Asilite

I bambini più piccoli, che frequentano asili nido e materne, si ammalano spesso purtroppo. Si tratta dell’asilite. Antonio Di Mauro, pediatra molto conosciuto nel mondo social, spiega cos’è in un post su Facebook.

“Febbricola, tosse grassa, muco… Non c’entra niente il colpo d’aria! E neanche le difese immunitarie basse… E’ tutto nella norma. E’ l’asilite!”, scrive il medico. E’ una patologia che riguarda i bimbi. L’esperto analizza il termine: flagoso delle vie aeree, d regola virale, che affligge i bambini che frequentano l’asilo nido e la scuola materna.
“Può durare alcune settimane”, chiarisce Di Mauro. “Ha un importante ruolo nello sviluppo delle difese immunitarie. Non va trattata con gli antibiotici”, sottolinea ancora. E conclude: “Rassegnatevi”.
Era già stata Medico e Bambino, la più autorevole rivista pediatrica italiana, in realtà, a usare il termine asilite riguardante le infezioni alle vie respiratorie che colpiscono i piccoli all’asilo nido e alla materna. Il giornale aveva perciò pubblicato una sintesi di un articolo dell British Medical Journal. In questo si parlava proprio della durata delle asiliti.
I malanni, purtroppo, non sono così passeggeri. Ecco qui di seguito le stime della durata non tanto breve:
Mal di orecchie: circa 7 giorni
raffreddore: circa 15 giorni
mal di gola fra 2 e 7 giorni
laringite 2 giorni
bronchiolite 21 giorni
tosse: 25 giorni
I genitori, quindi, devono comunque rimanere sereni, nell’ottica, appunto, come precisato dal dottore, che tutto questo rinforza il sistema immunitario e lo ‘orienta’ nella giusta direzione.
Utero antiversoflesso

Si può scoprire di averlo durante la visita ginecologica. L’utero antiversoflesso ha una forma che assomiglia a un cono con la punta rivolta verso il basso. Il corpo uterino, la sezione più larga, si espande verso l’alto e da cui partono le tube di Falloppio. Il collo, o cervice uterina, è rivolta verso il basso e si inserisce nella vagina. Poi c’è l’istmo.

Molte donne si chiedono se con l’utero antiversoflesso si possa concepire. La dottoressa Giada Almirante, ginecologa presso l’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e consulente ginecologa presso la Casa di Cura La Madonnina, lo siega a Io Donna.
“L’utero antiversoflesso è una condizione parafisiologica congenita – spiega il medico – in cui l’utero presenta un’angolazione in avanti, verso la parete addominale. In realtà bisogna distinguere tra antiversione e antiflessione. L’antiversione è quella condizione per la quale tutto l’utero (quindi corpo, istmo e collo) forma un angolo aperto in avanti, verso la parete addominale anteriore, di almeno 90° rispetto alla vagina. Si parla invece di antiflessione quando è presente un angolo in avanti di almeno 120° ma solo del corpo uterino rispetto al collo”.
“Un tempo si pensava che l’utero antiverso fosse una condizione patologica che potesse creare problemi – sottolinea la ginecologa. – Oggi sappiamo che non è così. Basti pensare che il 75-80% delle donne hanno un utero antiverso. Senza contare poi che l’utero è un organo mobile. Questo significa che, con i suo legamenti, può avere delle mobilizzazioni: se, per esempio, l’intestino ha delle problematiche o la vescica è piena, l’utero può spostarsi”.
“Basta una visita ginecologica eseguita in modo corretto per stabilire se l’utero è antiverso o retroverso. Oppure antiflesso o retroflesso. Per una maggiore certezza e precisione, poi, un’ecografia pelvica transvaginale può togliere qualsiasi dubbio”, chiarisce ancora l’esperta.
Insalata di pollo

E’ molto estiva, ma anche in autunno è un piato unico che soddisfa e piace tanto ai bambini. Sto parlando dell’insalata di pollo. E’ un piatto unico salutare, leggero, ottimo per i piccoli che tornano da scuola e poco dopo devono correre a fare qualche attività.

Come realizzare l’insalata di pollo? Ecco gli ingredienti che bisogna avere:
1 petto di pollo intero
2 carote medie
1 gambo di sedano
Capperi, se ai bimbi piacciono, altrimenti se ne può fare a meno
Prezzemolo
Maionese
Chiodi di garofano
Foglia di alloro
Olio extra vergine d’oliva
sale
Riempite una pentola campente d’acqua, portatela a bollore, aggiungete qualche chiodo di garofano e una foglia di alloro. Tagliate quindi a metà il petto di pollo, in modo che non sia troppo spesso, immergetelo nell’acqua che bolle e lessatelo. Quando sarà cotto, mettetelo su un piatto e fatelo intiepidire. Pelate le carote e tagliatele alla julienne, affettate finemente il sedano. Sfilacciate il petto di pollo con le mani, mettetelo in una ciotola e aggiungete le verdure e i capperi. Salate e condite con maionese e olio. In ultimo aggiungete il prezzemolo tritato. Per quanto mi riguarda, preferisco la maionese che faccio personalmente. Basta poco: 1 uovo, 200 ml di olio di semi di girasole, 15 ml di succo di limone, un pizzico di sale. Versate tutto nel bicchierone del frullatore a immersione, accendete l’elettrodomestico e lavorate il composto. Dopo un paio di minuti la maionese fatta in casa sarà pronta e ottima da mangiare o per condire l’insalata di pollo e renderla ancora più speciale. Provate!
Bambini: col papà vanno meglio a scuola

I bambini devono stare con entrambi i genitori. Uno studio adesso certifica che se passano un po’ di tempo col papà vanno addirittura meglio a scuola: il rendimento cresce.

La ricerca dell’università di Leeds, riportata dal Guardian, offre un risultato chiaro. I bambini, se passano del tempo col papà, hanno migliori rendimenti scolastici. Vanno quindi meglio a scuola. Bastano anche solo 10 minuti al giorno trascorsi a giocare o leggere o cantare o disegnare e subito c’è una differenza nella scuola primaria, che in Inghilterra inizia a 5 anni.
I bambini che passano il tempo col papà, che hanno un maggiore coinvolgimento all’età di cinque anni, sono aiutati da questo rapporto. L’effetto è inoltre leggermente più pronunciato in matematica. Mentre il tempo con le madri ha un maggiore impatto sui comportamenti emotivi e sociali, quello coi padri migliora il livello dell’istruzione. Se ci trascorrono alcuni momenti è tutto di guadagnato e vanno meglio a scuola.
“Le madri – spiega la dottoressa Helen Norman, ricercatrice presso la business school dell’Università di Leeds, che ha guidato la ricerca – tendono ancora a occuparsi maggiormente della cura dei bambini, ma se anche i padri si impegnano attivamente nella cura dei bambini, aumenta la probabilità che i bambini ottengano voti migliori nella scuola primaria. Ecco perché è fondamentale incoraggiare e sostenere i padri a condividere la cura dei figli con la madre, fin dalle prime fasi della vita del bambino”.
Prevenzione smagliature in gravidanza

La prevenzione dà sempre ottimi risultati, anche per quanto riguarda le smagliature in gravidanza. Ci siamo occupati più volte della prevenzione delle smagliature in gravidanza. Ci torniamo ancora una volta su per chiarire ancora meglio cosa fare per evitare di avere questi antiestetici segni sulla propria pelle.

Per la prevenzione delle smagliature in gravidanza ogni donna deve mantenere un’idratazione costante sulla pelle. Deve quindi applicare con cura creme o oli idratanti sulla pelle quotidianamente, concentrandoti sulle aree a rischio come l’addome, i fianchi, il seno e le cosce. La futura mamma deve avere una dieta nutriente ed equilibrata, concentrandosi su alimenti ricchi di vitamine C ed E, antiossidanti che favoriscono la produzione di collagene e migliorano l’elasticità della pelle. Deve gestire il proprio peso, aumentando gradualmente nei nove mesi di gestazione: questo fa sì che la pelle sia meno stressata. Per chi non riesce, meglio affidarsi a un nutrizionista.
Se la prevenzione delle smagliature in gravidanza non è stata efficace, per ridurre l’aspetto delle cicatrici affidarsi a trattamenti topic, con creme e oli appositamente formulati . Devono contenere soprattutto burro di karité, olio di rosa mosqueta e vitamina E. Anche il laser frazionale può essere utile, stimola la produzione di collagene e favorisce la rigenerazione della pelle. Gli oli naturali come l’olio di cocco, l’olio d’oliva e l’olio di mandorle possono aiutare a mantenere la pelle idratata e migliorarne l’elasticità.
Ricordiamo che le smagliature sono causate dalla rottura delle fibre di collagene ed elastina nel derma, lo strato intermedio della pelle. Questa rottura crea le caratteristiche linee sottili, spesso di colore rosa o viola, che poi sbiadiscono nel tempo.
Mandorle aiutano a perdere peso

Le mandorle, quelle naturali, non salate, e con la buccia, aiutano a perdere peso. La frutta secca è un vero toccasana, ora uno studio certifica ancora maggiormente quanto facciano bene, sia agli adulti che ai bambini. Sembrerebbe migliorino anche la salute cardiometabolica.

Le mandorle in una dieta ipocalorica vanno mangiate. Anche nell’alimentazione del piccoli vanno incluse: aiutano a perdere peso e contribuiscono a migliorare la salute cardiometabolica. Un team dell’University of South Australia, guidato da Sharayah Carter, lo ha evidenziato su Obesity.
La ricerca fatta ha esaminato gli effetti delle diete ipocaloriche su 106 partecipanti intenti a seguire un programma alimentare di nove mesi. Questo programma per tre mesi è stato composto da una dieta ipocalorica per perdere peso. Per i successivi sei mesi da una dieta a basso consumo energetico per mantenere il peso raggiunto. “In entrambe le fasi la metà dei partecipanti riceveva il 15% dell’apporto energetico da mandorle intere, non salate, con la buccia, mentre l’altra metà assumeva il 15% dell’apporto energetico da snack ricchi di carboidrati, come gallette di riso o barrette di cereali. In entrambi i gruppi si registrava una riduzione del peso corporeo di circa sette chili. Tuttavia, nel gruppo che consumava le mandorle, si sono verificati cambiamenti statisticamente significativi in alcune sottofrazioni lipoproteiche altamente aterogene, con un miglioramento della salute cardiometabolica a lungo termine”, si legge su Quotidiano Sanità, che riporta i risultati dello studio.
“La frutta secca, come le mandorle, è un ottimo spuntino – ha spiegato Sharayah Carter – Le mandorle sono ricche di proteine, fibre, vitamine e minerali. Inoltre contengono grassi insaturi che possono migliorare i livelli di colesterolo nel sangue alleviare l’infiammazione e contribuire alla salute del cuore”. Aiutano a perdere peso e fanno bene.
Colichette: contatto pelle mamma-neonato fa bene

Temete le cosiddette colichette del bebè, quelle per le quali urla e strepita e sta male? Sappiate che il contatto pelle a pelle mamma-neonato fa bene, migliora le funzionalità dell’intestino del piccolo, una nuova ricerca italiana lo sottolinea.

Il contatto pelle a pelle mamma-neonato, subito dopo il parto, ha tantissimi effetti positivi, che fa bene si sa da tempo. Ora si aggiunge anche questo. Lo studio è stato svolto dall’Università di Bari in collaborazione con la Neonatologia dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Melfi diretta dal dottor Saverio De Marca. Il semplice contatto pelle a pelle dopo il parto pare dimezzare l’incidenza complessiva di questi disturbi e proteggere i due terzi dei bimbi dal rischio di colichette.
“I benefici del contatto pelle a pelle sono evidenti — commenta Mariella Baldassarre, professore associato di Pediatria all’Università di Bari — I risultati di questo primo studio rappresentano il punto di partenza per la raccolta di dati ulteriori su gruppi di pazienti più numerosi. E occorrerà indagare e chiarire i meccanismi grazie ai quali questa pratica contrasta i fattori all’origine dei disturbi funzionali gastrointestinali e, in particolare, delle coliche”.
Del resto cervello e intestino sono collegati dal microbiota. E’ per questo che, evidentemente il contatto pelle a pelle mamma-neonato fa bene per le colichette. La ricerca ha previsto il reclutamento di 160 neonati sani, partoriti a termine per via vaginale. Sono stati divisi in due gruppi tra coloro che avevano beneficiato dello skin to skin contact e quelli che non ne avevano beneficiato.
I piccoli sono poi stati monitorati a 1, 3 e 6 mesi di vita. lo è stato fatto con questionari per la raccolta di dati. Sia quelli sull’allattamento materno sia quelli sui FGID nella prima infanzia. “Per quanto riguarda la prevalenza dell’allattamento esclusivo al seno a tre mesi di età, è emerso che il 70,9% dei bimbi sottoposti alla procedura erano nutriti solo con latte materno, contro il 53,1% degli altri. ‘E ciò avvalora l’ipotesi secondo cui il tempestivo contatto skin to skin rappresenti un viatico ottimale per il corretto avvio delle poppate al seno’, commenta la professoressa Baldassarre”, si legge sul Corriere della Sera.
“Per la prevalenza dei disturbi funzionali gastrointestinali, si è visto che tra i 160 bambini, 82 hanno poi presentato almeno un disturbo. Secondo quanto definito dai criteri più aggiornati. Oltre la metà dei bambini (per la precisione il 51,25%) è stata interessata da uno o più disturbi. Ma le proporzioni sono risultate significativamente a discapito dei bimbi privati del contatto di pelle alla nascita. Quelli che hanno poi presentato un problema in una quota cospicua di casi, pari al 62,9%, contro il 39,2% degli altri”, continua.
E ancora: “Se poi si passa all’analisi specifica delle coliche, si è visto che l’effetto protettivo del contatto skin to skin è ancora più consistente. Ne riduce l’incidenza al 7,6% contro il 22,2% dell’altro gruppo”.