Preadolescenza

Giu 01
Scritto da Annamaria avatar

Gestire la preadolescenza di un figlio non è facile. Vi assicuro, parlo con cognizione di causa: mia figlia ha 11 anni e mezzo…

La preadolescenza va in genere dai 9 ai 12 anni, quell’età di mezzo in cui i bambini iniziano a cambiare fisicamente e cominciano pure ad avere una personalità più definita.

Per quanto mi riguarda, per saperne di più sulla preadolescenza, sto leggendo un libro utilissimo, scritto da Alberto Pellai e Barbara Tamborini, “L’età dello tsunami – Come sopravvivere a un figlio pre-adolescente”, edito da De Agostini.

Ecco 10 consigli tratti dal libro e riportati pure sul settimanale Gioia.

  1. La pazienza serve non basta – Il cervello emotivo spinge i preadolescenti a dire (e a fare) cose che in realtà non pensano, e noi a entrare in territori che non vorremmo mai esplorare con lui, come l’ostilità e la rabbia. Ci sentiamo inadeguati perché magari durante un litigio nostro figlio ci apostrofa con parole che non aveva mai usato (e osato) prima. La preadolescenza è un concetto moderno, ma anche un passaggio fondamentale in cui si compie la prima transizione importante dalla totale dipendenza (dagli adulti) alla semiautonomia: a quest’età noi “grandi” abbiamo un ruolo fondamentale e possiamo fare la differenza. Ecco perché è cruciale non sentirti solo travolti (e stravolti), ma informarsi e acquisire strumenti per aiutare i nostri figli ad andare nella direzione giusta.
  2. Ogni preadolescente è unico – Dimmi che bambino sei stato e ti dirò che adolescente diventerai: la preadolescenza è il frutto dell’esperienza vissuta da bambini. Educare un preadolescente non è una sfida che parte da zero: madri, padri e figli hanno già costruito nell’infanzia consuetudini e modelli. Il consiglio è partire da una riflessione: qual è stata l’ultima volta che avete affidato a vostro figlio un compito nuovo, che per lui rappresentava una sfida? Come se l’è cavata? In questa delicata fase il figlio si trasforma: da cucciolo da proteggere a ragazzo sempre più autonomo.
  3. Fare una mappa delle emozioni – Lo sviluppo mentale dei preadolescenti è in piena fase evolutiva: ma l’arte di pensare è una pratica da allenare e da sviluppare! La scuola stimola le abilità cognitive e di ragionamento, ma a casa tocca ai genitori pensare all’educazione emotiva dei figli. Da preadolescenti iniziano a crearsi una mappa non solo delle emozioni che provano, ma anche dei comportamenti leciti e di quelli da evitare, e a costruire il proprio senso etico.
  4. Un cervello in crescita – Durante la preadolescenza (e anche l’adolescenza) la corteccia prefrontale, legata alla valutazione del rischio e alla gestione e regolazione degli impulsi aggressivi, non è ancora del tutto matura: la parte emotiva è iperattiva, in cerca di emozioni ed eccitazione, mentre quella cognitiva non è ancora sviluppata al punto di porle un freno. Il solo fatto di sapere che lo strano comportamento di un figlio ha una solida base neurologica può essere di conforto a un genitore stressato…
  5. A loro rischio e pericolo – Non sempre i ragazzi sono inconsapevoli dei pericoli che corrono, ma possono decidere ugualmente di compiere un’azione perché la gratificazione che ne deriva è superiore al rischio stesso. Colpa della dopamina, che si impenna quando il ragazzo prova sensazioni forti, e regala piacere, vitalità e benessere. Il preadolescente è impulsivo, a rischio dipendenze (da alcol e droghe), in deficit di razionalità: l’adulto può aiutarlo a coltivare uno schema di pensiero capace di perseguire i valori positivi prima e più della gratificazione immediata.
  6. Aspettare? Non basta – Il vecchio detto “basta aspettare, poi passerà” è assieme vero e non vero. Durante la preadolescenza il cervello dei ragazzi è estremamente sensibile all’allenamento e al rinforzo dei circuiti neuronali che integrano parte emotiva e cognitiva. No ad atteggiamenti educativi lassisti, discontinui o troppo permissivi: li convincerebbero che nella vita hanno diritto a tutto, senza subire conseguenze. In questo momento la plasticità cerebrale è altissima e risponde molto bene agli stimoli proposti dagli adulti. Anche se non sembra…
  7. Ormai è grande? – Alcuni genitori trattano i preadolescenti come piccoli adulti. È giusto che sperimentino ma a noi “grandi” tocca vegliare ancora a lungo sulla loro crescita, per impedire all’autonomia di trasformarsi in autogol. Stabilire regole chiare e farle rispettare è fondamentale: no al consumo di alcol e tabacco, orari precisi per il rientro a casa… prima di poter dire “sa decidere da solo” bisogna aspettare ancora un po’.
  8. Litigare è normale – Noi genitori non dovremmo farci sfiancare dalle discussioni, ma coglierle come un’occasione… per un preadolescente litigare è il modo più semplice per dirci che la pensa diversamente da noi su qualcosa. Essere in conflitto è per lui la prova concreta che può mettersi all’altro capo della fune e cominciare a tirare in una direzione opposta a quella di mamma e papà: alla sua età è fondamentale non avere sempre le stesse opinioni degli adulti.
  9. La rabbia esplode spesso ma poi passa – La rabbia in preadolescenza è di tipo esplosivo: una vera eruzione che invade il cervello emotivo e per un po’, come abbiamo visto, gli impedisce di connettersi con il cervello cognitivo. La buona notizia è che molto spesso passa in fretta, e il buonumore torna con la stessa velocità con cui si è innescata la reazione aggressiva. Predicozzi e spiegazioni nella fase di eruzione non portano a nulla, anzi rischiano di peggiorare le cose.
  10. Con il sorriso – Anche se a volte vorremmo schiacciare il tasto “rewind” e riportare il nostro preadolescente indietro di un paio d’anni, cercare di affrontare con il sorriso le sue esplosioni è il miglior modo per spingere anche lui a usare l’ironia al posto di quella dell’aggressività: provare per credere. E poi, è bello vedere un bambino tentare di trasformarsi in giovane comico; possiamo riscoprire anche noi la voglia di divertire e divertirci, che in realtà dovremmo tener viva… per l’intera esistenza.

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