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Viaggiare: cosa fare a Parigi coi bambini

Nov 17
Scritto da Annamaria avatar

E’ la capitale di Francia e la amo moltissimo, spero di tornarci molto presto. Se per le festività natalizie state pensando di viaggiare, eccovi qualche consiglio su cosa fare a Parigi coi bambini.

mother and daughter travellers sitting on the parapet in Paris

Viaggiare in famiglia è bello, divertente e possibilissimo. Cosa fare a Parigi coi bambini al seguito? Tenete presente che è una città piena di parchi giochi, oltre chiaramente a Dineyland Paris, in cui ristoranti e hotel, nonché spazi culturali, offrono tanto ai più piccoli.

Ecco cosa fare a Parigi coi bambini, perché viaggiare insieme ai proprio cari è appagante e regala ricordi indelebili:

Andare al Jardin du Luxembourg, 23 ettari che Napoleone dedicò proprio ai piccoli. Si può giocare con le barche a vela degli anni ’20 sul laghetto ottagonale, assistere a spettacoli di marionette, fare giri sulla giostra, cavalcare i pony.

Pure il Parc de la Villette ha parchi giochi, musei, musicva. Invece gli spettacoli di marionette si possono guardare anche a Parc Monceau, Parc Montsouris e Parc du Champ de Mars.

Fare una piccola crociera sulla Senna o sul canale con Canauxrama, in cui osservare dal fiume panorami mozzafiato.

Visitare il il Jardin des Plantes, dove c’è un piccolo zoo, la Ménagerie du Jardin des Plantes.. Fare una passeggiata al parco divertimenti Jardin d’Acclimatation nel Bois de Boulogne e il Parc Floral de Paris, con fantastici parchi giochi e una sala concerti all’aperto, il Parc Zoologique de Paris, e un castello medievale, lo Chateau de Vincennes.

Non bucare i tanti musei, tra i quali, ovviamente, il Louvre, che ha uno spazio per le famiglie e un’applicazione proprio per bimbi dai 7 agli 11 anni.

Depressione e stress anche per papà

Nov 16
Scritto da Annamaria avatar

Depressione e stress non arrivano solo per le neo mamme, anche i papà spesso ne sono travolti secondo una revisione di 37 studi condotti in diversi Paesi.

E’ stata l’Università di Newcastle a fare questa revisione: è emerso che nonostante la gioia e la felicità per il bimbo arrivato, anche i papà possono provare depressione e stress, disagi causati dal cambiamento della propria vita.

Come scrive Fanpage, i meccanismi che portano anche ai papà stress e depressione sono:

Cambiamenti nel rapporto con il partner: in 18 studi è risultato che le modifiche nel rapporto con il partner dono difficili da elaborare in un momento che dicono essere caratterizzato da stanchezza da parte di entrambi i membri della coppia, che li porta a passare poco tempo insieme.

Discussioni sulla divisione del carico genitoriale: in 15 studi è risultato evidente che i padri litigassero spesso con i partner che non li ritenevano abbastanza coinvolti nella genitorialità.

Confusione sul loro nuovo ruolo all’interno della società: più della metà dei padri ha affermato che avrebbe voluto ricevere maggiori informazioni riguardo la genitorialità, anche attraverso specifici corsi.

Sensazione di esclusione dal nucleo familiare: sicuramente fomentata, nel nostro Paese dai pochi giorni di congedo di paternità, che addossano alla madre il carico del lavoro di cura dei propri figli. I padri hanno dichiarato di sperimentarla anche nel periodo della gravidanza, fisicamente esclusiva delle donne e non appena prendevano in braccio il loro piccolo senza provare immediato amore.

“Il periodo che trasforma gli individui in genitori è stressante per entrambi, per questo bisognerebbe intervenire con misure preventive, dal momento che questa revisione di studi ci permette di capire che i padri si sentono esclusi dalle informazioni sulla genitorialità a cui invece hanno accesso le mamme”, sottolineano gli esperti.

Modello Psicoeducativo per genitori Maudlsey

Nov 15
Scritto da Annamaria avatar

Il Nuovo Modello Psicoeducativo per genitori Maudlsey aiuta i famigliari a riflettere sulle dinamiche che più spontaneamente essi mettono in campo quando si è in relazione con una persona che soffre di DCA.

Modello Psicoeducativo per genitori Maudlsey

E’ strutturato per fornire un supporto. Il Nuovo Modello Psicoeducativo per genitori Maudlsey utilizza le metafore animali per descrivere alcune dinamiche che impediscono il progredire verso la salute ma che sono inevitabili. Le metafore che descrivono i comportamenti più comuni sono:

  • Rinoceronte (atteggiamento di “sfondamento”), consiste nel tentare di presentare, alla persona con DCA, come potrebbe correggere i propri errori comportamentali e mostrargli come dovrebbe fare. Il rinoceronte, per convincere il familiare della veridicità degli argomenti, utilizza ragionamenti logici. Il DCA non rispondendo a questa logica, persiste portando il familiare a sentirsi sconfitto, frustrato, svuotato e arrabbiato. D’altraparte chi soffre di DCA potrebbe sentirsi respinto, non amato, non capito o disprezzato.
  • Struzzo (atteggiamento della “testa sotto la sabbia”) La si identifica in un familiare che cerca di ignorare il problema, in questo caso il familiare rischia di colludere con il disturbo alimentare attraverso il proprio comportamento. I membri della famiglia trovano difficile fronteggiare tutti i problemi e le emozioni che si presentano a casa e provano a evitarli stando lontani il più possibile da chi ha il disturbo alimentare (es. dedicano molto tempo al lavoro, ad un hobby o ad altre attività fuori casa). Gli “Struzzi” si trovano a dover convivere con alti livelli di sensi di colpa. La persona con DCA può sperimentare un vissuto di “anonimia”, ovvero si sente ignorato e non importante e riceve la conferma che la malattia va ignorata.
  • Fox terrier (atteggiamento “del cane che morde i garretti”) La dinamica “Fox Terrier” si esplica nel mostrare a chi soffre di DCA quello che dovrebbe fare e che non fa in modo insistente e persistente, come se la persona stesse “abbaiando contro un estraneo”. Tale dinamica porta chi soffre di DCA a non ascoltare e chiudere la comunicazione perché non si sente compreso nella sua difficoltà, mentre il “Fox Terrier” si sente impotente e affaticato nel suo lavoro costante e direttivo.
  • Medusa (atteggiamento “informe”) La metafora della medusa descrive l’essere in uno stato emozionale aperto con tutti i sentimenti stando in superficie, per esempio, sciogliersi in lacrime e sofferenza, o diventare congelati per la paura, agitati dal dubbio, incerti e costantemente alla ricerca del controllo sul disturbo alimentare. Portano manifestazioni di emozioni troppo acute verso il comportamento causato dalla malattia, che si aggiungono alle difficoltà del malato. In alternativa possono sfociare nella rabbia. La “medusa” può essere spazzata via dalle correnti (emozioni). Nella persona con DCA, tale atteggiamento provoca una forte incertezza emotiva, senso di colpa e sensi di inadeguatezza e vergogna.
  • Canguro (atteggiamento “iperprotettivo”) Il “Canguro” nel tentativo di aiutare, di proteggere chi soffre di DCA, lo accudisce come in un marsupio, dà attenzioni per tenere a bada i problemi e le esperienze conseguenti allo stare a fianco di un DCA. I “Canguri” condividono standard elevati con chi soffre di DCA (es. aspettative elevate circa il loro ruolo genitoriale, perfezionismo). Anziché guidare il figlio/a nelle scelte e nei percorsi possibili di direzione, il familiare si sostiuscie alla persona con DCA. Questa risposta iperprotettiva toglie la possibilità di sviluppare ed esplorare il mondo. Alcuni familiari possono cercare di diventare “Supereroi” e sacrificare sé stessi per aiutare il malato (guidare per ore e ore per andare a comprare quello yogurt di quella marca che vuol mangiare il proprio congiunto). Nella persona con DCA, questo atteggiamento suscita poca autostima perché non è in grado di fare le giuste scelte.

Il modelle prevede inoltre metafore, quindi comportamenti e risposte che i familiari possono utilizzare per fronteggiare al meglio la malattia; queste sono ritenute come metafore positive da perseguire.

  • San Bernardo (atteggiamento di “sintonia emotiva o empatia”)  Bisogna ascoltarsi e immedesimarsi nel dolore e nel grido d’aiuto che lancia chi soffre di DCA. Se ci facciamo coinvolgere dalle urla e dalla rabbia ci potrebbe essere una “valanga”. Il “San Bernardo” procura calore e nutrimento, finché non sopravviene il cambiamento. Esso è affidabile, fedele e leale per natura, anche quando è coinvolto in una situazione pericolosa. Questa metafora esprime la capacità del familiare di essere in sintonia con le sofferenze di chi ha un DCA senza proporre alcuna soluzione. Non prova compassione ma empatia.  
  • Delfino (atteggiamento “dello stare a fianco durante il percorso”) La sua dinamica ricorda l’aiuto dato alla persona amata verso la sicurezza della guarigione, ciò significa avere un giusto equilibrio tra calore e guida, superando il DCA per condurre la persona attraverso un passaggio sicuro, oppure per spingerlo pian piano e guidarlo da dietro. I “Delfini” affiancano la persona che lotta credendo nella sua capacità di nuotare fuori dalla situazione ed alcune volte ascolta e resta indietro, per lasciare andare avanti pur stando vicino. In alcuni casi può diventare più direttivo quando si delineano buone scelte di vita, in questo caso il “Delfino” spingerà delicatamente, starà vicino restando accanto finché la persona non raggiunge la sicurezza. 

Bambini: sviluppare il Problem Solving

Nov 13
Scritto da Annamaria avatar

E’ importante sviluppare il Problem Solving sin da bambini. Come? Attraverso giochi che possano stimolare i piccoli. Questo perché sin dall’infanzia gli esseri umani devono pensare in modo creativo, evitare di abbattersi davanti alle difficoltà ed esplorare nuove idee.

bambini sviluppare il problem solving

Sviluppare il Problem Solving aiuta i bambini a non affidarsi solo agli adulti, a emanciparsi, l’essere in qualche modo autonomi gli regala maggiore consapevolezza di loro stessi, gestiranno meglio gli intoppi che nella vita purtroppo capitano e prenderanno pure decisioni ponderandole con lucidità.

Come sviluppare il Problem Solving nei bambini? Per esempio con giochi tipo “Trova le differenze”. Osservando con attenzione le immagini, capiranno meglio i dettagli nascosti e accresceranno le capacità logiche. Anche i puzzle, in cui procedono per tentativi, danno una grande mano. Utilizzare gli indizi visivi per arrivare a costruire un’immagine grande insegnerà loro la pazienza e l’insieme.

Altro gioco da prendere in considerazione sono le costruzioni, che permettono di arrivare a creazioni via, via più elaborate, con cui acquisiscono la coordinazione.

Non solo giochi: voi genitori fate loro domande in cui siamo impegnati a riflettere. Durante le passeggiate in strada o in mezzo alla natura, cercate di porre quesiti sui quali saranno ‘costretti’ a rispondere esprimendo il loro pensiero. Quando saranno grandi, vi ringrazieranno.

Bambini: imparare inglese giocando

Nov 10
Scritto da Annamaria avatar

Quanto è importante parlare fluentemente un’altra lingua? Tantissimo. I bambini possono imparare l’inglese più facilmente giocando, divertendosi. Per loro è il metodo di insegnamento più efficace.

Come fanno i bambini a imparare l’inglese giocando? Per esempio organizzando una caccia al tesoro esclusivamente in inglese, anche con mamma e papà. L’adulto nasconde un oggetto, poi dà al bimbo le indicazioni facili, brevio e concise per farglielo trovare in inglese. Questa è solo un’idea. 

I bambini possono anche imparare l’inglese giocando elencando gli oggetti che vedono nella loro stanza alla madre nella lingua straniera, imparando canzoncine e filastrocche. Ma pure leggendo libri, che magari hanno anche attività interattive. Possono essere d’aiuto anche i tanti video per i piccoli in Rete. I genitori possono pure seguire cartoni op film adatti a loro in madre lingua e poi commentarli brevemente. 

Ricordate che uno dei Gliori modi per assimilare parole e suoni è e rimane la musica. Le canzoni in inglese adatte ai più piccoli in questo caso sono salvifiche. Iniziate a farlo insieme a loro.

Regali Natale bambini: consigli

Nov 07
Scritto da Annamaria avatar

Avete già pensato ai regali di Natale per i bambini? Certo, non quelli che porta Santa Claus, ma i vostri… E’ appena iniziato novembre, ma c’è chi si porta avanti e chi, furbetto, aspetta con impazienza il Black Friday per risparmiare un po’. I consigli in fatto di doni non fanno mai male.

regali natale bambini consigli
regali natale bambini consigli

I regali di Natale mi galvanizzano, spero accada anche a voi. A qualcuno, però generano ansia e stress. Le idee aiutano, come pure i consigli, su cosa acquistare. Per i bambini da 0 a 3 anni è necessario scegliere giochi che stimolino la loro attenzione, supportino lo sviluppo e siano un valido strumento per il loro apprendimento. Ne troverete tantissimi. Poi ci sono i capi di abbigliamento, vestitini, tutine, pantaloni, maglioncini, gonne e accessori per tutte le tasche. Ne troverete di bellissimi anche da Zara ed H&M.

Tra i giochi l’anello giocattolo con i pendagli, pupazzi in morbido tessuto, palestrine, cubi con numeri e alfabeto. Per essere green scegliete quelli in legno, possibilmente riciclato. Niente plastica per favore.

Dai 4 anni in su l’universo diventa immenso. Anche qui l’abbigliamento spopola. Potete anche pensare a quello dedicato proprio alle festività. I regali di Natale dei bambini devono pure essere divertenti, perché no? Così spazio ai maglioni con sopra disegnate renne e alberi addobbati, da mettere il 25  dicembre a pranzo. E non solo.

Fino ai 10 anni la pista per le macchinine è davvero un must have, ma anche la nave dei pirati o il monopattino. Poi c’è tutta la linea dei giochi Sapientino, per imparare in modo innovativo e ludico. Non dimenticate i libri, per favore. La storia di Peter Coniglio di Beatrix Potter; Una zuppa di sasso di Anais Vaugelade; Piccolo Elliot nella grande città di Mike Curato; Barnabus – the fan brothers; Tad di Benji Davies. Solo per citare qualche titolo.

Bambini: dipendenza digitale

Nov 06
Scritto da Annamaria avatar

Come sconfiggere la dipendenza digitale nei bambini, sempre più ‘catturati’ dai dispositivi e quindi con lo sguardo fisso su uno schermo? Un libro di una giornalista e scrittrice canadese ci aiuta. 

bambini dipendenza digitale

Katherine Johnson Martinko ha scritto “Bimbi off line. Consigli pratici per tenere i bambini lontani dagli schermi” di Terranuova editore. Il Fatto Quotidiano parla di questo libro e di come dia utili consigli sulla dipendenza digitale dei bambini e come annientarla in qualche modo.

“Nel libro ci sono tantissimi consigli, divisi per fasce di età. Si parte dal non esporre mai i bambini a qualsiasi schermo sotto i due anni a spegnere la tv quando il bambino piccolo è nella stanza. Sempre per i più piccoli, il suggerimento è di farli giocare con sabbia, erba, pietre lisce, pezzetti di legno, neve, terra o giocattoli privi di batterie. Fondamentale dargli tanti libri illustrati e leggerglieli, anche ripetendo più volte lo stesso”, si legge.

“Per i più grandi, l’autrice suggerisce di riempire la casa e il giardino di oggetti per giocare, dal cesto di basket allo skateboard, dalla bicicletta, alle corde. E poi Lego, macchinine, case delle bambole, pupazzi, giochi in scatola, costumi per travestirsi, cuscini e coperte. Una buona idea può essere quella di occupare i pomeriggi con attività sportive e musicali, senza però sovraccaricare le loro giornate”.

“L’autrice dà altri numerosi suggerimenti: si può comprare un Light Phone, una specie di telefono che manda messaggi e ha il Bluetooth ma non social media e internet. All’idea che il cellulare sia fondamentale per chiamare casa in caso di ritardi, l’esperta risponde che si può insegnare ai bambini a chiedere ad adulti per strada di poter usare il telefono se devono comunicare. Un’altra buona pratica è tenere in casa solo il computer, rendendolo l’unico dispositivo al quale poter accedere anche per seguire gli amici sui social network, ma non in maniera ossessiva come lo smartphone”

“Per chi invece ha deciso di dare il cellulare al proprio figlio, viene suggerita l’installazione del parental control ma non di nascosto: ‘Spiegate a vostro figlio cosa state facendo e perché’. Altra buona idea: meglio usare, e far usare ai propri figli, piattaforme dove i post scompaiono, come le storie sulle varie app, piuttosto che quelli che restano per sempre”.

“Ma più importante di tutto, sottolinea l’autrice, è sviluppare al massimo l’autonomia dei ragazzi, concedere loro più libertà possibile, spingerli a prendere la patente, usare i mezzi pubblici: ciò consentirà loro di poter fare tante cose diverse senza essere chiusi in casa. ‘Serve trovare un equilibrio tra la riduzione al minimo dell’esposizione agli schermi e la valorizzazione massima delle relazioni sociali’, scrive. Meglio mettere da parte i timori che possa accadere qualcosa ed evitare anche tracciamenti e geolocalizzazione sfinenti con app o chiamate continue”.

“La giornalista consiglia di fare un ‘tech shabbat’, un giorno completamente privo di collegamenti ai vari dispositivi. Sicuramente utile, anche, parlare con gli insegnanti, spiegando le proprie preoccupazioni e il desiderio che il proprio figlio/a non faccia attività legate ai tablet, specie se piccolo/a. Insomma, l’obiettivo di fondo è quello di abbandonare la paura dell’essere esclusi o FOMO (Fear of Missing Out), adottando l’idea del JOMO (Joy Of Missing Out), la gioia di essere ‘esclusi’”. 

“Quando l’uso degli schermi è ridotto al minimo, e considerato come strumento utile, “la vita è qualcosa che può accadere, energia che prende la forma dell’avventura e del desiderio di sapere, della presenza fisica e del gioco, di connessioni e legami familiari profondi”, conclude l’autrice”.

Polpette lenticchie e zucca

Nov 04
Scritto da Annamaria avatar

E’ arrivato novembre, perché non cucinare qualcosa di estremamente sano ai bimbi con le verdure di stagione? Le polpette lenticchie e zucca fanno al caso.

polpette lenticchie e zucca

Per preparare per 4 persone le polpette di lenticchie e zucca occorre avere:

300 grammi di lenticchie,
300 grammi di zucca,
sale,
pane grattugiato,
un uovo,
olio extravergine d’oliva

Iniziate cuocendo le lenticchie in acqua salata con dentro una foglia di alloro. Rispettate i tempi di cottura, solitamente ci mettono un 40 minuti. Poi scolatele e privatele di tutta l’acqua Intanto cuocere la zucca in forno per un 20 minuti. In una ciotola mettere le lenticchie, la zucca cotta tagliata a cubetti, un uovo, un pizzico di sale e un cucchiaio di pan grattato. Amalgamate, poi frullate tutto con un frullatore a immersione. Se il composto dovesse essere troppo molle, aggiungete altro pane grattugiato. Se invece dovesse risultare troppo denso, aggiungete un pochino di latte. 

Formate le polpette con le mani, passatele nel pane grattugiato che vi è avanzato e avrete messo in un piatto capiente. Ricoprite una teglia con carta da forno, ungetela di olio e quindi disponete le polpette. Cuocete in forno statico a 180 gradi per circa 30 minuti. Le polpette lenticchie e zucca sono squisite e vanno bene per tutta la famiglia.