L’IA per il parto

L’IA, Intelligenza Artificiale, sarà usata anche per il parto. Quotidiano Sanità spiega nel dettaglio del nuovo software appena sviluppato che guida il parto, osservando tramite, appunto, l’IA la posizione del neonato che sta per venire al mondo in tempo reale.

Il software per il parto basato sull’IA “potrà essere incorporato a un ecografo e ‘guidare’ il parto, fornendo informazioni precise e in tempo reale sulla posizione della testa del bebè. E quindi suggerendo, in maniera chiara con un semaforo, agli operatori se procedere con la discesa naturale nel canale del parto, se usare la ventosa o se, addirittura, sia meglio passare a un cesareo d’urgenza”.
Lo strumento, che potrebbe arrivare in sala parto a partire dal 2028. E’ stato sviluppato e validato nell’ambito di un lavoro pubblicato su The European Journal of Obstetrics & Gynecology and Reproductive Biology. E’ stato coordinato dal professor Tullio Ghi. Il medico è professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università Cattolica, campus di Roma, e Direttore della Unità Operativa Complessa di Ostetricia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. Si è avvalso del supporto tecnico dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Lecce. Non solo, pure dei colleghi della Clinica Ostetrica dell’Università di Parma”.
“Lo studio multicentrico è stato realizzato nell’ambito del gruppo internazionale ISLANDS (International Study Group on Labor and Delivery Sonography) fondato dal professor Ghi. Proseguirà adesso con una nuova ricerca prospettica selezionata dal Ministero della Salute tra i progetti di interesse nazionali (PRIN) e finanziata con un fondo di circa 200 mila euro”, si legge.
E ancora: “Il viaggio del feto nel canale del parto può non essere privo di ostacoli o di rischi: la malposizione del feto (condizione ostetrica in cui l’occipite del feto è orientato verso l’osso sacro e non verso il pube della madre) è tra le cause più comuni di un prolungamento o di un arresto della progressione del parto. A seconda di come si posiziona la testa del bebè durante la discesa quindi ci potrebbe essere bisogno di utilizzare una ventosa per facilitare l’uscita. O, nei casi più difficili, di ricorrere a un cesareo d’urgenza per la nascita in sicurezza per la mamma e per il piccolo”.
“Valutare come è posizionata la testa può non essere facile, anche per l’operatore esperto”, spiega il professor Ghi. “Quando la valutazione viene fatta con le dita si può incorrere in errori in un caso su 5. Errori che possono ad esempio determinare l’applicazione della ventosa nel punto non corretto della testa. Con conseguente fallimento dell’estrazione del feto, prolungare il parto e, nei casi peggiori, causare un ritardo nella nascita di un bambino in stato di sofferenza”.
“L’ecografia facilita il medico nel valutare con precisione la posizione della testa del bambino prima di usare la ventosa. Ma non tutti gli operatori che lavorano in sala parto sono in grado di utilizzare al meglio l’ecografo per ottenere informazioni accurate. Il software per il parto basato sull’IA utilizza le immagini ecografiche per dare automaticamente risposte precise in tempo reale agli operatori. Questi visualizzeranno il ‘verdetto’ come un semaforo. Rosso se non è il caso di procedere con la ventosa e se bisogna intraprendere la scelta del cesareo d’urgenza. Verde se si può procedere con la ventosa. Giallo se la situazione è incerta”.
“Nello studio multicentrico pubblicato il software è stato validato finora sulla base di 2154 immagini ecografiche provenienti da 16 centri di tutto il mondo. Le prestazioni complessive del modello per la classificazione della posizione della testa fetale sono state eccellenti”, chiarisce il professore.
“Abbiamo sviluppato un modello di intelligenza artificiale applicato all’ecografia in grado di valutare automaticamente e in una frazione di secondo la posizione della testa fetale durante il parto, con un’accuratezza complessiva eccellente – sottolinea il professor Ghi – Studi futuri dovranno validare il nostro modello su ampie popolazioni di pazienti prima di introdurlo nella pratica clinica di routine. Ma riteniamo che se i risultati saranno positivi il software potrà entrare nella pratica clinica nel giro di 3-4 anni”.
Ai può predire depressione post partum

Ai, l’intelligenza artificiale, può predire la depressione post partum. E’ quanto emerge da uno studio, una ricerca finanziata dal National Institutes of Health e pubblicata su Scientific Reports.
“I ricercatori hanno adattato un programma di intelligenza artificiale per identificare i segni del disturbo valutando brevi dichiarazioni narrative di pazienti che avevano partorito di recente. – si legge su Adnkronos – Il programma ha identificato con successo un’ampia percentuale di partecipanti che probabilmente avevano il disturbo. E, con ulteriori perfezionamenti, come i dettagli delle cartelle cliniche e i dati sull’esperienza di nascita di diverse popolazioni, il modello potrebbe potenzialmente identificare un’ampia percentuale delle categorie più a rischio”.
“Abbiamo raccolto le narrazioni del parto sotto forma di resoconti testuali aperti e non strutturati. Evidenziando l’esperienza personale e recente del parto di ciascun partecipante – spiegano i ricercatori –. Queste narrazioni sono state ottenute utilizzando una metodologia di ricordo libero. Alle partecipanti è stato chiesto di fornire un breve resoconto della loro recente esperienza di parto, concentrandosi specificamente sugli elementi più angoscianti, se presenti. Questa attenzione agli aspetti più dolorosi dell’esperienza della nascita è in linea con le procedure standard utilizzate nella ricerca dei traumi non post partum”.
“Successivamente, il modello è stato utilizzato per analizzare un diverso sottoinsieme di narrazioni.Per evidenziare il disturbo da stress post-traumatico. Nel complesso, il modello ha identificato correttamente le narrazioni delle partecipanti che probabilmente soffrivano di CB-PTSD. Questo perché avevano ottenuto punteggi elevati nel primo questionario effettuato”, spiega ancora l’agenzia stampa.
“Il nostro approccio unico – continuano i ricercatori -, basato su narrazioni del parto non strutturate, introduce un metodo di acquisizione dati innovativo e a misura di paziente. Questo può consentire l’identificazione precoce delle donne a rischio di CB-PTSD. Prima che altre strategie possano rilevare i sintomi di questa condizione. Inoltre, le donne che condividono le narrazioni delle loro esperienze di parto possono evitare problemi associati ai pregiudizi legati alla desiderabilità sociale nelle risposte al questionario. E la mancata segnalazione dei sintomi a causa della vergogna o della paura. Valutazioni preliminari basate su queste narrazioni possono identificare le donne ad alto rischio, facilitando un intervento medico tempestivo“.
“La dipendenza esclusiva del nostro modello dalle narrazioni del parto come fonte di dati – concludono i ricercatori – presenta un meccanismo efficiente per la raccolta dei dati durante la vulnerabile fase post partum. Aggirando così le potenziali insidie dell’utilizzo solo delle cartelle cliniche”.
Ai, l’intelligenza artificiale, può predire la depressione post partum e può quindi anche aiutare a curarla. La scoperta sembrerebbe davvero ottima e quasi sconvolgente.