Cosa mangiare in gravidanza secondo la PNEI

Apr 19
Scritto da Annamaria avatar

Si parla sempre più di alimentazione giusta col pancione. Cosa mangiare in gravidanza è basilare. Secondo la PNEI, la Psiconeuroimmunologia Clinica, ci sono regole facili e precise. 

cosa manigare in gravidanza secondo la pnei

La PNEI riguarda l’interazione tra psiche, neurologia, endocrinologia e immunologia, molto uniti tra di loro. Si occupa proprio di questa interazione reciproca tra il comportamento, l’attività mentale, il sistema nervoso, il sistema endocrino e la risposta immunitaria degli esseri umani. Secondo la PNEI l’epigenetica è basilare: in gravidanza mangiare bene farà sì che il neonato, ereditando la genetica dalla mamma, crescerà sano, basta sapere cosa.

Cosa mangiare in gravidanza secondo la PNEI quindi?

Verdure fresche e crude: gli ortaggi ci forniscono vitamine e minerali di qualità, oltre a facilitare la digestione e il transito intestinale. Per cena, è meglio optare per le verdure cotte dato che sono più facili da digerire, e danno all’organismo fibra non infiammatoria e ad azione prebiotica. 

Ogni mattina a colazione una porzione di frutta di vario tipo. Ma, dati gli zuccheri, solo a colazione, appunto.

A ogni pasto va aggiunta una porzione di proteine di qualità, come uova, pesce, carne e legumi, da alternare per poter beneficiare della varietà dei loro componenti.

Come fonte di grassi sani, usare l’olio extravergine d’oliva, le olive, l’avocado, il burro e la frutta secca (che, oltre al grasso, apportano minerali e calcio).

Limitare farine, zuccheri e ridurre drasticamente il consumo di latticini: il loro carico ormonale può essere dannoso.

Post-parto: quando chiedere aiuto

Apr 18
Scritto da Annamaria avatar

Il post-parto, col rientro a casa di una neomamma, deve essere soprattutto sereno. E’ chiaro che ogni donna abbia mille dubbi, timori, anche qualche paura, ma lo stress non aiuta. Va bene occuparsi del neonato, ma è opportuno prendersi qualche minuto per sé durante la giornata. Quando chiedere aiuto? Ci sono sintomi che devono considerarsi dei campanelli d’allarme.

post parto quando chiedere aiuto

Nel post-parto è semplice sapere quando è necessario chiedere aiuto a uno specialista. E’ bene consultare il medico, di base o ginecologo o l’ostetrica, se si ha:

  • febbre pari o superiore a 38°C;
  • dolore al basso ventre;
  • perdite vaginali maleodoranti;
  • pesanti emicranie;
  • aumento delle perdite di sangue;
  • bruciore o prurito durante la minzione;
  • dolore a polpacci o gambe:
  • fiato corto.

Il bambino impegna tanto. Ma non serve preoccuparsi per un nonnulla. Nel post-parto tutto ciò fa vivere malissimo. Quando è necessario chiedere aiuto al pediatra quindi per il bebè? Anche in questo caso alcuni sintomi possono essere rivelatori, come si legge su Dire33:

  • febbre pari o superiore a 38ºC;
  • difficoltà respiratorie;
  • vomito frequente;
  • poco attivo/non risponde agli stimoli;
  • troppo agitato;
  • non mangia;
  • è pallido, le labbra sono blu;
  • non ha movimenti intestinali per 48 ore nella prima settimana.

Metteresti tuo figlio per strada?

Apr 17
Scritto da Annamaria avatar

Metteresti tuo figlio per strada?”. La domanda provocatoria arriva dagli studenti dell’Istituto Europeo di Design di Roma, che mettono in guardia i genitori sui rischi dello Sharenting, ossia l’esposizione indiscriminata (e poco pensata) di minori sul web. “Quello che i genitori considerano un ricordo può diventare una fonte di informazioni sensibili per altri”, si sottolinea.

metteresti tuo figlio per strada

Gli studenti hanno pensato a esporre tantissime immagini di bimbi per le vie del centro della Capitale. L’iniziativa si chiama Cornici private. Gli scatti immortalano bambini che in realtà non esistono, creati grazie all’intelligenza artificiale. I ragazzi vogliono sensibilizzare le madri e i padri, che non smettono un attimo di condividere scatti dei pargoli di casa. Gli esperti da tempo sottolineano i pericoli riguardanti la privacy e la sicurezza dei minori. In Rete tutto rimane, infatti, e quel che si pubblica senza rifletterci poi troppo, potrebbe anche influenzare la vita futura di questi bambini. La domanda perciò è lecita: metteresti tuo figlio per strada?”.

Per la tutela dei minori sul web è stata depositata alla Camera una proposta di legge che, se sarà approvata, porrà un argine netto alla possibilità dei genitori di pubblicare foto e video dei figli che, al compimento dei 14 anni, potranno addirittura richiedere l’oblio digitale, cioè la cancellazione di tutto quel che li riguarda dal web.

La singolare mostra degli studenti ha uno scopo preciso. “Mira a promuovere una maggiore consapevolezza nell’uso dei social media, perché ciò che i genitori considerano un ricordo può diventare una fonte di informazioni sensibili per altri”, spiegano Giorgia, Costanza, Francesca, Giorgia e Daniele a La Repubblica. Domandiamocelo tutti: metteresti tuo figlio per strada?

Pressione bassa in gravidanza: rimedi

Apr 16
Scritto da Annamaria avatar

Col caldo che arriva, incinta, si può essere vittima della pressione bassa. In gravidanza ci sono rimedi per sconfiggerla?

pressione bassa in gravidanza rimedi

Prima di parlare dei possibili rimedi in caso di pressione bassa in gravidanza va detto che sono il più delle volte cause fisiologiche a scatenarla, oltre che ai cambiamenti climatici di stagione: la variazione ormonale, le mutazioni della circolazione sanguigna i sintomi della gestazione fanno sì che accada. I sintomi sono: 

  • Vertigini e possibili svenimenti
  • Stato confusionale e difficoltà a concentrarsi
  • Nausea
  • Vista offuscata
  • Fiato corto
  • Ronzio alle orecchie
  • Pelle pallida e sudori freddi
  • Aumento del senso di sete
  • Fatica e stanchezza, aggravate da sindrome da gambe stanche e pesanti
  • Irritabilità

La pressione bassa in gravidanza va combattuta con alcuni rimedi, a partire, come sempre, dall’alimentazione. Mangiare alimenti ricchi di vitamina C. Kiwi, agrumi e fragole, spinaci, lattuga e carciofi migliorano la pressione arteriosa. Anche quelli con vitamina B sono ottimi: carne, nel pesce, nelle uova e nei prodotti caseari. Poi pensare a cibi che contengano ferro, magnesio e potassio, senza rinunciare ai carboidrati e alle proteine.

Dietro consiglio del medico si può aumentare l’apporto di sale o si può mangiare più liquirizia e cioccolato fondente. Per porre rimedio alla ipotensione in dolce attesa il ginecologo o il medico può consigliare l’assunzione di integratori alimentari ricchi di vitamine, minerali e folati.

Gelatine alle fragole

Apr 15
Scritto da Annamaria avatar

Avete mai provato a fare le gelatine in casa, le caramelle gelèe che tanto piacciono ai bambini? In questo aprile così colorato e caldo perché non provare con quelle alle fragole?

gelatine alle fragole

Realizzate le gelatine alle fragole coi vostri piccoli chef di casa. In dispensa vi occorre avere:

150 grammi di fragole

200 grammi di zucchero semolato

50 grammi di zucchero semolato per la copertura

Il succo filtrato di un limone

12 grammi di gelatina in figli

Contenitori rettangolari (anche quelli per il ghiaccio da freezer)

Per iniziare mettete in ammollo i fogli di gelatina in acqua tiepida. Intanto lavate le fragole, poi togliete il picciolo, asciugatele e tagliatele in pezzi, lasciandole in un contenitore dai bordi alti. Utilizzate un frullatore a immersione per sminuzzarle, poi filtrate il composto, che dovrebbe pesare alla fine 100 grammi. Spremete il limone e versate il succo in una casseruola, fate lo stesso col composto ottenuto. mettete sul fuoco e portate il tutto a bollore. Strizzate la gelatina e unite anche questa, mescolate fino a che non sarà tutto ben amalgamato. Versate il composto in più contenitori rettangolari, se possibile foderati con pellicola alimentare. Fate riposare a temperatura ambiente per almeno 6 ore. Staccate il blocco di gelatina dallo stampo, liberatelo dalla pellicola e se volete tagliate in quadratini ancora più piccoli. Passate le gelatine alle fragole nello zucchero semolato: sono pronte da mangiare.

Centri estivi bambini: quanto costano

Apr 14
Scritto da Annamaria avatar

La fine della scuola si avvicina velocemente e subito si pensa ai centri estivi per i nostri bambini. Non sono per tutti. Quanto costano? Come rivela SkyTg24, i dati più recenti e indicativi sono quelli elaborati da Adoc (Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori) ed Eures – Ricerche economiche e sociali. Nell’estate scorsa hanno analizzato i costi medi dei centri estivi da Nord a Sud. Il focus su cinque città: Milano, Bologna, Roma, Napoli e Bari.

centri estivi quanto costano

Il resoconto dell’indagine sui centri estivi riservati ai bambini e quanto costano non dà dati confortanti. In alcuni casi si può raggiungere e superare i 2mila euro. “Secondo la ricerca di Adoc ed Eures, pubblicata a luglio 2023, il costo medio in Italia per una famiglia che decide di mandare i propri figli in un centro estivo privato è pari a 140,50 euro per una settimana ad orario pieno. Il prezzo scende a 95,80 euro se si opta per la mezza giornata”, si sottolinea.

Facendo i conti, bisogna considerare che nel nostro Paese il periodo di chiusura delle scuole è di circa 12 settimane (rispetto alle 6/8 settimane in Germania, Francia e Regno Unito). Una coppia di genitori, anche prendendo le ferie sfalsate, riesce solitamente a coprire soltanto una parte di questo tempo. Quindi i costo medio che dovrebbe sostenere per un periodo di 8 settimane sarebbe pari a 1.124 euro. La spesa stimata arriva a circa 2.200 euro se si hanno due figli.

Chiaramente per i bambini ci sono i centri estivi convenzionati. Quanto costano? Molto meno, ma sono poche le famiglie che riescono ad accedere ai bandi. Al Nord si spende di più, con Milano città più cara. In estate, però, tornano le scuole aperte. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha firmato il decreto che mette in campo 400 milioni di euro per finanziare attività di inclusione, socialità e potenziamento delle competenze per il periodo estivo in cui vengono sospese le lezioni. Il provvedimento interessa gli anni scolastici 2023/24 e 2024/25 ed è destinato alle scuole primarie e secondarie statali e paritarie non commerciali.

Danzare in gravidanza

Apr 13
Scritto da Annamaria avatar

Chi ama ballare, durante una gestazione è possibile che si domandi se danzare in gravidanza sia possibile, senza incorrere in rischi evitabili. Muoversi fa solitamente bene col pancione, ma con una certa accortezza.

danzare in gravidanza

Il dottor Antonio Simone Laganà, ginecologo, a Di Lei spiega: “Durante il periodo di gestazione, sarebbe preferibile evitare di andare in discoteca, per i rischi che potrebbero essere connessi a tale attività: essendo le discoteche generalmente affollate, si potrebbero ricevere inavvertitamente colpi al pancione tra la folla. Inoltre più  i suoni sono forti, maggiore sarà la reazione del bebè”. La musica altissima può influire negativamente sul feto e far male.

Danzare in gravidanza però ha i suoi benefici: “Mantenimento di un corretto peso corporeo, il miglioramento del tono muscolare e rinforzamento delle articolazioni di gambe, spalle e bacino”. Non solo: “L’adeguato esercizio della danza può portare ad un miglioramento dei problemi posturali che possono insorgere durante la gravidanza. Infine, si possono avere benefici anche dal punto di vista circolatorio/cardiovascolare, respiratorio, della resistenza fisica e della sfera emotiva e psicologica”.

I rischi sono nei salti, da evitare, anche perché c’è il pericolo di cadute, con tutto quel che ne può conseguire. “Sono consigliabili balli come danza del ventre, latino-americano, balli di coppia come liscio, valzer, ma anche danza moderna e il ballo spontaneo, purché non prevedano movimenti intensi, bruschi o pericolosi come, ad esempio, i salti, limitandosi ai passi che si conoscono già e che si è certi di poter eseguire, evitando anche lo sforzo fisico eccessivo”, dice l’esperto. Danzare in gravidanza? Si può, con moderazione. Chiaramente se si hanno problemi, rivolgersi al proprio medico di fiducia, quello che si segue durante la gestazione.

Morbillo: “Può essere letale”

Apr 12
Scritto da Annamaria avatar

Il morbillo può essere una malattia letale. Nei primi 3 mesi del 2024 i casi sono quintuplicati rispetto all’anno precedente. Si raccomanda ai genitori di vaccinare i bambini. E che a usufruire del vaccino siano pure gli adulti che non l’hanno mai fatto.

Mother taking care of baby with chicken pox

“Nessun bambino dovrebbe morire per il morbillo che è una malattia grave, ma prevedibile”, sottolinea Antonietta Filia. Il medico di Medicina preventiva e Sanità pubblica e prima ricercatrice del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità chiarisce che può essere letale. E il boom di casi preoccupa.  “Abbiamo registrato un aumento dei casi dalla fine del 2023 ed è probabile che il numero dei casi continui a crescere, come già segnalato nella recente valutazione del rischio fatta dall’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc)”, dice al Fatto Quotidiano.

“Il morbillo non è una malattia lieve, oltre all’esantema, causa malessere, febbre alta, diarrea, e altre complicanze. Fino al 20-30% sviluppa complicanze ed è possibile anche il decesso: uno o due casi per 1000. I nostri dati indicano che il 26% dei casi notificati ha registrato una complicanza. Per quanto riguarda i casi per cui è stato necessario il ricovero, la percentuale osservata è più elevata dell’atteso. E potrebbe indicare una sotto notifica dei casi meno gravi: persone che non si rivolgono al medico o casi che non vengono segnati dai medici delle cure primarie”, spiega l’esperta. 

“E’ opportuno ricordare qui l’importanza della sorveglianza nel processo di eliminazione del morbillo e la necessità di sensibilizzare tutti i medici e operatori sanitari a riguardo. E’ importante segnalare tempestivamente ogni caso di morbillo al sistema di sorveglianza. Per attivare rapidamente una risposta di sanità pubblica, interrompere la trasmissione, capire i motivi della trasmissione. E identificare i gruppi di popolazione a rischio”, chiarisce ancora Filia.

Può essere letale, ricordiamolo. Ecco perché è importante vaccinarsi: “La vaccinazione è importante perché il morbillo è una malattia potenzialmente molto grave. Con la vaccinazione è possibile prevenirla. I bambini sotto i 5 anni di età, gli adulti di età superiore a 20 anni, le donne in gravidanza e le persone con deficit immunitario hanno il rischio più elevato di complicanze. Il vaccino è in uso da circa sessant’anni e ha un alto livello di sicurezza ed efficacia. I bambini sotto l’anno (la prima dose viene consigliata ai 12 mesi, ndr) e le persone con deficit immunitari che non possono ricevere il vaccino (essendo il vaccino vivo attenuato) dipendono dall’immunità della popolazione, della famiglia e delle persone che sono a contatto con loro”. 

“C’è anche il rischio di panencefalite sclerosante subacuta. E’ un raro disturbo degenerativo progressivo del sistema nervoso centrale causato proprio dall’infezione persistente del virus del morbillo. Si presenta a distanza di anni dall’infezione. Una malattia letale. Le persone a maggior rischio sono i bambini che hanno acquisito l’infezione prima dei 5 anni di età”, aggiunge la dottoressa..