Diabete: come mangiare i carboidrati

Chi soffre di diabete ha problemi di glicemia. Sapere come mangiare i carboidrati, che fanno bene a tutti, è fondamentale. Ne so qualcosa io che durante la gravidanza ho avuto la curva glicemica che si è alzata vertiginosamente e ho dovuto stare attenta con alimentazione, ripetendo i controlli dal settimo mese di gestazione in poi.

Come mangiare i carboidrati per chi soffre di diabete o chi è geneticamente portato alla glicemia alta lo spiega al Corriere della Sera Ilaria Prandoni. La biologa e nutrizionista di Palazzo della Salute del Gruppo San Donato è chiarissima. “La distinzione carboidrati ‘semplici’ e ‘complessi’ è importante perché quelli complessi si assimilano più lentamente a livello intestinale e non creano ‘picchi glicemici’ post prandiali, quindi contribuiscono a mantenere la glicemia più stabile. Mentre quando si mangia un carboidrato semplice si ha un innalzamento più rapido della glicemia. Ecco perché bisogna privilegiare i carboidrati complessi e consumarli a colazione, pranzo e cena preferibilmente nella versione integrale”.
“Può essere utile considerare l’indice glicemico dei singoli alimenti e ancor più il carico glicemico un parametro che stabilisce l’impatto sulla glicemia di un pasto contenente carboidrati – dice l’esperta – Nei diabetici bisogna evitare carichi glicemici elevati”.
“I carboidrati semplici si dividono in quelli ‘naturalmente presenti’ negli alimenti (nei vegetali e nei latticini) e quelli ‘aggiunti’, che vengono aggiunti agli alimenti (lo zucchero da tavola, gli zuccheri usati dall’industria alimentare o gli edulcoranti). Il paziente con diabete può bere il latte e mangiare la frutta (due porzioni al giorno). Alimenti che contengono naturalmente zuccheri. Ma dovrebbe eliminare o limitare molto il consumo di tutti i prodotti che contengono zuccheri ‘aggiunti’. Quindi i dolciumi, le bevande zuccherate, i succhi di frutta zuccherati”.
Come mangiare i carboidrati col diabete è basilare. Sui dolci la nutrizionista dice: “Uno alla settimana”. “Deve essere incoraggiato il consumo di cibi ricchi di fibre. Perché regolano l’assorbimento di carboidrati e grassi e modulano i picchi post-prandiali di glicemia – spiega la specialista –. Anche la verdura, ricca in fibra, va a regolarizzare l’assorbimento a livello intestinale dei carboidrati. Quindi consumata ad esempio con pasta e riso è ottima. Con la stessa funzione può essere utilizzata come spuntino. Anche i legumi, nonostante contengano una quota di carboidrati, sono da considerare una fonte proteica e di fibra. Si possono mangiare in associazione con pasta e riso: il piatto unico che si verrà a creare sarà più bilanciato a livello di assorbimento degli zuccheri”.
“Anche le persone in salute devono seguire una dieta sana, bilanciata e preventiva rispetto al diabete, che è una malattia molto diffusa. La dieta mediterranea preserva la salute e previene l’insorgenza di patologie croniche degenerative tra le quali anche il diabete. Anche per chi deve dimagrire questi sono i consigli alimentari giusti, che devono essere declinati con le quantità soggettive adatte a configurare una dieta ipocalorica rispetto ai fabbisogni”, conclude Prandoni.
Cibi che abbassano il colesterolo

E’ un guaio quando questo valore sale, come nel mio caso ad esempio. Come cercare di farlo tornare normale? L’alimentazione può aiutare, ecco i cibi che abbassano il colesterolo.
Il colesterolo, quello ‘cattivo’, porta noi tutti a rischio di malattie cardiovascolari. I Cibi che lo abbassano quindi ci danno una mano a sconfiggere, almeno in parte, questa molecola di grasso.
Tra i cibi che abbassano il colesterolo ci sono sicuramente i cereali integrali: vanno mangiati, con porzioni regolari, dalle 2 alle 4 volte la settimana. Ottimi l’avena e l’orzo, buoni farro e quinoa, come anche la segale. Pane, pasta devono essere di grano non trattato, appunto. Il riso è preferibile nero.
Anche i legumi fanno bene, sempre dalle 2 alle 4 volte la settimana. Ceci, fagioli, fave, piselli e lenticchie sono un toccasana, ricchi di proteine e sali minerali, tra i quali il ferro, utile a ridurre il colesterolo cattivo, potassio, che riduce la pressione sanguigna, e il fosforo.
Non dimentichiamoci della frutta secca, mandorle e noci su tutta, e i frutti di bosco. Mirtilli, fragole, lamponi servono contro il colesterolo. Per questa vanno bene 2 volte al giorno. Ultime, ma sempre in prima fila, le verdure, ricche di fibre, fanno sì che il colesterolo venga assorbito di meno nell’intestino. Quotidianamente con loro potete esagerare: vanno bene anche 2 o 3 porzioni al dì.
Acqua di mare non cura ferite

Cosa ci hanno sempre detto da bambini? Che se avevamo un graffio e stavamo in spiaggia, bastava entrare in acqua per disinfettare il taglio. Invece questo non è vero. L’acqua di mare non cura le ferite. Tenetelo bene a mente ora che si va nuovamente verso la bella stagione, anche con i vostri figli, anzi, soprattutto con loro.

“Il mare e i raggi solari non hanno alcun effetto curativo”, spiega Giovanni Papa. Il presidente dell’Associazione italiana ulcere cutanee ETS (AIUC), direttore del Dipartimento di Chirurgia plastica dell’Ospedale di Cattinara (Trieste) Non ha dubbi. “Sono infatti solo vecchi luoghi comuni che, nella migliore delle ipotesi, non fanno né bene e né male. Nella peggiore, invece, possono complicare piccole lesioni , rovinando le vacanze”, sottolinea.
Non cura le ferite, anzi: l’acqua di mare potrebbe addirittura infettarle. “L’acqua di mare, che molto spesso e tutt’altro che ‘pulita’, aumenta le probabilità che una lesione venga infettata da diversi microrganismi , dando così origine a complicazioni più o meno gravi. Dalla formazione di ascessi a rare forme di infezioni batteriche, fino a infezioni alle ossa e alle articolazioni – precisa il medico – . I soggetti fragili, come ad esempio coloro che hanno patologie epatiche o il diabete, o che sono immunodepresse, presentano un rischio di infezione ancora maggiore”.
L’acqua di mare non cura le ferite e non lo fa neppure il sole. “I raggi solari non guariscono le ferite, né accelerano la loro guarigione e né riducono il rischio di infezioni – precisa l’esperto – In realtà, l’esposizione al sole può indurre un’iperpigmentazione della pelle, ovvero una macchia sulla parte di pelle in cui si trovano le ferite. La macchia che in questo modo si è venuta a creare dopo l’esposizione al sole delle ferite, può restare a lungo anche dopo l’avvenuto processo di cicatrizzazione. Pertanto le ferite andrebbero coperte e protette anziché esposte al sole”.
Per curare le ferite per il medico bisogna usare i soliti rimedi: “Disinfettante, cerotti o garze sterili: sono questi gli unici rimedi ‘fai da te’ concessi. Per accelerare la guarigione delle ferite possono essere utilizzati specifici prodotti da banco. Ad esempio pomate, spray o garze a base di estratto del grano. Quest’ultimo è particolarmente efficace nel favorire il processo di cicatrizzazione. Se quindi non vogliamo che una piccola ferita rovini le nostre vacanze è opportuno affidarsi agli unici rimedi che si sono dimostrati scientificamente validi per la disinfezione e la guarigione. Anche se piccole, le lesioni andrebbero opportunamente protette dall’acqua del mare e dal sole. Evitando, perciò, per pochi giorni, in base alla profondità della ferita, l’esposizione diretta a entrambi”.
Smog: cosa fare

Lo smog affligge le grandi città, Roma è tra queste. Cosa fare con i bambini? Le raccomandazioni della Società italiana di pediatria (Sip) aiutano a proteggere i bambini.

“Se vero che la soluzione del problema è demandata principalmente a programmi di salute pubblica decisi e guidati dalle istituzioni – sottolinea la presidente della Sip, Annamaria Staiano all’Adnkronos – è altrettanto importante ricordare come ciascuno di noi possa fare la differenza adottando comportamenti virtuosi per aiutare a ridurre l’inquinamento atmosferico e migliorare la salute di tutti”.
Lo smog, come rileva la Commissione Ambiente della Sip, mette a rischio la salute respiratoria nei bambini. Non solo, può essere assai deleterio anche in gravidanza. Cosa fare quindi?
Per cercare di arginare i problemi legati al troppo smog ecco cosa fare:
Transitare poco in zone trafficate. Quando i rischi ambientali aumentano sarebbe preferibile uscire esclusivamente in aree verdi, evitando lunghi transiti in zone particolarmente trafficate, ricordando che girare con il passeggino in strade altamente trafficate genera sicuramente dei rischi maggiori in quanto il bambino è all’altezza dei gas di scarico.
Muoversi a piedi, in bici o con i mezzi pubblici. Non solo per ridurre il proprio impatto ambientale e quello del nucleo familiare, una delle indicazioni più semplici è, quando possibile, muoversi a piedi, con i mezzi pubblici o con la bicicletta. Scegliere luoghi di riferimento per le proprie attività che si trovano nel quartiere, specie nelle grandi città, può aiutare. Dalla scuola, alla spesa fino agli hobby pomeridiani dei più piccoli.
D’inverno fuori nelle ore più calde, d’estate il contrario. Durante l’inverno infatti con il freddo il particolato si condensa a formare goccioline di aerosol più facilmente inalabili. Meglio dunque stare fuori casa nelle ore più calde, mentre d’estate sono le ore centrali della giornata quelle da evitare, perché nei mesi estivi i livelli di ozono aumentano nel corso della giornata con l’aumentare della temperatura.
Alla guida velocità moderata e motore spento da fermi. Prediligendo se possibile i modelli di auto meno inquinanti, al volante è importante rispettare le disposizioni sui limiti di accesso alle zone a traffico limitato o i divieti di circolazione nella fascia verde nelle giornate particolarmente inquinate, moderare la velocità, mantenere spento il motore se non necessario.
Far diventare ‘green’ anche il proprio condominio. Anche a casa si può fare molto. Ad esempio sensibilizzare il condominio a valutare l’opportunità per il riscaldamento a minore impatto sull’ambiente. Questo tenendo conto del fatto che gli impianti di riscaldamento a combustibili non gassosi dovrebbero essere convertiti a metano. E che gli impianti di riscaldamento condominiali esistenti dovrebbero essere ristrutturati secondo le tecnologie della termoregolazione della temperatura degli ambienti e contabilizzazione del calore.
Parola d’ordine: prevenzione

Dobbiamo sottoporci a regolari controlli medici: gli esami, fatti per tempo, possono salvarci la vita. La parola d’ordine per sconfiggere ‘l’intruso’ è prevenzione. E dobbiamo farla tutti: uomini, donne, ragazzi, bambini.
Un regime alimentare sano rappresenta uno dei pilastri della prevenzione oncologica, soprattutto se abbinato ad uno stile di vita regolare, privo di fumo, con un consumo moderato di alcolici ed una costante attività fisica.
Contro lo stress ossidativo e la formazione di radicali liberi, responsabili di processi infiammatori e malattie degenerative, un contributo significativo è offerto dal consumo quotidiano di olio extravergine di oliva, ricco di sostanze polifenoliche antiossidanti e acido oleico che, secondo una revisione condotta da ben 45 studi scientifici, riduce del 31% i rischi di qualsiasi tipologia di tumore.
Per questo, la LILT – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori – ed Unaprol, Consorzio Olivicolo Italiano hanno siglato un protocollo d’intesa finalizzato a promuovere il valore curativo dell’Olio EVO.
La parola d’ordine è prevenzione. Quella primaria, attraverso campagne informative, pubblicazioni di opuscoli, educazione sanitaria, interventi nelle scuole, eventi. Quella secondaria attraverso esami e controlli periodici effettuabili presso gli Spazi Prevenzione/Ambulatori delle Associazioni Provinciali. Quella terziaria, curando le problematiche che insorgono durante il percorso di vita di chi ha sviluppato un tumore attraverso pratiche quali l’assistenza domiciliare, la riabilitazione fisica e psichica e il reinserimento sociale e occupazionale del malato oncologico.

Con l’arrivo della primavera, come ogni anno, la LILT organizza la Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica, che si terrà dal 16 al 24 marzo in tutte le maggiori piazze italiane per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della dieta mediterranea ed in particolare dell’olio EVO, prodotto tipico italiano utile a prevenire l’insorgere anche di tumori.
La conferenza stampa di lancio della Settimana Nazionale della Prevenzione Oncologica si è tenuta il 13 marzo presso l’Auditorium del Ministero della Salute. Presenti il Ministro della Salute Prof. Orazio Schillaci, l’On. Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura, il Presidente Nazionale LILT Francesco Schittulli e David Granieri, Presidente UNAPROL.
In occasione della SNPO, le Associazioni LILT metteranno in offerta bottiglie d’olio italiano extra vergine d’oliva realizzato in collaborazione con Unaprol. Il ricavato sarà utilizzato per finanziare la prevenzione contro il cancro. Parallelamente alla Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica,la LILT, dal 21 al 23 marzo, terrà la 1° edizione del Festival della Prevenzione. Tre giorni di talk con esperti, giornalisti e celebrity, workshop, eventi e visite gratuite. Per mettere al centro la prevenzione oncologica e ridurre l’impatto dei tumori sulle nostre vite, che si terrà a Milano.
Fatene un vostro mantra di vita: tenetelo bene a mente, consigliatelo a chi è scettico. La parola d’ordine deve essere prevenzione. Sempre.
Vescica iperattiva

Dopo i 40 molte di noi, mamme e non, possono avere questo problema, quello della vescica iperattiva. Ossia andare in bagno per la pipì troppo spesso.

La sindrome della vescica iperattiva “risulta fino a tre volte più comune nel sesso femminile rispetto a quello maschile”, spiega Emanuele Montanari al Corriere della Sera.
Il professore di Urologia dell’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Unità operativa complessa di urologia dell’Irccs Policlinico di Milano è chiaro. “Di solito nella donna si manifesta dopo i 40 anni o a ridosso della menopausa, mentre nell’uomo verso i 50-60 anni, comportando il bisogno urgente di urinare, in genere accompagnato da minzioni frequenti sia di giorno sia di notte e talvolta anche da una perdita involontaria di urina”.
Quali sono le cause della vescica iperattiva? “Sono due le teorie più accreditate. Entrambe chiamano in causa un anomalo controllo delle ‘centraline nervose’, collocate nel cervello e nella colonna vertebrale. Quelle che in condizioni normali permettono il fisiologico riempimento e svuotamento della vescica. Una teoria mette al centro la vescica, in particolare il tessuto che la riveste internamente (urotelio) il quale sarebbe più sensibile a stimoli meccanici o chimici. L’altra teoria vede coinvolto il muscolo detrusore che avvolge la vescica: eccitandosi spontaneamente provocherebbe lo stimolo impellente a urinare prima che la vescica si sia riempita a volumi normali. Esistono poi alcuni fattori di rischio come l’obesità, l’ipertrofia prostatica nel maschio, la stitichezza e l’assunzione di alcuni farmaci”, precisa l’esperto.
Come si riconosce? “In genere è sufficiente una visita urologica con la compilazione di un diario minzionale e la raccolta della storia del paziente, con l’esclusione di altre patologie. Fondamentale eseguire un semplice esame delle urine con valutazione del sedimento. Per eliminare, ad esempio, le infezioni come possibile causa. Possono poi essere richieste altre indagini come l’ecografia e, nei casi dubbi, lo studio urodinamico”.
Per porvi rimedio limitare il consumo di liquidi, caffè e fumo o perdere peso. Solo in rari casi si ricorre alla chirurgia. “La terapia comportamentale associata agli esercizi per rinforzare il pavimento pelvico è in grado di ridurre i fastidi nel 50-80% dei casi”, dice Montanari
4 zuccheri ‘amici’

Lo zucchero porta dipendenza. Ormai è cosa arcinota. Io, ad esempio, l’ho ridotto al minimo indispensabile. Ma se noi mamme, e anche i papà vogliamo ridurre il girovita e, soprattutto, non vogliamo che i nostri bambini crescano in modo sbagliato, è indispensabile porci un freno. L’esperta Caterina Negro a La Gazzetta dello Sport rivela i 4 zuccheri ‘amici’ della dieta sana ed equilibrata.

“Secondo le linee guida dell’ISS, l’Istituto Superiore di Sanità, la quota di zuccheri semplici introdotta ogni giorno con la dieta dovrebbe essere al massimo il 10% dei carboidrati totali. Nella vita di tutti i giorni, non si può parlare di ‘zuccheri amici della dieta’”, sottolinea la nutrizionista e biologa. Poi aggiunge: “Per fortuna; in natura non esistono alimenti composti da soli zuccheri semplici. Ecco quattro alimenti dolci da consumare in pace con dieta e coscienza”.
La Negro parla dei 4 zuccheri ‘amici’. “Pur contenendo una grande quantità di zuccheri semplici, in particolare fruttosio, la frutta apporta acqua, fibre, sali minerali, vitamine e fito-nutrienti. Scegliere frutta non troppo matura, biologica e varia. Tra i frutti meno zuccherini ci sono le fragole e i frutti di bosco e che tra quelli con più zucchero rientrano mango, cachi e mandarini”. Lancia pure un’idea per il dessert: “Frulla una banana congelata con due cucchiai di yogurt greco”.
Non è tutto. Tra i 4 zuccheri ‘amici‘ c’è anche il latte senza lattosio: “E’un alimento completo che può soddisfare il desiderio di dolcezza. L’idea in più? L’aggiunta di un cucchiaio di cacao”. Poi c’è il miele: “”A differenza dello zucchero da cucina contiene però vitamine, minerali, antiossidanti e proprietà antibatteriche. Ogni diverso miele ha specifici effetti benefici: quello di eucalipto è alleato contro le infezioni urinarie, di castagno aiuta la digestione, di tarassaco ha proprietà depurative. Il suo elevato potere calorico richiede di non abusarne, ma la rapida assimilabilità lo rende perfetto prima di un allenamento o durante un endurance: in questi momenti un cucchiaio di miele fornisce, con estrema dolcezza, la giusta carica di energia”.
Ultimo, ma solo nella lista, è un cibo che si considera erroneamente molto calorico: “In realtà la zucca è un frutto, fornisce poche calorie, la varietà mantovane circa 18kcal per 100 grammi; tutti però conoscono la sua dolcezza. L’avete mai usata come ingrediente principale in torte, muffin o biscotti? Fatelo; rimarrete soddisfatti”.
Vitamina D importante anche in inverno

La vitamina D è importante anche in inverno, quando stare al sole è decisamente più complicato. Serve agli adulti e ai bambini, pure in gravidanza è essenziale.

Dà una mano alla crescita dei bambini, aiuta la conservazione del tessuto osseo negli adulti e la stimolazione del sistema immunitario. “Ha anche un ruolo neuro protettivo ed è coinvolta nella sintesi della serotonina, l’ormone del benessere”, spiega Gaia Gottardi, biologa, nutrizionista a La Gazzetta dello Sport. “La vitamina D viene sintetizzata dalla pelle sotto l’effetto dell’esposizione ai raggi UVB e il sole è raro in inverno. La carenza di vitamina D è quindi spesso la causa del diffuso calo del tono dell’umore in inverno. Carenze ripetute favoriscono l’osteoporosi e l’indebolimento del sistema immunitario”.
Importante anche in inverno, la vitamina D è irrinunciabile. L’esperta spiega: “Per rimediare a questo è bene esporre le mani, le braccia e il viso al minimo raggio di sole. Se questi momenti diventano troppo rari, l’alimentazione può consentire di aumentare l’assunzione senza sostituirsi del tutto. Non bisogna fare affidamento solo al cibo per combattere una carenza, ma prestare attenzione a ciò che si mangia può aiutare. La vitamina D si trova nei pesci grassi come il salmone, le aringhe e il tonno, nei latticini, nell’olio di fegato di merluzzo, in alcuni funghi come gli shiitake e nelle uova”.
“La vitamina D3, quella sintetizzata dalla pelle, può essere assunta anche sotto forma di integratori alimentari, in fiale o capsule”, precisa Gaia Gottardi.
“La carenza di questa vitamina è associata a un rischio maggiore di fratture e fragilità ossea, soprattutto a livello del femore, e rende essenziale mantenerne livelli ottimali. Anche situazioni di debolezza e dolori muscolari possono ricondurre a un’insufficienza di vitamina D. Svariati studi confermano migliori performance in sportivi che si espongono spesso al sole, rispetto a chi non si espone a sufficienza. La vitamina D aumenta la forza, l’attività dei muscoli e rallenta la perdita di massa muscolare, fenomeno che avviene a causa dell’invecchiamento del corpo. Buoni livelli di vitamina D negli atleti di sport aerobici potrebbero ridurre la frequenza cardiaca e migliorare l’ossigenazione dei tessuti. Stabilirne livelli normali nell’atleta permette un recupero quasi immediato della cellula per la produzione di ATP, l’energia fondamentale e necessaria per la contrazione muscolare”, conclude l’esperta. E’ importante e necessaria, non dimenticatelo.