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Educazione sessuoaffettiva

Giu 23
Scritto da Annamaria avatar

In Italia l’educazione sessuoaffettiva non va benissimo. Gli svedesi fanno meglio di noi. “Ampliando la visuale e allargando l’ambito dalle lenzuola all’educazione sessuoaffettiva in generale, in Svezia lo fanno meglio”, dice Flavia Restivo. La politologa e attivista è founder del progetto Italy Needs Sex Education, che punta a introdurre in modo sistematico e strutturato questo tipo di educazione nelle scuole italiane E’ pure autrice del saggio Gli svedesi lo fanno meglio, edito da Rizzoli. Ne parla a Vanity Fair.

educazione sessuoaffettiva

“La Svezia è un esempio di progressismo ed efficienza. L’educazione sessuale obbligatoria a scuola, a partire da quella dell’infanzia, affidata a esperti qualificati in materia e che modulano il linguaggio in base ai propri uditori, ne fa una delle prime nazioni al mondo per parità di genere e sviluppo sociale ed economico”, spiega Restivo.

“L’educazione alla sessualità, come già accennato, è praticata in tutte le classi scolastiche, dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria superiore, ovviamente con argomenti e programmi declinati in base all’età”, precisa.

E ancora: “Sin da piccolissimi, i bambini e le bambine vengono educati a riconoscere e rispettare i confini del proprio corpo e di quello altrui. Apprendono nozioni fondamentali, come il concetto di ‘spazi personali’ e l’importanza del consenso anche in interazioni semplici come toccarsi o abbracciarsi. Ecco, un messaggio didattico centrale è che ogni bambina e bambino ha il diritto di dire “no” quando non vuole essere toccato, anche in situazioni non strettamente sessuali. Questo aiuta i piccoli a sviluppare un senso di autonomia e sicurezza nei confronti del proprio corpo”.

Restivo chiarisce: “La consapevolezza della propria sessualità passa anche e soprattutto attraverso la conoscenza del corpo umano: ecco che ai bambini s’insegnano tempestivamente i nomi corretti di tutte le parti dell’organismo umano, incluse quelle genitali. Inoltre, attraverso giochi e attività appropriate all’età, i bambini imparano che ci sono differenze tra i corpi di maschi e femmine, senza entrare in dettagli espliciti. Questo approccio riduce la stigmatizzazione e i tabù legati a questo campo, e al tempo stesso promuove una maggiore comprensione anche reciproca”.

“Per sconfiggere gli stereotipi, in molte scuole dell’infanzia svedesi viene adottato un approccio neutrale dal punto di vista del genere”, aggiunge. Questo tipo di aducazione sessuoaffettiva dà i suoi frutti: “la Svezia è tra i Paesi con il più basso tasso europeo di gravidanze adolescenziali, dato da attribuire con certezza all’educazione sessuale precoce e all’accesso facilitato ai servizi di contraccezione”.

“Oltre l’80% dei ragazzi, infatti, utilizza metodi contraccettivi durante i rapporti sessuali (al primo posto il preservativo, seguito dalla pillola anticoncezionale). Infine, anche i tassi di malattie sessualmente trasmissibili tra i giovani in Svezia sono relativamente bassi, tra i più contenuti in Europa, soprattutto per quanto riguarda infezioni come l’HIV”.

Bimbi: ogni quanto spalmare crema solare

Giu 13
Scritto da Annamaria avatar

Per i bimbi questo sarà un weekend a tutto mare, date le temperature già caldissime. Noi mamme spesso ci chiediamo ogni quanto spalmare la crema solare ai piccoli. La pediatra e ricercatrice Elena Scarpato lo chiarisce a Fanpage.

Oltre a chiedervi ogni quanto spalmare la crema solare, ricordate che deve essere applicata con cura non solo su gambe, braccia e torso dei bimbi, ma pure su testa, collo e persino dietro alle orecchie.

La dottoressa dissipa tutti i dubbio su ogni quanto spalmare la crema solare ai bimbi: “Dovrebbe essere applicata più o meno ogni trenta o quaranta minuti. Se però il bambino fa il bagno in mare o si toglie la crema giocando con l’acqua, allora bisogna subito rimettere uno strato di crema per garantire la giusta protezione”.

“In età pediatrica – ricorda la specialista – è bene utilizzare sempre una crema solare con SPF pari ad almeno 50, indipendentemente dal fototipo del bambino”. Nei primi 6 mesi di vita la pelle del neonato è delicatissima, se il vostro piccolino rientra in questa fascia d’età, evitate la sua esposizione al sole!

Bagnetto neonato

Giu 12
Scritto da Annamaria avatar

Il bagnetto al neonato è uno di quei momenti coccolosi che tanto piacciono a noi mamme. Molte glielo fanno quotidianamente: ma è davvero giusto? E’ possibile che così si irriti l’epidermide? La dermatologa Pucci Romano spiega quanto frequentemente fare il bagnetto al neonato sulle pagine del Corriere della Sera.

bagnetto neonato

La docente di Tecniche dermatologiche applicate alla cosmetologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e presidente Skineco è chiarissima. “Non è necessario detergere la pelle di un bambino con sostanze antisettiche e antibatteriche che possono modificarla e impoverirla, rendendola più vulnerabile. Così come non occorre usare prodotti eccessivamente ‘sgrassanti’. E questo è un principio valido per la detersione in generale, che diventa imperativo per la pelle dei più piccoli, già così povera nel suo film idrolipidico, ma proprio per questo ha sempre un buon odore e nessuna imperfezione”, sottolinea. 

“La domanda è: cosa fa il neonato per sporcarsi al punto tale da meritare un bagnetto quotidiano? Di certo non lavora in miniera – prosegue il medico – E’ opinione comune che il bagnetto faccia benissimo, che rilassi il bambino e gli permetta di dormire meglio. Ma è davvero così? Intanto, quando si lava un neonato la paura di fare qualcosa di sbagliato è enorme. Solitamente il bimbo sbraita, si arrossa, piange fino a diventare paonazzo e la mamma si agita, perché la sua inesperienza la spaventa. Inizia poi la sequenza di saponcini e shampoo, facendo attenzione agli occhi. Il neonato viene infine avvolto nel telo di spugna e sfregato per asciugarlo bene e in fretta. Tutte azioni eccessive che danneggiano la sua pelle”.

Con il neonato “l’obiettivo deve essere rimuovere le secrezioni di feci e urine, nel pieno rispetto dell’equilibrio cutaneo. Detergere eccessivamente, soprattutto con prodotti aggressivi, schiumogeni, profumati o ricchi di conservanti, può alterare il film idrolipidico, il pH fisiologico, il microbiota cutaneo. L’utilizzo quotidiano di tensioattivi come SLES o SLS (sodium lauryl ether sulfate / sodium lauryl sulfate) è sconsigliato, poiché rimuove i lipidi epidermici e danneggia la barriera cutanea, predisponendo in futuro a irritazioni, dermatiti e reazioni infiammatorie”.

“In inverno un bagnetto a settimana è più che sufficiente. In estate, si può arrivare fino a 2-3 a settimana se fa molto caldo – consiglia Romano –. Poiché il neonato non ha termoregolazione, lavarlo con acqua tiepida potrà rinfrescarlo. Con la crescita, poi, si aumenterà la frequenza. Il bambino, infatti, inizierà ad andare all’asilo, a giocare al parco, a fare sport, a frequentare la piscina con acqua clorata, suderà e si sporcherà. A quel punto il bagnetto sarà necessario”.

“Per una corretta igiene si possono utilizzare syndet delicati, tensioattivi non ionici come cocoglucoside, sodium cocoyl glutamate, lauryl o decyl glucoside – conclude –. Tutte sostanze che rispettano il film idrolipidico, sono poco schiumogene e non alterano pH cutaneo. Sì anche a detergenti oleosi o latti detergenti, ideali per il cambio pannolino quando non sono presenti feci”.

Prevenzione osteoporosi

Giu 09
Scritto da Annamaria avatar

La prevenzione dell’osteoporosi deve partire sin da piccoli: alimentazione sana e corretta e attività fisica per ridurre i rischi di malattia sono basilari.

prevenzione osteoporosi

L’osteoporosi è una malattia dello scheletro che rende le ossa fragili e più esposte al rischio di fratture. Anche se colpisce soprattutto in età avanzata, la sua prevenzione comincia da piccoli, puntando su una buona alimentazione e uno stile di vita sano.

Infatti, il cosiddetto picco di massa ossea – cioè la quantità massima di tessuto osseo che una persona raggiunge – si costruisce soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza, e si completa intorno ai 30 anni. Un buon picco osseo, secondo gli esperti, può ritardare l’insorgenza dell’osteoporosi anche di 15 anni.

Dopo i 30 anni, la massa ossea si stabilizza per circa 15 anni. Ma, con l’arrivo della menopausa (e, in misura minore, dell’andropausa), inizia un declino fisiologico che può portare alla comparsa della malattia.

“Alle diverse fasi della vita – spiega il prof. Domenico Rendina, del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli – corrispondono diverse esigenze nutrizionali”. Già da piccoli, sono fondamentali calcio, fosforo, magnesio, proteine (soprattutto da latte), rame, zinco e ferro per la formazione dell’osso”. Il prof. Rendina sottolinea anche l’importanza del giusto equilibrio: poco sale, molto potassio, frutta, verdura fresca e, soprattutto in età puberale, attenzione a non eccedere con bevande zuccherate.

Ma non basta mangiare bene: attività fisica regolare e esposizione al sole, in sicurezza, aiutano l’organismo ad assorbire meglio la vitamina D, fondamentale per il metabolismo osseo.

In età adulta, “una dieta equilibrata – continua il professore – deve includere proteine, frutta e verdura fresche, calcio (950-1100 mg al giorno) e, ove necessario, 2-3 porzioni di latticini”. E attenzione anche al sale, da mantenere sotto i 5 g al giorno come raccomandato dall’OMS.

Se con la dieta e il sole non si riesce a raggiungere livelli adeguati di vitamina D, si può ricorrere a integratori, come colecalciferolo, ergocalciferolo o calcifediolo, con dosaggi personalizzati.

Infine, uno studio presentato al 45° Congresso Nazionale della SINU, Società Italiana di Nutrizione Umana, ha confermato che le persone con osteoporosi e fratture hanno una minore aderenza alla dieta mediterranea, consumano troppo sale e troppo poco calcio. Seguire questo modello alimentare resta dunque una delle strategie più efficaci per proteggere le ossa, in ogni età della vita.

Compiti per le vacanze subito sì o no?

Giu 08
Scritto da Annamaria avatar

I compiti per le vacanze vanno iniziati subito sì o no? E’ la domanda che ci affligge tutte ora che è finita la scuola. Gli esperti, ormai sempre più, dicono che è meglio aspettare.

Ai nostri figli serve una pausa. Alla domanda se i compiti per le vacanze vanno fatti subito sì o no, è necessario rispondere di no.Dopo mesi di scuola, orari, zaini pesanti e interrogazioni, i bambini hanno bisogno di staccare davvero. Non solo dal punto di vista fisico, ma soprattutto mentale. Il cervello ha bisogno di recupero per ricaricarsi, elaborare quanto ha imparato, e tornare più pronto. Iniziare i compiti il giorno dopo la fine della scuola rischia di essere controproducente: non lascia spazio alla decompressione e può alimentare un senso di fatica e rifiuto.

Giugno è un momento speciale: le giornate sono lunghe, si respira la libertà appena conquistata, ma si resta comunque a casa o in città per un po’. È il mese perfetto per rallentare, dormire di più, giocare, inventare. E anche per fare cose che allenano comunque il cervello. Qualche esempio? Letture, uzzle, giochi da tavolo, passeggiate in mezzo alla natura o in riva al mare.

Molti genitori temono che, rimandando troppo, i figli si ritrovino ad agosto con montagne di esercizi da fare in fretta e furia. Vero. Ma iniziare subito non è l’unica alternativa. L’ideale è organizzare un ritmo leggero e sostenibile, da iniziare con calma a fine giugno o inizio luglio, dedicando magari solo 30 minuti al giorno.

Nei primi giorni di vacanza, è anche sano annoiarsi un po’. È proprio da quei momenti di vuoto che nascono idee, giochi inventati, storie nuove.

Bambini: regole per sopravvivere d’estate

Giu 04
Scritto da Annamaria avatar

Saranno 13 settimane senza scuola. La psicologa Mara Compagnoni dà le regole per sopravvivere d’estate ai genitori. Per cercare di attenuare i sensi di colpa per non poter stare sempre coi bambini, trovare una routine che funzioni e rimanere calmi e sereni. Tutti, anche i nonni, spesso coinvolti nel ménage famigliare.

bambini regole per sopravvivere in estate

Sono solo 5 le regole per sopravvivere d’estate. Per essere bravi genitori con i propri bambini senza soccombere alle incombenze delle vacanze. Perché, appunto, il tempo fuori dalla scuola è tanto e le vacanze, nei giorni di ferie, quando arriveranno, sono di tutti.

Ecco le 5 regole per sopravvivere d’estate dell’esperta date a Vanity Fair:

1. Mantenere una routine (flessibile)

Rispettare anche durante le vacanze una certa stabilità negli orari e nelle abitudini quotidiane è fondamentale. Non servono schemi rigidi ma avere dei punti fissi, come orari dei pasti o momenti dedicati al riposo, aiuta grandi e piccoli a sentirsi più sereni. La totale assenza di regole, al contrario, rischia di generare disorientamento, irritabilità, confusione, nervosismo e tensioni familiari.

2. Sì a momenti di condivisione

Condividere giochi, sport, lavoretti creativi, piccole sfide in famiglia o attività motorie da fare insieme crea una connessione emotiva e rafforza il legame tra genitori e figli. Questi momenti aiutano a contrastare il senso di colpa che molti adulti provano quando non riescono ad essere presenti come vorrebbero e, allo stesso tempo, stimolano nei bambini il senso di autonomia e collaborazione.

3. Puntare su una comunicazione assertiva, chiara e rispettosa

Le vacanze in famiglia possono essere terreno fertile per i conflitti. Il segreto è parlarsi prima. Esplicitare desideri e aspettative, limiti e bisogni tra i partner e con i figli aiuta a prevenire frustrazioni e incomprensioni. Anche gli eventuali nonni presenti vanno coinvolti in questo patto educativo per mantenere coerenza e armonia.

4. No alla vacanza perfetta, sì alla noia creativa

Idealizzare la vacanza perfetta può generare frustrazione. Le aspettative troppo alte sono, infatti, nemiche del benessere. Meglio programmare meno e adottare un atteggiamento flessibile, aperto all’imprevisto, accettando che non tutte le giornate debbano essere piene di attività. Anche la noia ha un valore educativo perché stimola la creatività, insegna a gestire il tempo libero e contribuisce allo sviluppo dell’indipendenza.

5. Compiti sì ma senza stress

Niente full immersion da subito. Serve una fase di decompressione prima di riprendere con gli impegni. Poi, conviene stabilire una routine sostenibile (30 minuti ogni due giorni per i più piccoli, un’ora per i grandi) per non trasformare i compiti in una punizione. I genitori dovrebbero accompagnare i figli nel processo senza sostituirsi a loro, offrendo supporto emotivo e aiutandoli a tollerare la frustrazione, così da favorire una vera autonomia.

Enuresi notturna: falsi miti da sfatare

Mag 30
Scritto da Annamaria avatar

L’enuresi notturna è il termine medico per indicare la perdita involontaria di urina durante il sonno, comunemente chiamata pipì a letto. Ne soffre fino a 1 bimbo su 10 in età scolare La Società di Pediatria si raccomanda di non sottovalutare il problema. Ecco i falsi miti da sfatare.

eneuresi notturna falsi miti da sfatare

“E’ tempo di superare l’atteggiamento attendista”, dice Pietro Ferrara. Il vicepresidente della SIP e Responsabile del Centro per la cura del bambino con enuresi e altri disordini minzionali al Campus Universitario Bio-medico di Roma non ha dubbi. “L’enuresi notturna non è un disturbo mentale, ma soprattutto non è una colpa, né una ‘svogliatezza’ del bambino. E’ una condizione ben definita, con cause precise, da affrontare con strumenti diagnostici semplici e terapie efficaci. Ma troppo spesso la problematica viene ignorata, anche in ambito medico. La conseguenza? Bambini che si sentono inadeguati, famiglie che si colpevolizzano o rinunciano a chiedere aiuto, e un disagio che si trascina per anni”. 

La Società Italiana di Pediatria diffonde i falsi miti da sfatare e consigli utili per aiutare i bambini e le famiglie.

Passerà da sola, basta aspettare
Uno degli errori più comuni è pensare che l’enuresi sia solo una fase transitoria della crescita e che non serva intervenire. Ma le evidenze scientifiche dimostrano che questa aspettativa è spesso infondata. I bambini che bagnano il letto frequentemente (più di cinque notti a settimana) hanno solo il 50% di probabilità di acquisire la continenza notturna prima dell’età adulta. Rinviare la diagnosi e il trattamento, quindi, non significa “aspettare che passi”, ma rischiare di cronicizzare un disturbo che può diventare sempre più pesante sul piano emotivo e relazionale.

E’ solo un problema psicologico
L’enuresi primaria non nasce da traumi o stress emotivi, come spesso si crede. Al contrario, può essere causa di disagio psicologico, non effetto. Le cause principali sono fisiologiche: una produzione inadeguata di ormone antidiuretico (vasopressina), un ritardo nella maturazione dei circuiti cerebrali che regolano il risveglio, oppure una vescica iperattiva o non sufficientemente allenata. È un disturbo che può avere riflessi psicologici, soprattutto se viene trascurato o poco considerato.

Dorme troppo profondamente, non sente lo stimolo
Non è vero che i bambini con enuresi hanno un sonno più profondo del normale. Gli studi dimostrano che il problema è una ridotta capacità di risveglio in risposta al segnale della vescica piena, spesso per un’anomalia dell’attività del locus coeruleus, un’area del cervello che regola la risposta agli stimoli interni ed esterni. Di fatto, il sonno è più frammentato e meno riposante, con possibili effetti negativi anche sulla concentrazione diurna e sul rendimento scolastico.

Svegliarlo di notte per farlo urinare lo aiuta a guarire
Può sembrare una soluzione pratica, ma in realtà è controproducente. Accompagnare il bambino in bagno durante il sonno, magari svegliandolo a orari fissi, non favorisce l’apprendimento del controllo vescicale. Il bambino urina meccanicamente, senza associare l’azione allo stimolo fisiologico. Inoltre, il sonno disturbato compromette la qualità del riposo e può peggiorare la situazione. Il cervello ha bisogno di imparare a rispondere allo stimolo della vescica da solo.

Se non ne parla, vuol dire che non gli pesa
Molti bambini non esprimono apertamente il disagio, ma lo vivono intensamente. Possono provare vergogna, sentirsi diversi dai coetanei, evitare di dormire fuori casa o partecipare a gite scolastiche. Alcuni si colpevolizzano, altri si chiudono in sé stessi. È fondamentale che gli adulti siano in grado di cogliere questi segnali silenziosi e offrano sostegno senza giudizio.

Il bambino ha la vescica troppo piccola, non c’è nulla da fare
Spesso la vescica è perfettamente normale dal punto di vista anatomico, ma “piccola” dal punto di vista funzionale. In molti casi, basta un corretto schema di idratazione (più liquidi al mattino e meno la sera) e una regolarità nell’urinare per allenarla a contenere di più.

Se il bambino non è motivato, la terapia è inutile
Molti bambini appaiono disinteressati solo perché si sentono inadeguati o colpevolizzati. Un corretto approccio educativo, centrato sull’ascolto e sul rispetto dei tempi del bambino, può rafforzare la sua motivazione. Il sostegno empatico della famiglia e del pediatra è essenziale per costruire un percorso efficace. Va valutato inoltre da caso a caso la possibilità di terapia farmacologica.

I consigli della Società Italiana di Pediatria

Incentivare un’idratazione regolare durante il giorno
Incoraggiare il bambino a bere almeno un litro e mezzo d’acqua tra le 8.00 e le 18.00, distribuendo i liquidi in modo equilibrato. Questo riduce la sete serale e aiuta la vescica ad allenarsi con minzioni frequenti.

Promuovere l’abitudine a urinare regolarmente
Invitare il bambino a svuotare la vescica ogni 2,5-3 ore durante il giorno. Una vescica ben allenata aumenta la propria capacità e favorisce il controllo notturno.

Prestare attenzione all’alimentazione serale
Evitare di consumare a cena cibi molto liquidi (come minestre o brodi) o ricchi di calcio e sodio, come latte, formaggi stagionati, salumi e alimenti conservati. Questi elementi aumentano la produzione di urina nelle ore notturne e possono interferire con la capacità della vescica di trattenere i liquidi durante il sonno.

Curare eventuali episodi di stitichezza
Un intestino non svuotato correttamente può comprimere la vescica e stimolare l’iperattività vescicale. Affrontare la stipsi è un passo fondamentale nella gestione dell’enuresi.

Rispettare i tempi del bambino e favorire la fiducia
Un bambino che si sente accolto e supportato è più disposto a collaborare. È importante parlare apertamente del problema senza colpevolizzarlo, valorizzandone i progressi.

Affidarsi al pediatra per una guida personalizzata
Il pediatra è il primo riferimento per valutare la situazione, distinguere le diverse forme di enuresi e impostare, se necessario, un trattamento adeguato o un invio specialistico.

Ragazzi liberi dal fumo

Mag 28
Scritto da Annamaria avatar

I ragazzi devono essere liberi dal fumo e lo dico io che sono, ahimè, un’ex fumatrice. E ho iniziato a 16 anni con le bionde. Il numero di giovani tra i 13 e i 15 anni che consumano tabacco nel mondo continua a crescere e questo è folle. Sono 37 milioni!

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Il manifesto “GenZero Fumo” è un’iniziativa della LILT Milano Monza Brianza, lanciata in occasione della Giornata Mondiale Senza Tabacco, con l’obiettivo di sensibilizzare i giovani sui rischi del fumo e promuovere una generazione libera dal tabacco. Il manifesto si articola in sette punti chiave, ognuno rappresentato da illustrazioni colorate e messaggi diretti, pensati per coinvolgere e informare i ragazzi in modo efficace. Così che siano finalmente liberi dal fumo per loro scelta consapevole.

I 7 punti del manifesto “GenZero Fumo”:

  1. Scelgo la mia salute
    Rifiuto il fumo per proteggere la mia salute e quella di chi mi circonda.
  1. Non mi faccio ingannare
    Riconosco le strategie del marketing del tabacco e non mi lascio sedurre da esse.
  1. Non sono una moda
    Non seguo le mode dannose; scelgo ciò che è meglio per me.
  1. Mi impegno per un pianeta più pulito
    Evito il fumo per contribuire a un ambiente più sano e sostenibile.
  1. Proteggo la libertà di tutti
    Rispetto la libertà altrui evitando di esporre gli altri al fumo passivo.
  1. Mi informo e informo
    Cerco informazioni accurate sui danni del fumo e le condivido con gli altri.
  1. Siamo il cambiamento
    Insieme possiamo creare una generazione libera dal fumo.

Questi punti mirano a responsabilizzare i giovani, incoraggiandoli a fare scelte consapevoli per la loro salute e quella della comunità. Svelare l’inganno del fumo è l’obiettivo del progetto Nicotine & Tobacco Free coordinato da LILT Milano, in collaborazione con l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e le associazioni provinciali di Campobasso, Firenze, Lecco, Napoli, Oristano, Trento, e con il contributo di LILT nazionale. La Giornata Mondiale senza Tabacco si celebra, come sempre il 31 maggio.