Induzione al parto
Dieci ore intense, di attesa, di emozione, di forza. Così Cecilia Rodriguez ha raccontato la sua esperienza di induzione al parto, condividendo con i fan sui social i momenti che l’hanno portata a stringere finalmente tra le braccia il suo primo figlio, avuto con Ignazio Moser. Un racconto autentico e sincero, che ha acceso i riflettori su una pratica sempre più diffusa ma ancora poco compresa: l’induzione al parto, ossia quella “spintarella gentile” che la medicina offre al corpo quando la natura ha bisogno di un piccolo aiuto per far iniziare il travaglio.
In parole semplici, l’induzione è un intervento medico che serve a stimolare le contrazioni uterine quando il travaglio non parte spontaneamente. Può avvenire in diversi modi – con farmaci, gel ormonali, o, in alcuni casi, con tecniche meccaniche – e viene effettuata sempre in ambiente ospedaliero e sotto controllo medico.
Non si tratta di un intervento “artificiale” nel senso negativo del termine, ma di una misura di sicurezza e di supporto, utile quando la gravidanza si prolunga troppo, quando si sospetta un problema per il bambino o la mamma, oppure semplicemente quando la natura decide di prendersi più tempo del previsto.
Di solito l’induzione viene proposta dopo la 41esima settimana, quando il bimbo sembra non avere troppa fretta di nascere.
Ma può essere necessaria anche in altri casi:
- se ci sono problemi di pressione alta o preeclampsia,
- se si rileva una sofferenza fetale,
- se si rompe il sacco ma le contrazioni non iniziano da sole,
- o se la mamma ha patologie che rendono rischiosa un’attesa troppo lunga.
Ogni caso, ovviamente, è personalizzato: l’induzione non è un “protocollo unico”, ma una decisione condivisa tra mamma e medici, calibrata su salute, sicurezza e tempi del corpo.
Come ha mostrato Cecilia Rodriguez, l’induzione non è una scorciatoia, anzi. Può durare molte ore, a volte anche più di un giorno, perché il corpo deve “entrare in ritmo” con il supporto medico.Le contrazioni iniziano gradualmente, il collo dell’utero si ammorbidisce, e il corpo si prepara lentamente all’arrivo del bambino.
È un processo che chiede forza, pazienza e fiducia — in sé stesse e nei professionisti che accompagnano questo momento così delicato. E anche se ogni nascita è diversa, l’obiettivo resta sempre lo stesso: la sicurezza e il benessere di mamma e bambino.
Raccontare un’esperienza come quella dell’induzione, come ha fatto Cecilia, significa normalizzare la realtà del parto, fatta di emozioni forti, tempi imprevedibili e coraggio puro. Significa dire alle donne che non esiste un “modo giusto” per partorire. Ogni nascita è un piccolo miracolo, anche (e forse soprattutto) quando non segue il copione perfetto.
Depressione peripartum
La nascita di un bambino è spesso raccontata come un momento di gioia assoluta, ma la realtà può essere più complessa. Molte donne, infatti, sperimentano sentimenti di tristezza, ansia e smarrimento durante la gravidanza o dopo il parto. Quando questi stati d’animo diventano persistenti e intensi, si parla di depressione peripartum.
Si tratta di una forma di depressione che può manifestarsi in gravidanza o nei primi mesi dopo il parto. Non va confusa con il cosiddetto “baby blues” , una condizione transitoria, che colpisce molte neomamme nei primi giorni dopo la nascita del bambino e che tende a risolversi spontaneamente. La depressione peripartum, invece, è più duratura e richiede attenzione e supporto.
I sintomi più comuni sono:
- tristezza profonda e persistente
- perdita di interesse o piacere nelle attività quotidiane
- ansia, irritabilità o attacchi di panico
- senso di colpa e inadeguatezza come madre
- difficoltà a dormire o, al contrario, sonno eccessivo
- calo dell’energia e della concentrazione
- difficoltà a creare un legame con il neonato
Perché accade? Le cause sono multifattoriali. Possono incidere i cambiamenti ormonali tipici della gravidanza e del post-parto. Anche lo stress e stanchezza fisica legati alla nuova routine contribuiscono. Poi ci sono i fattori psicologici e sociali, come isolamento, mancanza di supporto, precedenti episodi di depressione o ansia.
La cosa più importante è non sentirsi sole e chiedere aiuto. Parlare con il proprio medico, ginecologo o psicologo è il primo passo. Le strategie più utili per affrontarla possono includere: supporto psicologico individuale o di gruppo. In alcuni casi possono rendersi necessari trattamenti farmacologici sotto stretto controllo medico. Non dimentichiamo che l’aiuto pratico da parte del partner, della famiglia e degli amici, per alleggerire il carico quotidiano possono aiutare. Da tenere bene a mente che è necessari avere uno stile di vita sano: alimentazione equilibrata, movimento moderato, riposo quando possibile.
La depressione peripartum non è un segno di debolezza né di scarsa capacità di essere madre. È una condizione medica che può essere affrontata e superata con il giusto sostegno. Riconoscerla e parlarne apertamente è il primo passo per guarire e per vivere con serenità la maternità.
Pavimento pelvico: come allenarlo post parto
Il post parto è un viaggio tutto nuovo, fatto di emozioni, stravolgimenti e riscoperta del proprio corpo. Tra le zone che più risentono della gravidanza e del parto c’è il pavimento pelvico, quella “rete invisibile” di muscoli che sostiene utero, vescica e intestino. Spesso non se ne parla abbastanza, eppure prendersene cura fa davvero la differenza per il benessere di una neomamma. Sapere come allenarlo è basilare.
Durante la gravidanza, il pavimento pelvico viene sottoposto a un grande carico. Con il parto (naturale o cesareo), può subire stiramenti, cedimenti o piccole lesioni. Il risultato? Fastidi come incontinenza urinaria, dolori lombari, sensazione di peso o anche difficoltà nei rapporti sessuali. La buona notizia è che questi disturbi non sono “da sopportare”. Allenare il pavimento pelvico aiuta a ritrovare tono, equilibrio e fiducia nel proprio corpo.
Sempre dopo aver avuto il via libera dal medico, in genere si può iniziare a lavorarci dopo la visita di controllo post parto (intorno alla 6ª settimana). Ma già nei primi giorni si può iniziare a prendere consapevolezza del pavimento pelvico con semplici esercizi di respirazione e percezione.
Il primo passo è imparare a “sentire” questi muscoli, che non vediamo ma possiamo controllare. Gli esercizi di Kegel sono i più noti e facili da fare, anche mentre si è sul divano o si allatta.
Ecco una routine base:
- Contrai i muscoli come se volessi trattenere la pipì, tenendo la contrazione per 3-5 secondi.
- Rilassa completamente per lo stesso tempo.
- Ripeti per 10 volte, almeno 3 volte al giorno.
E’ importante non contrarre glutei o addome, solo il pavimento pelvico. Ricordate sempre che un bravo fisioterapista specializzato in riabilitazione perineale può guidarti con esercizi personalizzati.
Oltre alla ginnastica perineale, si può integrare:
- Yoga post parto, che lavora con dolcezza sulla zona pelvica e sulla postura
- Pilates con focus sul core (sempre dopo consulto medico)
- Esercizi di respirazione diaframmatica, che aiutano a coordinare respiro e attivazione muscolare
E ricordate: non è solo una questione fisica, ma anche di benessere mentale. Ritrovare la fiducia nel proprio corpo dopo il parto è necessario.
Borsa per il parto: accessori must-have 2025
Preparare la borsa per il parto è uno di quei momenti che rendono tutto più reale: ci siamo quasi! Tra tutine, body e pigiami premaman, però, oggi le future mamme stanno scegliendo accessori sempre più personalizzati, comodi e di tendenza. Ma quali sono i must-have, cosa non può davvero mancare nella valigia del 2025? Scopriamolo insieme.
Se è vero che ci sono elementi indispensabili da portare (come documenti, cambio per il neonato, assorbenti post-parto e camicie da notte comode), le nuove tendenze ci dicono che le mamme vogliono sentirsi anche coccolate, organizzate e… belle. Ecco gli accessori più scelti del momento, tra funzionalità e stile.
1. Spray viso idratante e rinfrescante
Le ore in ospedale possono essere lunghe e faticose. Uno spray a base di aloe o acqua termale è perfetto per idratare la pelle e dare sollievo durante il travaglio o nelle ore post-parto.
Top trend: gli spray in mini-formato da tenere anche nel beauty post-parto.
2. Cuffie wireless o auricolari relax
Ascoltare musica rilassante o una playlist personalizzata è un modo potente per concentrarsi, respirare meglio e affrontare il travaglio. Sempre più mamme scelgono di portare con sé un paio di auricolari a cancellazione del rumore, per isolarsi dal caos e restare nel proprio spazio mentale.
3. Diario nascita o quaderno delle emozioni
Un accessorio “di cuore”: un piccolo diario su cui annotare pensieri, sensazioni, il primo incontro con il proprio bimbo o semplicemente parole di gratitudine per l’esperienza vissuta. Alcune mamme amano farlo scrivere anche al partner o alle ostetriche.
Alcuni brand propongono versioni con taschine, adesivi, o frasi guida già stampate.
4. Olio perineale o per massaggio
Molte donne scelgono di portare con sé un olio naturale (mandorle dolci, jojoba, vitamina E) da usare prima del parto (se indicato) o nei giorni successivi per un massaggio rilassante o per lenire il corpo.
5. Luce da notte portatile
Sembrerà un dettaglio, ma è geniale: una luce soft (magari ricaricabile via USB) da accendere la notte per l’allattamento o i primi cambi pannolino, senza dover accendere la luce dell’ospedale.
6. Calzini anti-scivolo… belli
Comfort prima di tutto, certo, ma anche l’occhio vuole la sua parte. I nuovi modelli di calzini da travaglio sono divertenti, colorati e motivazionali (con scritte tipo “You got this, mama!” o “Pushing in progress!”).
7. Kit mini beauty post-parto
Shampoo secco, salviette intime delicate, crema per le mani, burrocacao, spazzola compatta, deodorante solido… tutto in mini-taglie da borsa. Per sentirsi subito un po’ meglio, anche in ospedale.
8. Cuscino da allattamento “to-go”
I modelli portatili e compatti, che si ripiegano o si gonfiano all’occorrenza, sono perfetti per i primi giorni. Alcune mamme li usano anche in travaglio per trovare una posizione comoda.
I marchi che stanno conquistando le mamme del 2025 sono: Frida Mom (per kit parto, calzini, spray e postpartum care); MAMMA MIO (oli naturali e prodotti corpo); Nidra e Lulalove (beauty da travaglio e per il neonato); Baby Shower Milano e La Millou (per borse, cuscini e accessori chic); Stokke e Done by Deer (per luci, mussole, copertine e mini accessori design).
Come proteggere le gambe durante il parto
Durante il parto, il benessere delle gambe può sembrare un aspetto secondario rispetto all’evento principale, ma in realtà riveste un ruolo importante per la salute e il comfort della mamma, sia durante il travaglio che nel post-parto. Le gambe, infatti, possono essere soggette a gonfiore, problemi circolatori o piccoli traumi legati alle posizioni adottate durante il parto. Ecco perché è utile sapere come proteggere le gambe durante il parto.
Durante la gravidanza, il peso dell’utero può rallentare la circolazione venosa, aumentando il rischio di gonfiore, crampi, varici e, nei casi più delicati, trombosi venosa profonda. In vista del parto, è importante continuare a favorire una buona circolazione con semplici accorgimenti:
- Tenere le gambe sollevate nei momenti di riposo per migliorare il ritorno venoso.
- Indossare calze contenitive a compressione graduata (su consiglio medico), soprattutto se si è predisposte a problemi circolatori.
- Mantenere una buona idratazione e cercare di muoversi regolarmente fino a quando è possibile.
Durante il travaglio e il parto, le gambe svolgono un ruolo attivo. Posizioni come quella accovacciata, a carponi, sul fianco o semiseduta richiedono che le gambe sostengano parte del peso del corpo o aiutino nella fase espulsiva.
Per questo motivo:
- È utile alternare le posizioni per evitare sovraccarichi o irrigidimenti muscolari.
- Se si resta per molto tempo a letto, chiedere supporti come cuscini o rulli per migliorare la postura e alleviare la pressione.
- Nel caso del parto con epidurale, in cui le gambe possono temporaneamente perdere forza o sensibilità, il personale sanitario si assicurerà di posizionarle correttamente per evitare danni articolari o muscolari.
Dopo il parto, le gambe possono risentire di crampi, gonfiori o stanchezza, specie se il travaglio è stato lungo. È quindi importante:
- Camminare appena possibile, anche solo per pochi minuti, per stimolare la circolazione.
- Fare leggere mobilizzazioni o stretching, se si è costrette a stare a letto.
- Continuare a utilizzare calze a compressione graduata se indicate dal medico, specialmente in caso di parto cesareo o immobilizzazione prolungata.
Se nei giorni successivi al parto si nota un gonfiore anomalo a una sola gamba, dolore, rossore o calore localizzato, è importante rivolgersi subito a un medico: potrebbero essere segnali di una trombosi venosa che va trattata con urgenza.
Maternità a rischio
Durante la gravidanza, la salute della futura mamma e del bambino viene prima di tutto. E proprio per tutelare questo delicato momento, esiste uno strumento importantissimo: la maternità a rischio, o congedo anticipato di maternità.
Si tratta di un’interruzione anticipata del lavoro rispetto al classico congedo obbligatorio che inizia due mesi prima del parto. La maternità a rischio si può richiedere quando ci sono situazioni che possono mettere in pericolo la salute della donna o del feto.
Quando si può chiedere?
La maternità a rischio può essere richiesta in due casi:
- Rischio per motivi di salute della mamma o del bambino (ad esempio: minacce d’aborto, ipertensione, gravidanze gemellari a rischio, diabete gestazionale, placenta previa, ecc.). In questo caso si parla di maternità a rischio per motivi medico-sanitari e serve un certificato del ginecologo.
- Rischio legato al tipo di lavoro svolto, cioè quando l’attività è ritenuta pericolosa o faticosa per una donna in gravidanza. Per esempio: lavori con esposizione a sostanze tossiche, turni notturni, mansioni pesanti o stressanti, lavori a rischio di infezioni (come nel settore sanitario o scolastico). In questo caso si parla di maternità a rischio per mansioni incompatibili, e bisogna rivolgersi alla ASL o alla Direzione territoriale del lavoro.
Come si richiede?
Il primo passo è sempre parlare con il proprio medico o ginecologo, che valuterà la situazione. Se sussiste un rischio, verrà rilasciato un certificato medico. A quel punto, la domanda può essere inoltrata all’INPS, direttamente online (tramite SPID o patronato).
Una volta approvata, la futura mamma potrà smettere di lavorare prima dei due mesi canonici e riceverà comunque l’indennità, proprio come nella maternità obbligatoria.
Perché è importante?
Prendersi cura della gravidanza fin dai primi mesi è fondamentale. Se il lavoro può creare complicazioni, chiedere la maternità a rischio non è un “privilegio”, ma un diritto. Serve a proteggere la salute della donna e del bambino e ad affrontare la gestazione con maggiore serenità.
Burnout post parto
Il periodo dopo l’arrivo della cicogna è intenso, profondo e delicato nella vita di ogni donna. C’è la felicità per la nascita del bimbo, ma pure il momento in cui il corpo, la mente e le emozioni affrontano una vera e propria rivoluzione. Tra le difficoltà che possono emergere in questa fase, una delle meno riconosciute ma più comuni è il burnout emotivo post parto.
Conosciuto anche come “esaurimento da maternità”, il burnout post parto è una condizione di profondo affaticamento fisico, mentale ed emotivo che può colpire le neomamme, spesso nei primi mesi di vita del bambino. Non si tratta solo di stanchezza, ma di una sensazione costante di svuotamento, irritabilità, apatia e difficoltà a far fronte anche alle normali richieste quotidiane.
A differenza della depressione post partum (che richiede un’attenzione clinica specifica), il burnout non è una patologia, ma può diventarlo se trascurato.
Quali sono i campanelli d’allarme comuni del burnout post parto?
- Senso di colpa costante (“non sto facendo abbastanza”)
- Sensazione di non riuscire a godersi il proprio bambino
- Mancanza di energia anche dopo aver dormito
- Sbalzi d’umore, pianto facile, isolamento
- Rabbia o frustrazione frequente
- Difficoltà a concentrarsi o a prendere decisioni
Le cause possono essere molteplici e spesso si sommano tra loro:
- Privazione del sonno
- Pressione sociale a essere subito “madri perfette”
- Calo degli ormoni che influenza l’umore
- Mancanza di supporto da parte del partner o della rete familiare
- Sovraccarico di responsabilità domestiche e di cura
- Scarsa valorizzazione del ruolo materno nella società
Per affrontarlo parla con amici, partner, psicologo. Dì come ti senti. Chiedi aiuto perché delegare è sano. Ritagliati piccoli spazi per te. Dormi quando puoi farlo e informati, se il caso, da specialisti. Se serve, chiedi supporto. Non sei sola.
Domande frequenti incinta
Quando si è incinta ci sono domande frequenti che le donne si fanno. Si vorrebbe una risposta esaustiva dall’esperto di turno. Proviamo qui di seguito a proporre quelle più comuni e a rispondere.
Incinta le domande frequenti creano ansia, assillano la futura mamma. Niente paura. Una lista non fa mail male e quindi eccola qui.
Le domande frequenti incinta:
1. Posso fare sport in gravidanza?
Sì, se la gravidanza è fisiologica.
Attività come camminata, nuoto, yoga prenatale o ginnastica dolce sono consigliate. Evita sport con rischio di cadute, contatti violenti o sforzi intensi.Chiedi sempre il parere del tuo ginecologo prima di iniziare.
2. Posso tingere i capelli in gravidanza?
Sì, ma con cautela.
Meglio evitare tinte chimiche nel primo trimestre. Usa prodotti senza ammoniaca o preferisci l’henné naturale puro. Applica il colore in luoghi ben ventilati e con poco contatto sulla cute.
3. Cosa non devo mangiare in gravidanza?
Evita:
- Carne cruda o poco cotta
- Pesce crudo (sushi, carpacci)
- Uova crude (zabaglione, maionese fatta in casa)
- Formaggi non pastorizzati (tipo brie, gorgonzola)
- Alcol e superalcolici
- Caffeina in eccesso (massimo 2 tazzine al giorno)
Lava sempre bene frutta e verdura cruda.
4. E’ normale avere nausee o stanchezza?
Sì, è normale.
Nausee, stanchezza, sonnolenza e sbalzi di umore sono frequenti nel primo trimestre, causati da cambiamenti ormonali.
Se le nausee sono molto forti o impediscono di mangiare, parlane con il medico: esistono rimedi sicuri.
5. Posso avere rapporti sessuali durante la gravidanza?
Sì, se non ci sono controindicazioni.
Se la gravidanza è normale, non ci sono rischi. In alcuni casi (placenta previa, minacce d’aborto, perdite), il ginecologo può consigliare di evitare temporaneamente.
6. Devo prendere vitamine o integratori?
Sì, ma solo quelli consigliati dal medico.
Acido folico (prima del concepimento e nei primi mesi) è fondamentale per prevenire difetti del tubo neurale. Altri integratori (ferro, vitamina D, omega-3) vanno valutati caso per caso.
7. Posso viaggiare in gravidanza?
Sì, ma con attenzione.
Il periodo migliore è tra la 14ᵃ e la 28ᵃ settimana. Evita luoghi ad alta quota, zone con malattie tropicali o viaggi troppo lunghi. In auto fai pause frequenti; in aereo, usa calze contenitive e idratati.
8. Quando sentirò muovere il bambino?
Generalmente tra la 18ᵃ e la 22ᵃ settimana, ma può variare.
Nelle prime gravidanze i movimenti si percepiscono più tardi, mentre nelle successive spesso si sentono prima.
9. Quanti chili si possono prendere in gravidanza?
Dipende dal peso di partenza:
- Normopeso: +11/16 kg
- Sovrappeso: +7/11 kg
- Sottopeso: +12/18 kg
Una crescita troppo rapida può aumentare il rischio di diabete gestazionale o parto complicato.
10. Come si riconoscono le contrazioni vere?
Le contrazioni preparatorie (di Braxton Hicks) sono irregolari e non dolorose.
Le contrazioni vere sono regolari, sempre più forti e ravvicinate, e spesso associate a dolore lombare. Se sospetti l’inizio del travaglio, contatta subito l’ospedale.