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Parto cesareo: papà potranno assistere

Feb 16
Scritto da Annamaria avatar

Arriva una nuova regola all’Ospedale Sant’Anna di Torino. I papà potranno assistere anche al parto cesareo delle proprie compagne di vita. Loro o un’altra persona cara potranno quindi stare in sala operatoria e vedere nascere il bebè.

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E’ una bella novità che, si spera, diventi la normalità per la maggior parte se non tutti gli ospedali e le cliniche dove si decide di mettere al mondo il proprio figlio. Il parto cesareo è sicuramente un intervento a tutti gli effetti, ma i papà che potranno assistere saranno di supporto e aiuto. “Vorremmo che l’apertura alla presenza del papà durante il parto cesareo che favorisce anche la maggior tranquillità della mamma, diventasse una prassi”, spiega il Dottor Umberto Fiandra, Direttore Sanitario dell’Ospedale Sant’Anna a Vanity Fair“La presenza del papà o della persona cara sarà possibile presso il nostro Ospedale per 500 parti cesarei l’anno: cioè per quelli programmati e non di urgenza, momenti in cui l’attenzione dei professionisti sanitari deve essere invece completamente dedicata a madre e neonato”, chiarisce il medico.

I papà potranno assistere al parto cesareo: questo richiede grande consapevolezza e il rispetto delle regole per tutelare la salute di madre e neonato dentro una sala operatoria. Ma è comunque una grande conquista.

Papà: 3 mesi senza alcol per concepire

Dic 20
Scritto da Annamaria avatar

I papà che vogliono avere un bebè devono stare senza alcol per 3 mesi per concepire. Lo testimonia uno studio della Texas A&M University pubblicato su Andrology. I ricercatori, guidati da Michael Golding, grazie ai risultati hanno capito finalmente quanto sia fondamentale che le coppie che pianificano una gravidanza sapere quando smettere di bere per prevenire eventuali difetti alla nascita del piccolino.

Già le madri non dovrebbero bere. Ora è chiaro che anche i papà debbano stare 3 mesi senza alcol per concepire in tranquillità. “Quando qualcuno consuma alcol regolarmente e poi smette, il suo corpo passa attraverso l’astinenza, dove deve imparare a funzionare senza la sostanza chimica presente”, illustra Golding. E’ professore presso il Dipartimento di Fisiologia veterinaria e Farmacologia della School of Veterinary Medicine & Biomedical Sciences. “Abbiamo scoperto – sottolinea – che gli spermatozoi di un futuro padre sono ancora ‘influenzati’ negativamente dal bere anche durante il processo di astinenza, per questo serve molto più tempo perché lo sperma torni alla normalità. Durante l’astinenza, il fegato sperimenta uno stress ossidativo perpetuo e invia un segnale in tutto il corpo maschile”.

“Il sistema riproduttivo interpreta quel segnale e dice: ‘Oh, stiamo vivendo in un ambiente che ha un forte fattore di stress ossidativo. Devo programmare la prole per essere in grado di adattarsi a quel tipo di ambiente”. E quell’adattamento degli spermatozoi non è vantaggioso ma porta a problemi come la Fas”, rimarca Golding.

“Per anni non c’è stata alcuna considerazione sul consumo di alcol da parte dei maschi. Con il nostro studio – prosegue Golding – volevamo vedere quanto tempo ci sarebbe voluto perché gli effetti dell’alcol sullo sperma svanissero. Pensavamo che sarebbe stato un ritorno alla normalità relativamente rapido, ma non è stato così”. “Nei modelli che stiamo usando, anche bere tre o quattro birre dopo il lavoro diversi giorni alla settimana può indurre l’astinenza quando il comportamento cessa”, evidenzia lo scienziato. “Anche se non ti senti ubriaco, nel tuo corpo stanno avvenendo cambiamenti chimici”, sottolinea ancora. Cari papà, siete avvertiti: 3 mesi senza alcol per concepire. Deve essere un diktat.

Alcol: rischioso in gravidanza pure per papà

Dic 03
Scritto da Annamaria avatar

Non solo le madri, ma pure i padri devono dire stop al vino, birra, cocktail, eccetera. L’alcol è rischioso in gravidanza pure per i papà. Non va bene, anche se lo assumono loro.

alcol rischioso in gravidanza pure per papa

Il consumo eccessivo di bevande alcoliche da parte degli uomini potrebbe avere un ruolo nello sviluppo di malformazioni del feto come la sindrome feto-alcolica. E’ una ricerca a sottolinearlo. Lo studio si basa sul ruolo degli spermatozoi come portatori di una grande quantità di informazioni epigenetiche. Queste istruzioni influenzano moltissimo lo sviluppo fetale e la salute del bambino.

L’alcol è rischioso in gravidanza pure per i papà. Il fisiologo Michael Golding, professore della Texas A&M University, ha indagato sulla correlazione tra malformazioni fetali ed alcol in relazione agli uomini. “Quando si tratta di diagnosticare i bambini nati con difetti alla nascita associati al consumo di alcol, come la sindrome fetale da alcol, generalmente si prende in considerazione solo l’abitudine a consumare degli alcolici della madre. – dichiara nel suo articolo – Io e il mio team ci siamo concentrati sul suo consumo da parte dei maschi nelle settimane e nei mesi precedenti il concepimento. I nostri studi sono i primi a dimostrare che tale abitudine sia un fattore plausibile. Ma del tutto inesplorato nello sviluppo di anomalie cranio-facciali e di deficit di crescita legati all’alcol”.

Lo studio si è basato su tre difetti, osservabili alla nascita, dovuti alla sindrome alcolica fetale: anomalie facciali, tra cui occhi piccoli e malformazioni al centro del viso; crescita ridotta della testa e del cervello.

 “I nostri studi dimostrano un consumo eccessivo da parte degli uomini (più di cinque drink al giorno in una finestra di quattro ore) può determinare tutti e tre i difetti alla nascita della sindrome fetale da alcol. Prevedo che alcuni membri delle comunità mediche e scientifiche, così come l’opinione pubblica, negheranno con forza che l’alcolismo paterno sia importante. Tuttavia, finché i medici non inizieranno a chiedere al padre di parlare del suo consumo di alcol, non conosceremo mai appieno il contributo dell’esposizione paterna all’alcol ai difetti congeniti e alla salute dei bambini”, conclude l’esperto.

Se volete stare sereni, non bevete. L’alcol è rischioso in gravidanza pure per i papà.

Depressione post partum anche per gli uomini

Nov 01
Scritto da Annamaria avatar

La depressione post partum non è solo un disturbo che riguarda le donne. Se ne può parlare anche per gli uomini. Secondo la dottoressa Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo, startup di psicologia online, anche i padri possono vivere un momento di vera e propria depressione dopo la nascita di un figlio.

Depressione post partum anche per uomini

“Gli equilibri cambiano per tutti . Adeguarsi al nuovo ruolo e alle nuove dinamiche familiari può essere estremamente complesso. Inoltre, mentre per la madre il contatto e il legame con il figlio in arrivo ha modo di consolidarsi durante tutto il periodo della gravidanza, per il padre questo rapporto si crea e si alimenta a partire dalla nascita in modo graduale”, spiega l’esperta a Elle.

La depressione post partum insorge entro i primi tre mesi dalla nascita del bambino, con un picco maggiore nelle prime sei settimane dopo il parto. Dura da sei mesi a due anni e colpisce dal 7 al 12% nelle neomamme. Anche per gli uomini può essere lo stesso.

Cosa la scatena? “Può accadere che il padre si senta escluso, tagliato fuori dal rapporto simbiotico che lega la madre al bambino nei mesi subito successivi alla nascita. Cambiamenti come la diminuzione dell’intimità e il calo dell’interesse sessuale possono comportare attriti e discussioni all’interno della coppia. Tutto questo può alimentare vissuti di sofferenza e di solitudine nel padre che può faticare a trovare una propria dimensione all’interno della nuova struttura familiare. Lo stress e le preoccupazioni che spesso accompagnano la nascita di un figlio, inoltre, possono contribuire all’insorgenza di un vero e proprio sentimento depressivo. E di forti vissuti di inadeguatezza dovuti, in molti casi, ad una scarsa consapevolezza degli inevitabili cambiamenti che richiederanno un riassetto del nucleo familiare”, chiarisce Fiorenza Perris.

“Chi non ha avuto modo di crescere con un modello paterno di riferimento coinvolto attivamente nell’educazione e nella gestione dei figli potrà fare più fatica a trovare una propria dimensione nel momento in cui diventa genitore. Il contesto sociale e culturale si è molto modificato negli ultimi anni, come pure le aspettative rispetto al ruolo di cura e supporto fattivo ed emotivo che il padre deve ricoprire all’interno della propria famiglia. Ciò ha dato luogo ad una trasformazione fondamentale e necessaria. Ma complessa da gestire in alcuni casi”, commenta la Clinical Director di Unobravo.

“Il contesto culturale in cui viviamo, purtroppo, ancora troppo spesso tende a non incoraggiare l’espressione emotiva degli uomini che sono ancora prigionieri di aspettative sociali legate al mito della mascolinità, della forza e dell’imperturbabilità. Un uomo non può sentirsi disorientato, triste, impaurito. Non può mostrarsi debole, insicuro o fragile. Questi pregiudizi devono essere superati. E arginati in ogni modo. Comportano ripercussioni tangibili sul benessere emotivo, incidendo sulla possibilità tanto di riconoscere i sintomi di una sofferenza psicologica quanto di chiedere, senza vergognarsene, il supporto dei propri cari o di un esperto”, continua la psicoterapeuta.

“La depressione post partum maschile può implicare vissuti di abbandono molto intensi che possono dare luogo a recriminazioni e rabbia nei confronti della propria compagna non più attenta come prima ai bisogni della coppia e meno responsiva e disponibile. L’uomo può sentirsi escluso e non indispensabile per il bambino. Questi vissuti possono comportare un progressivo distacco emotivo da entrambi e scontri che potrebbero incrinare la relazione con la madre e con il piccolo”, afferma la dottoressa.

Spesso la sintomatologia tende ad attenuarsi con il consolidamento del nuovo assetto familiare. In ogni caso è essenziale che chi circonda il neo papà sia attento a cogliere i segnali del suo malessere psicologico. E lo incoraggi a chiedere il supporto di cui ha bisogno. Il sostegno di un esperto può essere determinante per mettere a fuoco paure, preoccupazioni e dinamiche disfunzionali. Questo per innescare cambiamento, ridurre i sintomi. E raggiungere un nuovo equilibrio”, conclude. Per gli uomini può essere un grave problema. Chiedete aiuto.

Allattamento al seno: padri coprotagonisti

Set 29
Scritto da Annamaria avatar

I padri sono coprotagonisti nella basilare pratica dell’allattamento al seno. Lo sottolinea a gran voce la SIN.

Non solo mamma e neonato: sempre più spesso alla diade, protagonista dell’importante pratica dell’allattamento al seno, va ad aggiungersi anche la figura paterna. Svolge un ruolo significativo nel suo avvio e mantenimento. In occasione della Settimana Mondiale per l’Allattamento Materno (SAM), che si celebra in Italia dall’1 al 7 ottobre, la Società Italiana di Neonatologia (SIN), ribadisce proprio l’importanza dei padri come coprotagonisti” all’interno della triade madre-padre-neonato.

“La neofamiglia nella sua interezza rappresenta una vera e propria squadra a tutela della naturale pratica dell’allattamento”, afferma il Dott. Luigi Orfeo, Presidente della SIN. “Il papà, figura spesso considerata di secondo piano per l’allattamento, ha, invece, un ruolo fondamentale. Sia in gravidanza, che alla nascita e nel post-partum, nel garantire il benessere di mamma e neonato”, aggiunge.

Il ruolo paterno in questa delicata fase di adattamento familiare si concretizza nel sostegno pratico ed emotivo, nella rassicurazione e nel contenimento di dubbi e preoccupazioni, in modo da rafforzare la motivazione e la fiducia della madre ad allattare. Inoltre, il papà funge da importante “filtro” dalle interferenze negative provenienti dal mondo esterno alla triade, proteggendola. In più, la presenza del padre, sia nella nascita a termine, fisiologica, sia durante un possibile ricovero in Terapia Intensiva Neonatale (TIN), agevola la costruzione dei legami familiari. Lo fa anche attraverso il contatto pelle-a-pelle e le prime azioni di cura primaria, dimostrando alla madre il coinvolgimento paterno nell’ambito di un progetto genitoriale concretamente comune e facilitando il benessere psico-fisico materno. 

Il latte materno rappresenta l’alimento di prima scelta per il neonato per crescere e svilupparsi in salute a breve ed a lungo termine. Infatti, il latte di mamma non solo ha peculiari caratteristiche nutrizionali, ma anche una ricchezza in fattori bioattivi. Questa permette una continua e intima comunicazione anche bioumorale tra madre e figlio.

Le sostanze bioattive presenti all’interno del latte materno rivestono particolare importanza nel corretto funzionamento del sistema immunitario di mamma e neonato fin dai primi giorni di vita.

Tra i componenti bioattivi del latte materno su cui la ricerca scientifica si è concentrata negli ultimi anni ci sono le cellule staminali e gli ormoni. Sono in grado di intervenire nel programming di diversi outcome di salute come, ad esempio, nella promozione dello sviluppo di un corretto ritmo circadiano, le cui alterazioni si associano ad un aumentato rischio a distanza di una serie di problematiche, quali deficit immunitari, metabolici, cardiovascolari, gastrointestinali.

Durante la vita intrauterina, infatti, il feto riceve riferimenti temporali tramite i ritmi circadiani, fisiologici, metabolici e comportamentali della madre. Alla nascita, questa variabilità viene bruscamente interrotta. Ma la natura ci offre uno strumento quale il latte materno per comunicare al neonato le informazioni sull’alternarsi del giorno e della notte.

Il latte materno è un sistema biologico estremamente complesso e dinamico. La sua composizione non varia soltanto di giorno in giorno, ma anche nell’arco di una stessa giornata in base a fattori materni, neonatali e fisiologici. Le concentrazioni degli ormoni nel latte materno riflettono quelle del plasma della mamma, seguendo il ritmo circadiano. Questa variabilità riflette il principio della crononutrizione, secondo cui bisognerebbe adeguare la nutrizione in base all’orologio biologico dell’individuo. Qiesto affinché si consumi l’alimento ottimale per quel particolare momento della giornata. Gli ormoni, una volta assorbiti a livello intestinale, raggiungono il neonato dove estrinsecano la loro funzione. Il latte secreto nelle prime ore della mattina è ricco di cortisolo e aminoacidi “activity-promoting”, che stimolano uno stato di veglia nel neonato. Il latte delle ore notturne, invece, presenta alte concentrazioni di melatonina e triptofano che promuovono il sonno. 

Per tutti questi documentati benefici sulla salute di madre e neonato, l’allattamento è sostenuto da tutte le Società scientifiche dell’area perinatale. E raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’Unione Europea e dal Ministero della Salute. L’allattamento è raccomandato come esclusivo per i primi sei mesi di vita. Va mantenuto anche durante l’introduzione di cibi semisolidi e solidi. In base alle esigenze e alla volontà di madre e bambino, pure fino ai 2 anni di vista ed oltre.

Oggi, in Italia, poco meno della metà, il 46,7% dei bambini di 2-3 mesi di vita, viene allattato in maniera esclusiva.

“Sostenere, tutelare e promuovere l’allattamento materno per tutti i benefici che comport. Non solo a madre e neonato, ma a tutto il nucleo familiare e all’intera società. E’ un dovere da parte della comunità scientifica e di tutto il personale sanitario che opera negli ospedali e sul territorio, da nord a sud del Paese”, continua il Dott. Orfeo. “Ognuno di noi può e deve fare la sua parte. Per appianare le differenze regionali, informando ed educando, dove necessario, le famiglie a tutela di questo vero e proprio voucher di salute per il neonato e la sua famiglia”. Nell’allattamento al seno i padri sono coprotagonisti: tenetelo bene a mente.

9 alimenti da non mangiare dopo le 18

Set 28
Scritto da Annamaria avatar

Ci sono cibi che dopo una certa ora appesantiscono, forniscono troppe calorie e non apportano benefici. Secondo Rose Ferguson, nutrizionista, esperta di medicina funzionale, podcaster e autrice dei libri “Juice” e “Juice + Nourish“ mangiare la sera non è una buona idea. Ma gli specialisti dei paesi nordici non mettono in conto che qui in Italia si cena tardi, così ecco una lista di 9 alimenti da non mangiare dopo le 18 per non ingrassare e restare in salute. Ideale soprattutto per le mamme e i papà.

9 alimenti da non magiare la sera

“La velocità con cui il corpo digerisce il cibo e metabolizza i nutrienti non rallenta drasticamente quando l’orologio segna una certa ora. Tuttavia per la maggior parte di noi i livelli di attività fisica diminuiscono la sera, il che influisce sull’efficienza con cui vengono bruciate le calorie. Inoltre, alcune ricerche suggeriscono che mangiare a tarda sera può interrompere i ritmi circadiani, influenzando i processi metabolici, e che finire l’ultimo pasto presto è preferibile sia per la gestione del peso, che del sonno e della longevità”, dice la Ferguson. In Italia però è difficile da attuare, così meglio sapere quali sono i 9 alimenti da non mangiare dopo le 18 e, magari, non cenare troppo tardi.

Quali sono i 9 alimenti da non magiare dopo le 18? Ecco la lista:

Formaggi grassi o stagionati: no a gorgonzola, taleggio, mascarpone, brie, camembert. Preferire formaggi freschi e magri come ricotta di mucca, fiocchi di latte o stracchino.

Cani grasse: no bistecche o hamburger. Meglio le carni magre come quelle di pollo o tacchino. Vanno bene anche piccole porzioni di legumi o uova.

Cibi fritti: meglio cotture al forno o vapore.

Cibi piccanti: possono aumentare temperatura corporea. Condire con erbe aromatiche come prezzemolo, origano, salvia, basilico e rosmarino.

Cavoli o verze: possono causare gonfiore in quanto ci mettono molto per essere assimilati.

Pesci sott’olio e pesci grassi: no salmone, sgombro, aringhe. Meglio i pesci bianchi come nasello e merluzzo.

Gelati e dolci: troppe calorie e picchi glicemici. Optare per sorbetti senza zucchero o frutta fresca di stagione.

Cioccolato: contiene sostanze eccitanti. Se al latte è grasso e affatica il fegato. Se proprio si deve, s può mangiare solo amaro senza zucchero.

Insalata: ebbene sì. Potrebbe causare gonfiore, in quanto le verdure fresche ci mettono molto a essere digerite.

Bambini: col papà vanno meglio a scuola

Set 24
Scritto da Annamaria avatar

I bambini devono stare con entrambi i genitori. Uno studio adesso certifica che se passano un po’ di tempo col papà vanno addirittura meglio a scuola: il rendimento cresce.

bambini col papa vanno meglio a scuola

La ricerca dell’università di Leeds, riportata dal Guardian, offre un risultato chiaro.  I bambini, se passano del tempo col papà, hanno migliori rendimenti scolastici. Vanno quindi meglio a scuola. Bastano anche solo 10 minuti al giorno trascorsi a giocare o leggere o cantare o disegnare e subito c’è una differenza nella scuola primaria, che in Inghilterra inizia a 5 anni.

I bambini che passano il tempo col papà, che hanno un maggiore coinvolgimento all’età di cinque anni, sono aiutati da questo rapporto. L’effetto è inoltre leggermente più pronunciato in matematica. Mentre il tempo con le madri ha un maggiore impatto sui comportamenti emotivi e sociali, quello coi padri migliora il livello dell’istruzione. Se ci trascorrono alcuni momenti è tutto di guadagnato e vanno meglio a scuola.

“Le madri – spiega la dottoressa Helen Norman, ricercatrice presso la business school dell’Università di Leeds, che ha guidato la ricerca – tendono ancora a occuparsi maggiormente della cura dei bambini, ma se anche i padri si impegnano attivamente nella cura dei bambini, aumenta la probabilità che i bambini ottengano voti migliori nella scuola primaria. Ecco perché è fondamentale incoraggiare e sostenere i padri a condividere la cura dei figli con la madre, fin dalle prime fasi della vita del bambino”.

Congedo maternità: a chi spetta

Set 13
Scritto da Annamaria avatar

Il congedo maternità non è un benefit del datore di lavoro, ma un diritto di ogni lavoratrice dipendente: ha una durata di 5 mesi e può essere suddiviso diversamente lungo il periodo precedente o successivo a quello del parto. A chi spetta?

congedo maternita a chi spetta

L’Inps è chiara nel chiarire a chi spetta il congedo maternità

  • lavoratrici (apprendiste, operaie, impiegate e dirigenti) che hanno un rapporto di lavoro attivo nel privato o in seno alla Pubblica amministrazione durante il periodo di congedo
  • lavoratrici del settore agricolo con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato e che risultano attive negli elenchi nominativi annuali almeno 51 giorni di lavoro
  • lavoratrici del settore domestico e del settore dell’assistenza familiare per le quali sono necessarie 26 settimane contributive durante l’anno precedente quello dell’inizio del congedo, oppure 52 settimane contributive durante i due anni precedenti
  • lavoratrici che svolgono un’attività professionale presso i rispettivi domicili, così come le lavoratrici impegnate nei lavori di utilità sociale oppure di pubblica utilità
  • lavoratrici disoccupate a patto che il congedo maternità inizi al massimo 60 giorni dopo l’ultima giornata lavorativa.

Il diritto al congedo maternità si applica anche ai casi di adozione o di affidamento di minori, come scrive Il Giornale. Dopo aver stabilito a chi spetta, è bene chiarire che in alcuni casi il congedo maternità può essere sfruttato dal padre del bambino invece che dalla mamma . Ecco quali:

  • il decesso o un’infermità grave della madre
  • l’abbandono del figlio da parte della madre
  • l’affidamento esclusivo del bambino al padre

Se si parla di adozioni o affidamento, il congedo paterno è possibile allorquando la madre rinuncia anche solo in parte al proprio diritto al congedo maternità.

Come chiarisce il quotidiano, la domanda per il congedo maternità deve rispondere ad alcuni requisiti:

  • deve essere inoltrata prima dei due mesi precedenti la presunta data del parto
  • la gravidanza deve essere attestata da un certificato medico
  • la data di nascita effettiva e le informazioni relative al neonato devono essere trasmesse tempestivamente all’Inps

Le domande per il congedo maternità o per il congedo paternità vanno presentate all’Inps tramite un Caf oppure mediante un commercialista. In alternativa si può procedere in autonomia sul portale Inps accedendo con Spid, Cie o Cns allegando la seguente documentazione:

  • carta di identità e codice fiscale del richiedente
  • certificato di gravidanza telematico
  • certificato di nascita, di adozione o di affido
  • modello Inps SR14 oppure Modello SR01 (entrambi forniti dal medico di base)
  • autorizzazione / consenso di un medico per quelle donne che rimangono al lavoro fino al termine della gravidanza.

A questi documenti la lavoratrice o il lavoratore devono aggiungere la busta paga. E le coordinate bancarie o postali nel caso in cui l’indennità non viene corrisposta dal datore di lavoro.