetrici, ginecologi e rianimatori non ce l’avrei fatta”, conclude.

Riorganizzare i punti nascita

Ott 04
Scritto da Annamaria avatar

Per una maggiore sicurezza dei neonati in Italia è necessario riorganizzare i punti nascita. Lo sottolinea il Presidente della Società Italiana di Neonatologia, Dott. Luigi Orfeo nel corso del XXIX Congresso Nazionale SIN a Napoli. “Sono 395, secondo l’ultimo rapporto CeDAP (dati 2022), i Punti Nascita nel nostro Paese, di cui ben 96 con meno di 500 nati/anno, con circa 29.000 nascite. E soltanto 137 con oltre 1.000 nati/anno, con circa 240.000 parti. Troppi, e molti troppo piccoli – precisa – Fortunatamente le donne fanno oggi scelte più consapevoli, optando per ospedali che garantiscono sicurezza e qualità. Oltre il 62% dei parti avviene nei Punti Nascita con oltre 1.000 nati/anno”.

riorganizzare i punti nascita

Per mettere i “pazienti al centro” e ancora meglio i “neonati al centro”, con un’assistenza sanitaria che preveda cure sempre più individualizzate e sicure, non si può prescindere dalla complementarità ed inscindibilità degli aspetti tecnico professionali e di quelli organizzativi. Riorganizzare i punti nascita diventa così prioritario. Gli aspetti organizzativi rappresentano il punto di partenza, affinché il bagaglio di conoscenze tecniche oggi disponibile riesca realmente a modificare il destino delle malattie dei neonati. Paziente (livello di bisogni espressi), momento dell’intervento (tempestività), cure (appropriatezza) devono essere assolutamente allineati e coerenti tra loro. 

In questa programmazione sono fondamentali i volumi di attività ed il numero dei Punti Nascita. Il primo aspetto esprime il fortissimo collegamento tra capacità assistenziale ed esperienza dei professionisti. Il secondo è una derivata del primo elemento, subordinato, che deve essere declinato in relazione a due variabili: densità della popolazione e distanze-tempo.  Un buon sistema sanitario deve tendere al virtuoso bilanciamento tra skills/distanza-tempo, offrendo un sistema a rete con diversi livelli di assistenza: dalla fisiologia (Punti Nascita con i Consultori), ai maggiori livelli di intensità di cura (Terapie Intensive Neonatali), passando per livelli intermedi come le Neonatologie.

La letteratura definisce in modo abbastanza univoco che il volume di attività ottimale dei Punti Nascita. Dovrebbe essere di almeno 1.000 nati/anno. Un volume inferiore a 500 nati/anno rappresenta un rischio per la diade madre-neonato. Per le Terapie Intensive Neonatali si considera che almeno 50 neonati di peso molto basso alla nascita siano un proxy indicativo di raggiungimento di livelli di esperienza sufficienti. Nelle situazioni di più bassa densità abitativa possono essere ammessi Centri di TIN con volumi inferiori. Mai, comunque, meno di 25 neonati/anno di peso molto basso alla nascita. Per questo è opportuno riorganizzare i punti nascita.

“Oggi in Italia ci sono circa 120 TIN, molte troppo piccole, molte con basso tasso di utilizzo. Complessivamente un eccesso di almeno il 20% delle TIN, se ci rapportiamo al numero dei nati che, come oramai tutti sappiamo, continua a ridursi drasticamente di anno in anno. Abbiamo chiuso il 2022 con 393.997 nati, per la prima volta dall’unità d’Italia sotto la soglia dei 400.000 (CeDAP 2022). Le proiezioni per il 2023 non sono incoraggianti – continua il Presidente Orfeo –. Se a questo aggiungiamo la carenza drammatica di pediatri, neonatologi ed infermieri, ci rendiamo conto ancora di più di quanto sia di prioritaria urgenza una riorganizzazione della rete dei punti nascita nel nostro Paese”.

Altro aspetto che deve essere considerato è la distribuzione sul territorio dei diversi livelli dei punti di offerta. Alcune aree sono molto ricche, altre zone carenti. La valutazione della rete per l’area materno-infantile attraverso unicamente il numero degli abitanti dei bacini di utenza, senza uno studio georeferenziato dei territori nelle loro relazioni con i punti di offerta, presenta un’immagine assolutamente distorta. Senza far percepire un eccessivo e inefficiente consumo di risorse in alcune aree e la povertà con rischio di inefficacia in altre. Inefficienza ed inefficacia sono due elementi che mettono a serio rischio qualsiasi Sistema Sanitario, minandone sostenibilità e sicurezza.

Neonatologi ed Istituzioni devono agire in stretta collaborazione. I primi per definire i modelli organizzativi specifici, al fine di ottimizzare le risorse e ottenere il massimo dell’efficacia, anche rendendo disponibili importanti documenti come gli Standard Organizzativi per l’Assistenza Perinatale della SIN. Le seconde per dettare le regole organizzative generali e del controllo della loro applicazione. Solo seguendo questa strada sarà possibile definire una riorganizzazione dei punti nascita che risponda a criteri di qualità e sicurezza.

Esercizi preparto

Ott 01
Scritto da Annamaria avatar

Ci sono alcuni esercizi preparto che facilitano la fuoriuscita del bambino. Possono essere fatti anche durante il travaglio. Quali sono?

Gli esercizi preparto favoriscono il momento della nascita dato che rendono i tessuti più elastici.

esercizi preparto 1

Esercizi preparto per la ditalazione, quando, avviate contrazioni intense e a intervalli regolari, inizia progressivamente ad aprirsi collo dell’utero che precede l’espulsione del bambino attraverso il canale del parto. Se ci si abitua a farli da prima, sarà ancora più facile usarli una volta avviato il travaglio.

Esercizio per far posizionare bene il bambino

– inginocchiarsi tenendo le ginocchia ben divaricate;

– appoggiare i palmi della mani all’indietro sul pavimento;

– tendere la schiena adagiando i glutei nello spazio tra i talloni o, se questa posizione sembra “tirare” troppo, sopra gli stessi.

Quello per attenuare il mal di schiena

– sedersi a cavalcioni su una sedia tenendo le braccia incrociate appoggiate alla spalliera;

– appoggiare i piedi al pavimento sulle punte orientando i talloni all’in su verso la sedia;

– divaricare le ginocchia all’infuori;

– inclinare lentamente il busto in avanti.

Un altro esercizio per aumentare l’effetto delle contrazioni

– stare in piedi con le braccia incrociate appoggiate a una parete;

– appoggiare la fronte alle braccia;

– mantenere i piedi separati, con le punte in fuori e a una distanza di circa 40 centimetri dal muro;

– inclinare, lentamente tutto il corpo in avanti.

Esercizi preparto per l’espulsione, la fase in cui, una volta che il collodell’utero si è dilatato a sufficienza (10 centimetri), la donna comincia a spingere per fare fuoriuscire il piccolo.

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Per farlo nascere più in fretta

– accovacciarsi sulle punte dei piedi (oppure, se ci si sente più a proprio agio, sulle piante);

– tenere le ginocchia ben separate;

– appoggiare le mani alle gambe o, se si preferisce, a un sostegno posto di fronte.

E’ anche possibile effettuare questo esercizio con la schiena appoggiata a una parete. In alternativa, allo stesso scopo, molto indicate risultano anche le seguenti posizioni:

– in ginocchio, con le gambe aperte e le braccia sostenute sotto le ascelle (magari dal partner)

– in piedi, con le gambe ben divaricate, le braccia appoggiate a un sostegno e la schiena leggermente piegata in avanti.

L’esercizio per rendere più efficaci le spinte

– sdraiarsi in posizione supina (a pancia in su) con le braccia distese lungo i fianchi e rilassate;

– inspirare profondamente;

– trattenere l’aria nei polmoni per qualche secondo contraendo contemporaneamente i muscoli del perineo e delle pelvi (nel corso dell’espulsione a questa fase corrisponderà l’avvio della contrazione e della spinta);

– espirare rilassando i muscoli (nel corso del travaglio a questa fase corrisponderà la fine della contrazione).

Allattamento al seno: padri coprotagonisti

Set 29
Scritto da Annamaria avatar

I padri sono coprotagonisti nella basilare pratica dell’allattamento al seno. Lo sottolinea a gran voce la SIN.

Non solo mamma e neonato: sempre più spesso alla diade, protagonista dell’importante pratica dell’allattamento al seno, va ad aggiungersi anche la figura paterna. Svolge un ruolo significativo nel suo avvio e mantenimento. In occasione della Settimana Mondiale per l’Allattamento Materno (SAM), che si celebra in Italia dall’1 al 7 ottobre, la Società Italiana di Neonatologia (SIN), ribadisce proprio l’importanza dei padri come coprotagonisti” all’interno della triade madre-padre-neonato.

allattamento al seno padri coprotagonisti

“La neofamiglia nella sua interezza rappresenta una vera e propria squadra a tutela della naturale pratica dell’allattamento”, afferma il Dott. Luigi Orfeo, Presidente della SIN. “Il papà, figura spesso considerata di secondo piano per l’allattamento, ha, invece, un ruolo fondamentale. Sia in gravidanza, che alla nascita e nel post-partum, nel garantire il benessere di mamma e neonato”, aggiunge.

Il ruolo paterno in questa delicata fase di adattamento familiare si concretizza nel sostegno pratico ed emotivo, nella rassicurazione e nel contenimento di dubbi e preoccupazioni, in modo da rafforzare la motivazione e la fiducia della madre ad allattare. Inoltre, il papà funge da importante “filtro” dalle interferenze negative provenienti dal mondo esterno alla triade, proteggendola. In più, la presenza del padre, sia nella nascita a termine, fisiologica, sia durante un possibile ricovero in Terapia Intensiva Neonatale (TIN), agevola la costruzione dei legami familiari. Lo fa anche attraverso il contatto pelle-a-pelle e le prime azioni di cura primaria, dimostrando alla madre il coinvolgimento paterno nell’ambito di un progetto genitoriale concretamente comune e facilitando il benessere psico-fisico materno. 

Il latte materno rappresenta l’alimento di prima scelta per il neonato per crescere e svilupparsi in salute a breve ed a lungo termine. Infatti, il latte di mamma non solo ha peculiari caratteristiche nutrizionali, ma anche una ricchezza in fattori bioattivi. Questa permette una continua e intima comunicazione anche bioumorale tra madre e figlio.

Le sostanze bioattive presenti all’interno del latte materno rivestono particolare importanza nel corretto funzionamento del sistema immunitario di mamma e neonato fin dai primi giorni di vita.

Tra i componenti bioattivi del latte materno su cui la ricerca scientifica si è concentrata negli ultimi anni ci sono le cellule staminali e gli ormoni. Sono in grado di intervenire nel programming di diversi outcome di salute come, ad esempio, nella promozione dello sviluppo di un corretto ritmo circadiano, le cui alterazioni si associano ad un aumentato rischio a distanza di una serie di problematiche, quali deficit immunitari, metabolici, cardiovascolari, gastrointestinali.

Durante la vita intrauterina, infatti, il feto riceve riferimenti temporali tramite i ritmi circadiani, fisiologici, metabolici e comportamentali della madre. Alla nascita, questa variabilità viene bruscamente interrotta. Ma la natura ci offre uno strumento quale il latte materno per comunicare al neonato le informazioni sull’alternarsi del giorno e della notte.

Il latte materno è un sistema biologico estremamente complesso e dinamico. La sua composizione non varia soltanto di giorno in giorno, ma anche nell’arco di una stessa giornata in base a fattori materni, neonatali e fisiologici. Le concentrazioni degli ormoni nel latte materno riflettono quelle del plasma della mamma, seguendo il ritmo circadiano. Questa variabilità riflette il principio della crononutrizione, secondo cui bisognerebbe adeguare la nutrizione in base all’orologio biologico dell’individuo. Qiesto affinché si consumi l’alimento ottimale per quel particolare momento della giornata. Gli ormoni, una volta assorbiti a livello intestinale, raggiungono il neonato dove estrinsecano la loro funzione. Il latte secreto nelle prime ore della mattina è ricco di cortisolo e aminoacidi “activity-promoting”, che stimolano uno stato di veglia nel neonato. Il latte delle ore notturne, invece, presenta alte concentrazioni di melatonina e triptofano che promuovono il sonno. 

Per tutti questi documentati benefici sulla salute di madre e neonato, l’allattamento è sostenuto da tutte le Società scientifiche dell’area perinatale. E raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’Unione Europea e dal Ministero della Salute. L’allattamento è raccomandato come esclusivo per i primi sei mesi di vita. Va mantenuto anche durante l’introduzione di cibi semisolidi e solidi. In base alle esigenze e alla volontà di madre e bambino, pure fino ai 2 anni di vista ed oltre.

Oggi, in Italia, poco meno della metà, il 46,7% dei bambini di 2-3 mesi di vita, viene allattato in maniera esclusiva.

“Sostenere, tutelare e promuovere l’allattamento materno per tutti i benefici che comport. Non solo a madre e neonato, ma a tutto il nucleo familiare e all’intera società. E’ un dovere da parte della comunità scientifica e di tutto il personale sanitario che opera negli ospedali e sul territorio, da nord a sud del Paese”, continua il Dott. Orfeo. “Ognuno di noi può e deve fare la sua parte. Per appianare le differenze regionali, informando ed educando, dove necessario, le famiglie a tutela di questo vero e proprio voucher di salute per il neonato e la sua famiglia”. Nell’allattamento al seno i padri sono coprotagonisti: tenetelo bene a mente.