Decalogo prenatalizio per preparare i bambini
Il periodo che sta per arrivare è uno dei momenti più magici dell’anno: luci, profumi, musica, attesa e tradizioni che si tramandano da generazioni. Ma il Natale non è solo regali e consumismo: può diventare un’occasione preziosa per insegnare ai piccoli di casa valori importanti come la gentilezza, la gratitudine, la condivisione e la cura degli altri.

Ecco quindi un decalogo prenatalizio semplice e divertente, per preparare i bambini al Natale in modo giocoso ma anche profondo, vivendo ogni giorno della preparazione come parte della magia.
1. Preparare insieme un calendario dell’attesa creativo
Non solo cioccolatini! Realizzate un calendario fai-da-te con bigliettini, lavoretti o piccoli impegni quotidiani. Ogni casella può contenere un messaggio positivo o un gesto da compiere.
2. Raccontare il senso del Natale con parole semplici
Che si affronti da punto di vista religioso, tradizionale o culturale, il bambino ha bisogno di capire perché stiamo festeggiando, non solo come.
3. Allestire la casa con decorazioni “narrate”
Ogni addobbo può avere una storia: da dove viene, perché si usa, cosa rappresenta. Dare un significato trasforma l’ambiente in un luogo vivo, non in una semplice vetrina.
4. Introdurre il valore della gratitudine
Un piccolo rituale quotidiano può bastare: ogni sera, scrivere (o disegnare) una cosa per cui si è grati. Il Natale parte dal cuore, non dai pacchi.
5. Organizzare attività manuali più che “shopping”
Saltare un pomeriggio al centro commerciale e sostituirlo con una giornata creativa: biscotti, disegni, biglietti, pupazzi, stelle di carta.
Il ricordo dura più di un acquisto.
6. Parlare di sostenibilità
Scegliere decorazioni riutilizzabili, carte regalo riciclate, doni utili o esperienziali: una scelta consapevole fa parte della magia moderna.
7. Inserire momenti di lettura condivisa
I libri natalizi — fiabe, racconti, albi illustrati — trasportano nella dimensione dell’immaginazione, nutrendo emozioni e fantasia.
8. Allenare la gentilezza
Creare la “missione della gentilezza”: per esempio, aiutare un compagno, fare un complimento, donare qualcosa a chi ne ha bisogno, coccolare un animale.
Il vero spirito natalizio è un superpotere quotidiano.
9. Coinvolgerli nei gesti di dono
Non solo ricevere, ma anche scegliere o realizzare un regalo per qualcuno, imparando l’emozione del “pensare all’altro”.
10. Godersi l’attesa senza fretta
La magia sta nel percorso, non nel giorno clou. Spegnere i ritmi, rallentare, sorseggiare una cioccolata calda guardando le luci: questo è crescere con il cuore pieno.
Giornata Mondiale Prematurità
“Garantire ai neonati prematuri il miglior inizio possibile per un futuro in salute”. È questo il claim della Giornata Mondiale della Prematurità 2025, che si celebrerà il 17 novembre e che, grazie alla Global Foundation for the Care of Newborn Infants GFCNI,è stata inserita ufficialmente nel calendario dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità),riconoscendo a livello globale la nascita pretermine come priorità sanitaria.
I primi giorni e mesi di vita rappresentano un periodo delicato e decisivo, nel quale si pongono le basi per la crescita, lo sviluppo cognitivo e la salute a lungo termine del neonato. Garantire il miglior inizio possibile è ancora più fondamentale per i neonati prematuri, che hanno bisogno di cure di elevatissima qualità fin dai primi istanti e assistenza personalizzata, il più possibile a contatto con i genitori.
La nascita pretermine, definita come un parto che avviene prima delle 37 settimane complete di gestazione, comporta significativi fattori di rischio per la salute dei bambini, che possono influire non solo sulla prima infanzia, ma anche sullo sviluppo a lungo termine. Ogni anno nel mondo circa 13,4 milioni di neonati vengono alla luce prima della 37ª settimana di gestazione, ovvero 1 bambino su 10. Malgrado gli sforzi a livello internazionale, il tasso globale di nascite pretermine non è diminuito in modo significativo nell’ultimo decennio: la riduzione annuale stimata è di circa lo 0,14% tra il 2010 e il 2020.
La prematurità è la principale causa di mortalità neonatale nei bambini sotto i 5 anni di vita in tutto il mondo, ma ancora con forti disuguaglianze. Uno studio del 2025 mostra che la sopravvivenza fino alla dimissione dagli ospedali dei neonati estremamente pretermine (<29 settimane) è circa il 70% nei paesi ad alto reddito, ma solo il 44% nei paesi a basso e medio reddito. In Italia, la sopravvivenza alla dimissione è già del 74% a 24-27 settimane di età gestazionale e sale al 93% a 28-29 settimane, al 97% a 30-31 settimane e > 99% sopra le 32 settimane (Report INNSIN 2024).
I bambini nati molto pretermine (≤28 settimane) sono a rischio di disabilità neurocognitive. Tuttavia, negli ultimi anni, la ricerca sul loro sviluppo neurologico ha consolidato evidenze chiare sull’utilità di interventi precoci e pratiche di cura che migliorano gli esiti a breve e lungo termine:
- favorire il più possibile il contatto precoce e prolungato genitore-bambino (Kangaroo Care) durante il ricovero;
- implementare programmi di intervento precoce che coinvolgano e istruiscano i genitori nelle attività di stimolazione sensomotoria e relazionale;
- gestire il dolore, attraverso protocolli sistematici, per la protezione sensoriale e per la dimissione con piano di follow-up neuroevolutivo;
- assicurare continuità di cura territoriale e accesso rapido a servizi di riabilitazione, quando necessari.
Anche la cura nutrizionale dei neonati prematuri rappresenta oggi un tassello cruciale per garantire crescita adeguata, sviluppo neurocognitivo ottimale e riduzione delle complicanze. La nutrizione del neonato prematuro non è solo una questione di “sopravvivenza”, ma di ottimizzazione della crescita, dello sviluppo e della salute a lungo termine. Recenti linee guida confermano che un approccio nutrizionale precoce, mirato e multidisciplinare è un pilastro fondamentale della cura della prematurità. Le raccomandazioni dell’European Society for Paediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition (ESPGHAN) e di linee guida nazionali (come quelle della Società Italiana di Neonatologia (SIN) del 2016 e della Sociedade Portuguesa de Neonatologia del 2023) sottolineano l’importanza dell’alimentazione con latte materno o in alternativa con latte umano donato.
Il latte materno è un dono prezioso per iniziare la vita in salute per ogni neonato, e ancor più, accanto alle terapie farmacologiche, per quelli più fragili, come i prematuri. A tal proposito, il governo italiano ha recentemente recepito il documento “Disponibilità del latte umano donato”, a cura del Gruppo di Lavoro per il monitoraggio dell’appropriatezza operativa e gestionale delle Banche del Latte Umano Donato in Italia (costituito con decreto direttoriale del Ministero della Salute nel 2022), realizzato per mettere in atto una serie di interventi che possano contribuire a qualificare e rendere più efficace il sistema delle banche del latte umano donato nel nostro Paese (GU n° 47 del 26 febbraio 2025).
Tali interventi potranno essere utili affinché il latte umano donato possa essere trasportato alle Terapie Intensive Neonatali sprovviste di banca del latte. Ugualmente importante è l’attenzione alla nutrizione nel corso dei primi anni di vita, poiché la nascita pretermine può costituire un fattore predisponente all’insorgenza di problematiche metaboliche a lungo termine, quali il sovrappeso e l’obesità.
Per ridurre l’impatto della prematurità e migliorarne gli esiti è fondamentale un approccio articolato e globale, da parte di tutti gli operatori coinvolti, comprese le istituzioni politiche:
– prevenzione primaria: migliorare la salute materna (nutrizione, assistenza prenatale, gestione delle infezioni e delle complicanze ostetriche), promuovere gravidanze sicure e informate;
– miglioramento dei dati e del monitoraggio: molti paesi non dispongono di dati affidabili sulla gestazione, peso alla nascita e assistenza neonatale; ciò limita la pianificazione e l’intervento;
– assistenza neonatale di qualità: per i nati pretermine, accesso a cure neonatali (tutte le settimane di gestazione), terapia intensiva se necessaria, supporto allo sviluppo (ad es. Kangaroo Care);
– riduzione delle disuguaglianze: potenziare i sistemi sanitari nei paesi a basso medio reddito, garantire che ogni neonato — ovunque nasca — abbia accesso alle cure necessarie;
– follow-up e supporto dello sviluppo: garantire che i bambini nati pretermine abbiano accesso a screening per lo sviluppo neurocognitivo, interventi precoci e sostegno educativo e sociale quando necessario.
“Dobbiamo offrire ad ogni bambino che nasce troppo presto non solo la sopravvivenza, ma anche una qualità di vita la migliore possibile”, afferma il Presidente SIN, Prof. Massimo Agosti. “Questa sfida è tanto sanitaria, quanto etica e sociale: ridurre le problematiche legate alla prematurità e attenuarne gli effetti significa investire nel futuro dell’umanità. In questa prospettiva, i primi momenti di vita rappresentano il cuore dei primi mille giorni e sono determinanti per la salute futura dei neonati. La SIN ribadisce la necessità di un impegno concreto da parte delle Istituzioni nazionali e regionali per potenziare le reti perinatali, assicurare risorse adeguate alle Terapie Intensive Neonatali e garantire la continuità assistenziale dopo la dimissione”. “Investire nella cura dei neonati pretermine significa investire nel futuro del Paese: in termini di salute, sviluppo e inclusione sociale”, conclude Agosti.
Le iniziative per la Giornata Mondiale della Prematurità 2025
“NEL TUO ABBRACCIO”: DIECI FILASTROCCHE RACCONTANO LA CARTA DEI DIRITTI DEL NEONATO PREMATURO
Un vero e proprio “viaggio in rima” all’interno della Carta dei Diritti del Bambino Nato Prematuro: “Nel tuo abbraccio” è il nuovo libro, voluto da Vivere ETS Coordinamento nazionale delle associazioni dei genitori, con la collaborazione di tutte le 25 associazioni che rappresenta, con il contributo e la supervisione scientifica della Società Italiana di Neonatologia. Edito da Carthusia, con l’autrice Anna Sarfatti e l’illustratrice Sophie Fatus, ha ricevuto il patrocinio, oltre che della SIN, anche di SIN INF, SIMP, SIP, AOGOI e SIGO.
Dieci filastrocche, con piccoli passi poetici e tenere illustrazioni, per celebrare i 15 anni della Carta dei Diritti del Bambino Nato Prematuro, la prima dedicata ai neonati in Terapia Intensiva Neonatale (TIN), nata dalla collaborazione tra associazioni di genitori, operatori e società scientifiche. Questa raccolta, pensata per accompagnare le famiglie nel loro viaggio in TIN, tra diritti, cure e sostegno, è adatta a progetti di lettura in reparto, ma è rivolta a tutti e ha lo scopo di sensibilizzare, anche opinione pubblica e istituzioni, su un tema così importante come la nascita prematura. “Nel tuo abbraccio” è distribuito nelle librerie e attraverso Vivere ETS e le Associazioni locali.
L’ITALIA SI COLORA DI VIOLA!
Da Sud a Nord, il 17 novembre tutta l’Italia si colorerà di viola, colore ufficiale della giornata, per i neonati prematuri e le loro famiglie. Ospedali, reparti di Terapia Intensiva Neonatale, Comuni, piazze, monumenti ed edifici accenderanno una luce viola, aderendo alla Giornata Mondiale della Prematurità. Già in tantissimi hanno manifestato piena adesione all’iniziativa, mostrando sensibilità alla causa e disponibilità a promuovere la giornata, con l’illuminazione e attraverso siti web, social e canali istituzionali.
SIN e Vivere ETS hanno, inoltre, realizzato una raccolta digitale, il KIT VIOLA PER I NEONATI PREMATURI, con i file della campagna ufficiale di sensibilizzazione per la Giornata Mondiale della Prematurità 2025, utilizzabili sui social o da stampare. C’è poi il MINI KIT VIOLA DIGITALE, pensato a supporto delle attività dedicate ai bambini, per scuole, associazioni, ecc., con file, schede informative, disegni da colorare, immagini e video sul tema dei nati prematuri, per spiegare anche ai più piccoli e in modo semplice che cosa è la prematurità.
E per chi lo desidera, potrà inviare una propria interpretazione creativa della prematurità (disegni, testi, immagini, foto, video, ecc.), in formato digitale, partecipando all’iniziativa “LA PREMATURITÀ PER ME”, un altro modo per riflettere e raccontare, secondo il punto di vista dei più piccoli, la nascita prematura. La Giornata Mondiale della Prematurità sarà raccontata, supportata e condivisa attraverso i social ufficiali della SIN, su cui saranno pubblicate tutte le foto e i video ricevuti degli eventi in TIN e in città e dei siti illuminati o colorati di viola.
Educazione sessuale a scuola
Il tema dell’educazione sessuale a scuola è tornato al centro del dibattito politico dopo la presentazione di un emendamento da parte della Lega al disegno di legge sul consenso informato in ambito scolastico, promosso dal Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione.

Con l’emendamento depositato dalla Lega, viene cancellato il divieto imposto precedentemente alle scuole medie (scuola secondaria di primo grado) di svolgere attività di educazione sessuale e affettiva. Al contempo, rimane il divieto per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria, segnando una differenza netta tra ordini di scuola. In pratica, nelle scuole medie e superiori potranno essere svolti percorsi di educazione all’affettività e sessualità, ma subordinati al consenso informato dei genitori, i quali dovranno essere preventivamente informati sui contenuti, i relatori e il materiale didattico utilizzato.
Il disegno di legge è attualmente in discussione alla Camera e nei prossimi giorni passerà all’esame del Senato. Sarà fondamentale verificare la versione finale del testo e il modo in cui verrà applicata nelle scuole. Ma perché è importante l’insegnamento dell’educazione sessuale a scuola?
L’educazione sessuale a scuola aiuta bambini e adolescenti a crescere in modo più consapevole, sicuro e rispettoso verso se stessi e gli altri. Non si tratta solo di parlare di sesso, ma di affrontare temi che riguardano il corpo, le emozioni, l’affettività e il rispetto reciproco.
Ecco perché è fondamentale:
1. Promuove la consapevolezza del proprio corpo
Fin dall’adolescenza, i ragazzi vivono profondi cambiamenti fisici e ormonali. L’educazione sessuale fornisce informazioni scientificamente corrette, aiutandoli a comprendere cosa accade al proprio corpo, a riconoscere ciò che è normale e a non provare vergogna o paura.
2. Insegna il rispetto e il consenso
Uno degli aspetti centrali è il rispetto dei confini personali e il concetto di consenso. I giovani imparano che ogni relazione deve basarsi sulla libertà, sulla fiducia e sull’ascolto reciproco — un passo essenziale per prevenire comportamenti di abuso o violenza.
3. Combatte i falsi miti e le informazioni sbagliate
Molti ragazzi si formano un’idea della sessualità attraverso internet o i social, dove spesso circolano messaggi distorti. La scuola, invece, offre uno spazio sicuro e guidato da esperti, in cui si possono porre domande e ricevere risposte corrette, senza giudizi.
4. Previene gravidanze precoci e malattie sessualmente trasmissibili
L’educazione sessuale riduce il rischio di comportamenti a rischio, promuovendo l’uso consapevole dei metodi contraccettivi e l’importanza della prevenzione. I dati internazionali mostrano che nei Paesi dove esiste una formazione strutturata e continua, si registrano meno gravidanze indesiderate e meno infezioni.
5. Aiuta a costruire relazioni sane
Parlare di emozioni, identità e orientamento sessuale aiuta i giovani a riconoscere le proprie esigenze affettive e a rispettare quelle degli altri. Questo contribuisce a ridurre fenomeni come il bullismo, l’omofobia o la discriminazione di genere.
6. È un diritto riconosciuto a livello internazionale
Secondo l’OMS e l’UNESCO, l’educazione sessuale è parte integrante del diritto alla salute e allo sviluppo. Non significa “anticipare” esperienze, ma fornire strumenti per scegliere in modo consapevole e responsabile.
Stanza neonato: nuove tendenze
Preparare la stanza del neonato è un momento prezioso: è l’ambiente dove nasceranno i primi sorrisi, dove si farà la nanna e si vivrà l’infanzia. Nel 2025, arredare la cameretta del piccolo non significa più solo scegliere una culla e qualche peluche, ma creare uno spazio che unisca stile, funzionalità e comfort per mamma, papà e bebè. Ecco quali sono le nuove tendenze.

Tra le novità più “in” per le camerette in arrivo: colori ispirati alla natura, come verde salvia, terracotta, crema, insieme a materiali caldi come legno chiaro, vimini e rattan. L’altro grande filone è la sostenibilità: mobili ecologici, tessuti naturali, finiture non trattate. Questo perché l’ambiente del neonato sia sano e rispettoso del pianeta. Infine, la funzionalità è un must: spazi intelligenti, arredi trasformabili, angoli che possano crescere con il bambino.
Che cosa non deve proprio mancare nella cameretta?
- Culla o letto sicuro: struttura stabile, materasso ben adattato, materiali anallergici.
- Zona cambio funzionale: fasciatoio, cassettoni o scaffali a portata di mano per pannolini, salviette, vestitini.
- Arredi che crescono con lui/lei: un comodino modulare, un lettino che si trasforma in letto per bambini, scaffali bassi per giochi.
- Angolo relax per mamma/papà: una poltrona comoda, luce soffusa per la poppata o il libro della buonanotte.
- Controllo della luce e del rumore: tende oscuranti, tappeti che attutiscono i rumori, giochi educativi poco invasivi.
- Arredamento sicuro: spigoli arrotondati, fissaggi a parete, vernici atossiche.
- Decorazioni personali: stampe, peluche e cuscini che raccontano piccole storie, con tessuti naturali e texture morbide come il bouclé.
Serve qualche consiglio per non sbagliare?
- Scegli una palette neutra “che cresce” con il bambino: crema, salvia e un tocco caldo come la terracotta.
- Mescola un mobile vintage (ad esempio un cassettone anni ’50) con un pezzo nuovo eco-friendly: dà carattere e personalità.
- Fai dell’angolo lettura un piccolo salotto nel salotto: tappetino morbido, pouf, libri illustrati. Sarà un ricordo condiviso.
- Punta sulla qualità più che sulla quantità: meglio un bel mobile ben progettato che dieci accessori sparsi.
- Ricorda: la stanza riflette la tua famiglia. Se ami lo stile minimal, ma vuoi qualcosa di accogliente, scegli mobili essenziali e accessori tattili che invitano a toccare.
Bambini e verdure: un fumetto-ricettario aiuta
Un’idea fresca e intelligente arriva dal mondo dell’educazione alimentare. Un fumetto-ricettario dal titolo Cavolo, che fico! è stato presentato in occasione di Lucca Comics & Games, con l’intento di avviare i bambini alla scoperta delle verdure in modo divertente e creativo. Il progetto riunisce le illustrazioni di Simone “Sio” Albrigi, le ricette originali dello chef Cristiano Tomei e il supporto del nutrizionista Domenicantonio Galatà, con l’obiettivo di trasformare ortaggi spesso guardati con diffidenza in protagonisti simpatici e accattivanti. Distribuito nelle scuole primarie della Toscana, il ricettario mira a far sì che il radicchio, il carciofo, la zucca, il cavolo nero diventino personaggi di tavole illustrate e ingredienti di piatti da gustare, non solo da evitare. Bambini e verdure non sempre vanno d’accordo: un fumetto-ricettario aiuta.
L’infanzia è il momento in cui si formano abitudini che durano tutta la vita: cosa mettiamo nel piatto, come reagiamo ai sapori, quanto esploriamo il gusto. Quando i bambini imparano presto a riconoscere e gradire frutta, verdura, cereali e alimenti meno “consolanti”, si favorisce una relazione sana con il cibo, che riduce il rischio di scelte alimentari sbilanciate, sovrappeso o carenze nutritive.
Educare alimentariamente significa non solo dire “mangia più verdura”, ma mostrare che le verdure possono essere gustose, creative, parte di una storia e di un’esperienza condivisa. Il fumetto-ricettario lo fa trasformando il “non mi piace” in curiosità, l’obbligo in gioco. Coinvolgere i bambini nei libri, nelle immagini e nelle ricette li rende partecipi e stimola la loro autonomia: sono loro che scelgono, assaggiano, sperimentano. E quando la verdura prende forma di fumetto, l’approccio diventa più leggero, meno imposto, più desiderato.
Inoltre, l’educazione alimentare lascia tracce nei comportamenti: riconoscere la stagionalità, apprezzare i prodotti del territorio, capire da dove viene il cibo sono tutte consapevolezze che ampliano l’orizzonte del bambino verso un’alimentazione sostenibile e responsabile.
Per rendere questa esperienza davvero concreta in famiglia o a scuola si può fare qualcosa. Ad esempio proporre insieme ai bambini la lettura del fumetto, poi la scelta di una ricetta e la preparazione in cucina, coinvolgendoli tra forno, coltelli da insalata sicuri e assaggi in compagnia. Si può pure trasformare la scelta delle verdure in una “caccia al colore” nel mercato o al supermercato: scegliamo verdure di stagione, differenti tra loro, e iniziamo una piccola “colonna di gusti” sul frigorifero. Sarebbe importante usare un diario del gusto: ogni volta che assaggiano una verdura nuova, il bambino può disegnarla, descriverla e dare un voto, favorendo riflessione e memoria gustativa.
Bambini: sporcarsi è bello
Da bambina, mia madre aveva una sola regola universale: “Attenta a non sporcarti!”. Me lo ripeteva ovunque: al parco, al compleanno delle amiche, perfino quando mangiavo un gelato. Un assillo, quasi una colonna sonora dell’infanzia. Eppure oggi la Finlandia mi avrebbe dato ragione: sporcarsi non solo è normale, ma fa pure bene ed è bello! Già, perché là i bambini sono incoraggiati a tuffarsi nel fango, rotolarsi nell’erba e giocare nella terra. Non per follia educativa, ma perché, e lo dice la scienza, sporcarsi aiuta a crescere più forti e felici.

Negli asili finlandesi, i piccoli giocano spesso a contatto con la natura: terra, muschio, foglie, sabbia. Uno studio condotto in Finlandia ha dimostrato che i bambini che trascorrono più tempo all’aperto sviluppano una maggiore diversità microbica sulla pelle e nell’intestino, con effetti positivi sul sistema immunitario. Insomma, mentre noi da piccole ci preoccupavamo di non macchiare il vestitino, le bambine finlandesi costruivano, inconsapevolmente, le loro difese naturali.
C’è un detto molto amato nei Paesi nordici: “Non esistono giornate brutte, solo vestiti inadatti”. Ed è così. Quando una bambina corre sotto la pioggia, si tuffa in una pozzanghera o costruisce castelli di terra, non sta solo giocando: sta imparando a muoversi, a esplorare, a immaginare. La libertà passa anche da un paio di ginocchia impolverate. E forse noi adulte dovremmo imparare a dirlo con un sorriso, invece del solito “Ma guarda come ti sei ridotta!”.
Giocare con le mani nella terra, mischiare fango e foglie, raccogliere pietruzze e bacche… è un modo istintivo per conoscere il mondo. La pedagogia finlandese lo insegna bene: la natura è un’aula a cielo aperto, dove i bambini imparano con i sensi, non solo con i libri. Dietro ogni macchia, c’è una scoperta; dietro ogni mano nera di terra, c’è un piccolo passo verso l’autonomia.
Certo, poi qualcuno dovrà pur lavare i vestiti. Ma ogni macchia racconta una storia: di una corsa, di una risata, di un gioco andato un po’ troppo oltre. E allora perché non trasformare il dramma della lavatrice in una piccola celebrazione? Ogni alone di fango è una medaglia d’infanzia, un segno che tua figlia ha vissuto davvero.
Tre consigli utili per mamma e papà:
- Prepara i “vestiti da esplorazione”, quelli che possono affrontare pozzanghere e sabbia senza sensi di colpa.
- Incoraggia la curiosità: “Vai, prova”, “Costruisci”, “Sporcati pure un po’”. I bambini imparano più con le mani che con le regole.
- Sorridi alle macchie: invece di dire “Che disastro!”, prova con “Che bella giornata dev’essere stata!”. Poi un bel bagnetto e un abbraccio.
Torna la “Maturità”
L’Esame di Stato cambia volto e anche nome. Dal 2026, infatti, torna la Maturità, proprio come un tempo. Un ritorno alle origini che non è solo simbolico, ma segna anche una nuova impostazione per l’esame che conclude il percorso scolastico di milioni di studenti italiani. La riforma, approvata definitivamente dal Parlamento, porta con sé diverse novità pensate per rendere la prova più equilibrata, più formativa e più vicina alla realtà scolastica di oggi.

Il colloquio orale, che negli ultimi anni si era trasformato in un lungo percorso multidisciplinare, sarà d’ora in poi incentrato su quattro materie. Saranno individuate ogni anno dal Ministero dell’Istruzione entro il 31 gennaio, in modo da permettere agli studenti di prepararsi per tempo e in modo mirato.
Restano invece due prove scritte: una di italiano comune a tutti e una di indirizzo, diversa a seconda del tipo di scuola.
Anche le commissioni cambiano: saranno più snelle, composte da cinque membri (due interni, due esterni e un presidente esterno), per rendere il lavoro di valutazione più agile e coerente.
Un altro punto fermo riguarda la partecipazione: chi rifiuterà il colloquio orale verrà automaticamente bocciato. Il messaggio è chiaro: l’esame va affrontato con serietà e consapevolezza, come tappa finale di un percorso formativo, non come ostacolo da evitare.
Il voto finale terrà conto non solo dei risultati delle prove, ma anche dell’impegno dimostrato durante l’anno e di eventuali attività extrascolastiche riconosciute come formative o meritorie.
L’obiettivo della riforma è duplice: ridare centralità al merito e alla preparazione effettiva, e allo stesso tempo valorizzare il percorso complessivo dello studente. Il ritorno al nome “Maturità” vuole proprio richiamare questo concetto: non si tratta solo di un esame, ma di un momento di crescita personale e culturale.
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha spiegato che la riforma nasce per “restituire dignità e valore a un passaggio decisivo nel percorso formativo dei giovani”. Sottolinea che la Maturità deve tornare a rappresentare una prova di maturazione, non solo di conoscenza.
Per gli studenti di oggi il cambiamento più grande sarà nella gestione del tempo e del metodo di studio. Con un colloquio centrato su poche materie, servirà approfondire davvero, capire i collegamenti e non limitarsi alla semplice memorizzazione. Anche il modo di essere valutati sarà più completo. Conterà la partecipazione, la costanza, la capacità di esprimersi e di argomentare. Un approccio più “europeo”, che guarda non solo alle conoscenze ma anche alle competenze e all’autonomia di pensiero. E voi che ne pensate?
Compiti a casa: quanto aiutare i figli
“Genitori, il vostro ruolo è sostenere senza sostituirvi: vostro figlio deve imparare ad affrontare i compiti in autonomia”. La pedagogista Maria Cristina Boccacci con Leggo centra uno dei temi più discussi tra scuola e famiglia: quanto è giusto aiutare nei compiti a casa i figli e dove, invece, comincia l’eccesso di ingerenza? Secondo un’indagine di Skuola.net su 1.100 studenti tra medie e superiori, il 33% dedica 2-3 ore al giorno ai compiti, e nel 12% dei casi si arriva persino a cinque. Quasi la metà dei ragazzi li ritiene utili per consolidare ciò che ha imparato, ma per un terzo servono a poco o nulla.

Per Boccacci, i compiti restano uno strumento prezioso: “Sono necessari per sviluppare competenze cognitive personali e a fornire una strutturazione cognitiva dell’apprendimento, che accompagnerà l’individuo per tutta la vita”. In altre parole, non sono solo esercizi, ma allenamento all’autonomia mentale: pianificare, ricordare, organizzare il tempo, imparare a cavarsela da soli.
Naturalmente, tutto questo funziona solo se il carico non è eccessivo e se i compiti non servono a colmare lacune mai spiegate in classe. E, aggiunge l’esperta, “i compiti devono anche generare dubbi nutritivi, stimolando domande e curiosità che mantengano vivo l’interesse verso l’apprendimento”.
Nel 37% dei casi i genitori considerano i compiti fondamentali, ma non sempre riescono a trovare il giusto equilibrio tra aiuto e autonomia. Solo il 7% dei ragazzi delle medie e il 6% delle superiori riceve un supporto costante, mentre la maggior parte affronta da sola il pomeriggio di studio.
“I ragazzi hanno bisogno del sostegno di un adulto anche con l’avanzare del percorso”, spiega Boccacci, “ma l’adulto non deve sostituirsi. Serve una co-regolazione: un confronto costante che li aiuti a sentirsi sicuri e compresi”. Gli estremi da evitare? Due: “L’ingerenza totale, che deresponsabilizza, o il completo disinteresse, spesso giustificato come incentivo all’autonomia”. E quando il figlio non fa i compiti? “È giusto che il genitore non intervenga, lasciandolo andare a scuola senza aver rispettato la consegna. È una questione di responsabilizzazione”.
Oggi i compiti non si fanno più solo con l’aiuto dei genitori. Cresce infatti l’uso dell’intelligenza artificiale come nuovo “alleato” di studio. “Può essere utile solo se lo studente ha già sviluppato funzioni esecutive e cognitive solide”, avverte la pedagogista. “Se usata troppo presto, impedisce lo sviluppo del pensiero critico e creativo”.
Per Boccacci, la parola chiave è “routine”: “Il bambino deve imparare che c’è un tempo per tutto. Meglio fare i compiti appena tornati da scuola, quando la mente è ancora attiva, per un’ora e mezza o due al massimo”. E poi, spazio al tempo libero “nutriente”: “Passare tempo insieme ai figli non per fare qualcosa, ma per stare insieme. Riscoprire la meraviglia delle piccole cose, disconnettersi dai dispositivi e restituire alla famiglia il suo vero ruolo: un luogo di relazioni e presenza, non un’agenda piena di impegni”.

Scritto da Annamaria e postato in