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Depressione post partum anche per gli uomini

Nov 01
Scritto da Annamaria avatar

La depressione post partum non è solo un disturbo che riguarda le donne. Se ne può parlare anche per gli uomini. Secondo la dottoressa Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo, startup di psicologia online, anche i padri possono vivere un momento di vera e propria depressione dopo la nascita di un figlio.

Depressione post partum anche per uomini

“Gli equilibri cambiano per tutti . Adeguarsi al nuovo ruolo e alle nuove dinamiche familiari può essere estremamente complesso. Inoltre, mentre per la madre il contatto e il legame con il figlio in arrivo ha modo di consolidarsi durante tutto il periodo della gravidanza, per il padre questo rapporto si crea e si alimenta a partire dalla nascita in modo graduale”, spiega l’esperta a Elle.

La depressione post partum insorge entro i primi tre mesi dalla nascita del bambino, con un picco maggiore nelle prime sei settimane dopo il parto. Dura da sei mesi a due anni e colpisce dal 7 al 12% nelle neomamme. Anche per gli uomini può essere lo stesso.

Cosa la scatena? “Può accadere che il padre si senta escluso, tagliato fuori dal rapporto simbiotico che lega la madre al bambino nei mesi subito successivi alla nascita. Cambiamenti come la diminuzione dell’intimità e il calo dell’interesse sessuale possono comportare attriti e discussioni all’interno della coppia. Tutto questo può alimentare vissuti di sofferenza e di solitudine nel padre che può faticare a trovare una propria dimensione all’interno della nuova struttura familiare. Lo stress e le preoccupazioni che spesso accompagnano la nascita di un figlio, inoltre, possono contribuire all’insorgenza di un vero e proprio sentimento depressivo. E di forti vissuti di inadeguatezza dovuti, in molti casi, ad una scarsa consapevolezza degli inevitabili cambiamenti che richiederanno un riassetto del nucleo familiare”, chiarisce Fiorenza Perris.

“Chi non ha avuto modo di crescere con un modello paterno di riferimento coinvolto attivamente nell’educazione e nella gestione dei figli potrà fare più fatica a trovare una propria dimensione nel momento in cui diventa genitore. Il contesto sociale e culturale si è molto modificato negli ultimi anni, come pure le aspettative rispetto al ruolo di cura e supporto fattivo ed emotivo che il padre deve ricoprire all’interno della propria famiglia. Ciò ha dato luogo ad una trasformazione fondamentale e necessaria. Ma complessa da gestire in alcuni casi”, commenta la Clinical Director di Unobravo.

“Il contesto culturale in cui viviamo, purtroppo, ancora troppo spesso tende a non incoraggiare l’espressione emotiva degli uomini che sono ancora prigionieri di aspettative sociali legate al mito della mascolinità, della forza e dell’imperturbabilità. Un uomo non può sentirsi disorientato, triste, impaurito. Non può mostrarsi debole, insicuro o fragile. Questi pregiudizi devono essere superati. E arginati in ogni modo. Comportano ripercussioni tangibili sul benessere emotivo, incidendo sulla possibilità tanto di riconoscere i sintomi di una sofferenza psicologica quanto di chiedere, senza vergognarsene, il supporto dei propri cari o di un esperto”, continua la psicoterapeuta.

“La depressione post partum maschile può implicare vissuti di abbandono molto intensi che possono dare luogo a recriminazioni e rabbia nei confronti della propria compagna non più attenta come prima ai bisogni della coppia e meno responsiva e disponibile. L’uomo può sentirsi escluso e non indispensabile per il bambino. Questi vissuti possono comportare un progressivo distacco emotivo da entrambi e scontri che potrebbero incrinare la relazione con la madre e con il piccolo”, afferma la dottoressa.

Spesso la sintomatologia tende ad attenuarsi con il consolidamento del nuovo assetto familiare. In ogni caso è essenziale che chi circonda il neo papà sia attento a cogliere i segnali del suo malessere psicologico. E lo incoraggi a chiedere il supporto di cui ha bisogno. Il sostegno di un esperto può essere determinante per mettere a fuoco paure, preoccupazioni e dinamiche disfunzionali. Questo per innescare cambiamento, ridurre i sintomi. E raggiungere un nuovo equilibrio”, conclude. Per gli uomini può essere un grave problema. Chiedete aiuto.

Fenotipi obesità

Ott 07
Scritto da Annamaria avatar

I fenotipi dell’obesità aiutano a curare la malattia cronica, recidivante, multifattoriale, la cui prevalenza continua ad aumentare in tutto il mondo.  Il problema esiste. L’accettazione di sé è importantissima, i modelli sbagliati di perfezione non vanno seguiti perché non esistono. Ma l’obesità è una malattia notevolmente eterogenea e la perdita di peso sostenuta con gli attuali paradigmi di trattamento rimane una sfida nella pratica clinica. 

Nel mondo dal 1980 l’obesità è più che raddoppiata, tanto da essere definita una epidemia globale dall’OMS. Anche al VI Congresso Nazionale della SINuC si affronta l’argomento alla luce delle più recenti evidenze.

“L’eterogeneità tra i pazienti con obesità è particolarmente evidente nella risposta di perdita di peso agli interventi sull’obesità, come diete, farmaci, dispositivi e interventi chirurgici. E’ ormai assodato che l’approccio di diminuire l’apporto calorico e aumentare il movimento è inefficace e superato”, spiega il Professor Maurizio Muscaritoli Presidente SINuC. “Non possiamo più ignorare che proprio l’eccesso di peso sia responsabile di circa 70mila morti evitabili l’anno solo nel nostro Paese”, sottolinea.

“La novità è aver catalogato l’obesità in quattro ‘fenotipi’ ossia il complesso delle caratteristiche di un organismo che risultano dall’interazione fra la sua costituzione genetica e l’ambiente. Sono: cervello affamato (sazietà anormale), fame emotiva (mangiare edonico), intestino affamato (sazietà anormale) e combustione lenta (rallentamento del tasso metabolico)”, precisa Muscaritoli. 

·      Cervello affamato – principalmente controllato dall’asse cervello-intestino e necessità di    maggiori calorie per raggiungere la pienezza e la sazietà;

·      Fame emotiva – desiderio di mangiare per far fronte a emozioni positive o negative, comportamento ‘edonico’;

·      Intestino affamato – durata anormale della pienezza con svuotamento gastrico più rapido;

·      Combustione lenta – diminuzione del tasso metabolico.

Capire come e perché alcune persone accumulano peso è stato un obiettivo degli scienziati allo scopo di scardinare il meccanismo patologico e trovare strategie per riportare al peso considerato normale. In uno studio apparso su Obesity in una coorte di pazienti a cui erano stati prescritti farmaci antiobesità, l’approccio terapeutico guidato dal fenotipo è stato associato a una maggiore perdita di peso di 1,75 volte dopo 1 anno. La percentuale di pazienti che hanno perso >10% a 1 anno è stata del 79% rispetto al 34% con il trattamento generico. Identificare i fenotipi di obesità basati sulla fisiopatologia e sul comportamento può portare ad interventi mirati e più efficaci. E migliorare i risultati di perdita di peso.

I nuovi farmaci antiobesità (AOM) hanno un tasso di risposta variabile di perdita di peso e rappresentano una interessante opzione. In una meta-analisi, la percentuale di pazienti che hanno perso più del 10% con AOM variava dal 20% al 54% rispetto al 9% dei soggetti del gruppo placebo con una perdita di peso a 1 anno tra 2,6 a 8,8 kg. Si è però capito che la risposta precoce, definita come perdita di peso >5% nei primi 3 mesi, è l’unico predittore di perdita di peso a lungo termine con i farmaci. 

“L’obesità è una forma di malnutrizione per eccesso – spiega il Professor Alessio Molfino, Professore Associato di Medicina Interna alla Sapienza di Roma –. Ha una origine che riconosce fattori alimentari, genetici, emotivi, sociali, per questo risulta così difficile intervenire. Esiste una stretta relazione tra sistema digestivo e sistema nervoso centrale chiamato asse intestino- cervello. L’equilibrio di questa via di comunicazione può essere alterata da numerosi fattori. Su questa complessità si innestano i fenotipi il cui riconoscimento permette una medicina sempre più personalizzata. I diversi fenotipi mostrano comportamenti peculiari”. 

Il fenotipo riconducibile al cervello affamato spinge ad una assunzione elevata di calorie prima di raggiungere la pienezza e la sazietà. Quello relativo invece alla fame emotiva mostra livelli più elevati di ansia, depressione e alimentazione guidata dalle emozioni oltre a livelli più bassi di autostima e una peggiore immagine corporea rispetto agli altri fenotipi.

I soggetti con fenotipo intestino affamato mostrano un più accelerato svuotamento gastrico. Circa del 30% per i cibi solidi e del 22% per i liquidi nelle femmine. Nei maschi lo svuotamento gastrico medio è accelerato del 38% per i solidi e del 33% per i liquidi. Quindi tendono ad alimentarsi più spesso. I soggetti con fenotipo a combustione lenta, identificabili in un metabolismo rallentato, mostrano una massa muscolare inferiore e una minore predisposizione all’attività fisica. Ovviamente è possibile che gli individui mostrino fenotipi misti. O non appartengano a nessuno di questi quattro gruppi. Ma l’identificazione di modelli biologici è importante per un approccio personalizzato.

9 alimenti da non mangiare dopo le 18

Set 28
Scritto da Annamaria avatar

Ci sono cibi che dopo una certa ora appesantiscono, forniscono troppe calorie e non apportano benefici. Secondo Rose Ferguson, nutrizionista, esperta di medicina funzionale, podcaster e autrice dei libri “Juice” e “Juice + Nourish“ mangiare la sera non è una buona idea. Ma gli specialisti dei paesi nordici non mettono in conto che qui in Italia si cena tardi, così ecco una lista di 9 alimenti da non mangiare dopo le 18 per non ingrassare e restare in salute. Ideale soprattutto per le mamme e i papà.

9 alimenti da non magiare la sera

“La velocità con cui il corpo digerisce il cibo e metabolizza i nutrienti non rallenta drasticamente quando l’orologio segna una certa ora. Tuttavia per la maggior parte di noi i livelli di attività fisica diminuiscono la sera, il che influisce sull’efficienza con cui vengono bruciate le calorie. Inoltre, alcune ricerche suggeriscono che mangiare a tarda sera può interrompere i ritmi circadiani, influenzando i processi metabolici, e che finire l’ultimo pasto presto è preferibile sia per la gestione del peso, che del sonno e della longevità”, dice la Ferguson. In Italia però è difficile da attuare, così meglio sapere quali sono i 9 alimenti da non mangiare dopo le 18 e, magari, non cenare troppo tardi.

Quali sono i 9 alimenti da non magiare dopo le 18? Ecco la lista:

Formaggi grassi o stagionati: no a gorgonzola, taleggio, mascarpone, brie, camembert. Preferire formaggi freschi e magri come ricotta di mucca, fiocchi di latte o stracchino.

Cani grasse: no bistecche o hamburger. Meglio le carni magre come quelle di pollo o tacchino. Vanno bene anche piccole porzioni di legumi o uova.

Cibi fritti: meglio cotture al forno o vapore.

Cibi piccanti: possono aumentare temperatura corporea. Condire con erbe aromatiche come prezzemolo, origano, salvia, basilico e rosmarino.

Cavoli o verze: possono causare gonfiore in quanto ci mettono molto per essere assimilati.

Pesci sott’olio e pesci grassi: no salmone, sgombro, aringhe. Meglio i pesci bianchi come nasello e merluzzo.

Gelati e dolci: troppe calorie e picchi glicemici. Optare per sorbetti senza zucchero o frutta fresca di stagione.

Cioccolato: contiene sostanze eccitanti. Se al latte è grasso e affatica il fegato. Se proprio si deve, s può mangiare solo amaro senza zucchero.

Insalata: ebbene sì. Potrebbe causare gonfiore, in quanto le verdure fresche ci mettono molto a essere digerite.

In autunno è ottimo il magnesio

Set 05
Scritto da Annamaria avatar

Per ricaricarsi in autunno è ottimo il magnesio. Mente concentrata ma anche corpo prestante. L’avvento del periodo autunnale necessita non solo di una salda lucidità mentale: anche dal punto di vista muscolare e fisico, dopo la ripresa settembrina, è fondamentale non affaticarsi. Attivo principe in tal senso è il magnesio: da anni conosciuto per il supporto a mente e corpo, è un minerale essenziale per più di 300 reazioni nel corpo e che, tra gli altri benefici, aiuta a ridurre la stanchezza e a riposare meglio.

in autunno e ottimo il magnesio

La Humanitas sottolinea: “Il magnesio regola la pressione sanguigna, favorisce la sintesi proteica e fissa calcio e fosforo nelle ossa e nei denti. Il magnesio infine è preziosissimo perché aiuta a ridurre stanchezza e favorisce il rilassamento muscolare. Insomma, che si parli di ossa o di muscoli, di sistema nervoso o cardiovascolare, possiamo essere certi che il magnesio ha un ruolo in tutti quei processi che ci consentono di stare bene fisicamente e mentalmente”.

Il magnesio in autunno è ottimo per ricaricarsi e stare meglio. E’ presente in quasi tutte le categorie alimentari. Si ricorda però che gli alimenti ricchi di fibre sono una buona fonte di magnesio, è abbondante nei vegetali a foglia verde come la bieta e gli spinaci, ma anche in broccoli, cavoli, cavolfiori e carciofi. Non dimenticare i legumi (lenticchie, ceci, piselli e fagioli, soprattutto quelli neri), la frutta secca (noci, pistacchi, mandorle, anacardi), i semi, la frutta (pesche, fichi, banane, avocado), cereali integrali, cacao e cioccolato fondente. Anche se in minore quantità, il magnesio si trova pure negli alimenti di origine animale quali pesce, carne e latticini.

Se si è carenti, occorre integrare. Uno dei integratori di magnesio è quello di Cuure dall’alta biodisponibilità, ovvero assorbibile rapidamente e in elevate quantità dall’organismo. E’ prodotto in Francia. Contiene esclusivamente l’essenziale estratto di avena, con un additivo naturale al 100 %. E’ inoltre ben tollerato dal sistema digestivo: l’associazione di glicina e magnesio, infatti, aumenta in modo considerevole l’assorbimento intestinale di quest’ultimo. L’associazione con la Taurina e la vitamina B6 permette al magnesio di essere meglio l’assimilato, potenziandone gli effetti.

Utile da sempre sia sul fronte fisico e muscolare, sia su quello della reattività mentale, il magnesio ricopre un ruolo essenziale nel sistema nervoso. Agisce infatti sulla trasmissione degli impulsi nervosi. Lo studio francese SU.VI.MAX mostra che il 75% degli uomini e il 77% delle donne sono soggetti a un apporto nutrizionale inferiore a quanto raccomandato. Il corpo umano dispone, in media 25 grammi, localizzati principalmente nei muscoli e nelle ossa. Un buon motivo per integrare, soprattutto in autunno, quando tutto riprende: è ottimo.

4 regole per dimagrire

Ago 15
Scritto da Annamaria avatar

Per perdere peso “ci vuole una rivoluzione”, afferma Franco Berrino, medico ed epidemiologo italiano, direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto dei Tumori di Milano e fondatore dell’associazione La Grande Via. Al Corriere della Sera dà le 4 regole per dimagrire

L’estate, si sa, è il tempo in cui si sta più attenti all’alimentazione: ma le 4 regole per dimagrire, non solo per vederci meglio ma soprattutto per rimanere in salute, valgono per tutto l’anno. Gli ultimi dati dell’Italian Barometer Obesity Report sono impietosi: gli obesi sono 6 milioni, circa il 12 per cento della popolazione adulta.

Le 4 regole per dimagrire sono semplici sa seguire. Anche se a volte non si pensa molto a come ci si alimenta. 

La numero uno è masticare. “Numerosi studi hanno riscontrato che le persone sovrappeso non masticano, ma non permettono di concludere quale sia la causa e quale l’effetto. E allora, gli obesi ingurgitano il cibo senza masticare perché sono grassi o sono obesi perché non masticano? La seconda spiegazione è probabilmente quella corretta. Uno studio sperimentale che ha confrontato chi mastica 15 volte con chi mastica 40 volte ogni boccone ha riscontrato un diverso effetto sugli ormoni prodotti dal tubo digerente. Masticando a lungo lo stomaco produce meno grelina, l’ormone che stimola l’appetito. L’intestino, invece, produce più colecistochinina, l’ormone che tranquillizza il centro dell’appetito, e GLP1 (glucagon-like peptide 1), un ormone che abbassa la glicemia e aiuta a dimagrire. Più studi hanno riscontrato che masticando molto si riducono l’appetito e il desiderio di cibo”, scrive Berrino.

La seconda delle 4 regole per dimagrire è: cenare presto la sera. “Far passare almeno 14 ore fra l’ultimo pasto della giornata e la colazione del mattino consente di perdere peso. La cena leggera, inoltre, è importante. Ancora meglio sarebbe saltarla. Uno studio sperimentale condotto su donne sovrappeso sottoposte a una dieta lievemente ipocalorica ha mostrato che, pur mangiando esattamente le stesse cose nelle stesse quantità, chi faceva una cena leggera (solo 200 chilocalorie) e una colazione abbondante dimagriva, mentre chi faceva una colazione leggera (200 chilocalorie) e una cena abbondante non dimagriva. È bene mangiare di giorno e non di notte. Con l’invenzione della luce elettrica l’umanità ha perso l’abitudine di armonizzarsi con il ritmo del sole. Chi lavora di notte e anche chi dorme poco e male ha un rischio maggiore di ingrassare. Armonizziamoci con i ritmi della natura”.

La terza regola è quella che ci impone di mangiare cibi salutari, ossia che non fanno ingrassare. “Verdure, tutte fuorché le patate. Saziano molto con poche calorie. Cereali integrali, tutti, ma particolarmente il riso integrale, il più povero di proteine. Per il pane integrale attenzione che sia integrale vero, non farina bianca mescolata a crusca. Ottimi i pani integrali con semi di zucca, girasole, lino, sesamo, che riducono l’indice glicemico del pane. Quanto ai cereali per colazione, come i muesli, attenzione che non contengano zucchero o altri dolcificanti. La ricchezza di fibre dei cereali integrali da un lato sazia molto, dall’altro nutre i microbi intestinali benefici (un sano microbiota aiuta a non ingrassare)”, spiega Berrino. 

“Legumi. Oltre al loro basso indice glicemico e alla ricchezza di fibre, contengono inibitori degli enzimi che digeriscono gli amidi, quindi rallentano la digestione e l’assorbimento del glucosio, di conseguenza l’impatto glicemico complessivo del pasto. Inoltre, inibiscono la lipasi pancreatica, quindi riducono l’assorbimento dei grassi. Sono tutte qualità ‘antinutrizionali’, ma in questi tempi di ipernutrizione sono particolarmente benefiche. Frutta, tutta ma moderatamente quella più zuccherina, come l’uva, i fichi e le banane. Noci, nocciole, mandorle, pistacchi. Pur essendo alimenti molto calorici, aiutano a non ingrassare. Piccole dosi di kefir, yogurt e verdure fermentate, per avere un microbiota efficiente”, precisa ancora il medico.

La quarta e ultima regola è: limitare alimenti che fanno ingrassare. “In particolare i cibi ‘ultralavorati’ dall’industria. Gli epidemiologi dell’Università di Harvard, in base ai loro studi sui lavoratori della sanità degli Stati Uniti, hanno stilato una classifica dei cibi che fanno ingrassare. Al primo posto ci sono le patatine, seguono le patate, le bevande zuccherate, le carni lavorate (hamburger, hot dog, salcicce e salumi), le carni rosse, i succhi di frutta non zuccherati, le farine raffinate, i dolciumi commerciali e il burro. Un pregiudizio diffuso anche fra i dietologi è che i carboidrati facciano ingrassare e le proteine facciano dimagrire. Non è così”, sottolinea il dottore.

“Nei nostri studi DIANA abbiamo ottenuto significative riduzioni di peso (mediamente 4 kg in 5 mesi) e miglioramenti metabolici aumentando, non diminuendo, i carboidrati, ma solo quelli integrali e i legumi, togliendo invece zuccheri, patate e farine raffinate, e riducendo le proteine animali. Nella nostra società consumiamo troppe proteine (circa il 16 per cento delle calorie che mangiamo, il doppio di quanto abbiamo bisogno) soprattutto troppe proteine animali, e più ne mangiamo più ingrassiamo. Solo le diete esageratamente iperproteiche (con il 40-50 per cento delle calorie sotto forma di proteine) fanno dimagrire, ma solo perché intossicano. Intossicando il centro dell’appetito si mangia meno. Chi fa queste diete, appena smette il consumo esagerato di proteine, ingrassa più di prima. Meglio mangiare il cibo dell’uomo: cereali integrali, legumi, verdura, frutta e solo occasionalmente carni”, conclude l’esperto.

Fertilità in estate aumenta

Ago 08
Scritto da Annamaria avatar

Lo sapevate che in estate la fertilità aumenta? La stagione calda favorisce il concepimento, quindi se state pensando di allargare la famiglia, datevi da fare. 

fertilita in estate aumenta

In estate la fertilità aumenta sia nell’uomo che nella donna. Questo fa bene sia a chi vuole concepire un figlio naturalmente, ma pure a chi deve intraprendere un percorso di fecondazione assistita. “Sono molti e diversi tra loro i fattori positivi che l’estate dà alla fertilità: stare maggiormente all’aria aperta, avere a disposizione più facilmente cibi freschi e di stagione, la maggior durata delle ore di luce durante la giornata e il relax delle vacanze sono tutti elementi che aiutano a migliorare la propria capacità fertile”, spiega Cesare Taccani, ginecologo, specialista in Medicina della riproduzione del centro Next Fertility ProCrea di Lugano, parte del gruppo internazionale Next Clinics, all’AGI.

I motivi per cui la fertilità aumenta in estate sono svariati: “Con la bella stagione, normalmente stiamo più tempo all’aria aperta. Questo incide sulla nostra salute riproduttiva con almeno due fattori: aumentiamo l’esposizione al sole e questo ci permette di assimilare più vitamina D che è importante non solamente nel processo di maturazione dei gameti e quindi la qualità sia degli ovociti che degli spermatozoi, ma è assolutamente importante anche per l’endometrio perché aumenta la sua ricettività nei confronti dell’embrione. Inoltre, la vitamina D dà un importante apporto al sistema immunitario, riducendo gli ostacoli a una gravidanza e migliorando il processo di fecondazione”. 

“Stando all’aria aperta si è propensi a fare più attività fisica che ha effetti benefici sulla salute in generale, ma anche e soprattutto sulla salute riproduttiva. è infatti bene ricordare che sedentarietà e peso eccessivo rappresentano degli elementi negativi per chi è alla ricerca di un figlio”, continua il dottor Taccani. E ancora: “In estate abbiamo maggiormente a disposizione frutta e verdura fresche che danno un apporto maggiore di acido folico e vitamina B, oltre che vitamina D: sono alimenti che, grazie a un’importante azione antiossidante, hanno effetti sulla fertilità apportando benefici nel processo di maturazione degli spermatozoi e degli ovociti. Questo vale anche per il consumo di pesce, per quanti hanno l’occasione di trascorrere del tempo al mare, o di frutti rossi, per chi preferisce la montagna”.

Pure il relax e i viaggi aiutano: ”Uscire dalla routine quotidiana permette di ridurre lo stress accumulato durante l’anno, inoltre il periodo delle ferie concede anche più tempo da dedicare all’intimità di coppia con la possibilità di aumentare le probabilità di una gravidanza. Questo vale anche per la fertilità. Gli effetti benefici dell’estate si ripercuotono anche nei mesi successivi sia nella donna ma soprattutto nell’uomo. Infatti, la spermatogenesi ovvero la completa rigenerazione degli spermatozoi avviene in circa 75 giorni. Quindi per i tre mesi successivi c’è un miglioramento della capacità fertile. Pertanto, è dimostrato che l’estate aiuta le coppie che vogliono affrontare un percorso di PMA anche nel periodo autunnale”.

Ricordate però qualche accorgimento. ”Il caldo eccessivo è un nemico della fertilità soprattutto nell’uomo influenzando negativamente la produzione degli spermatozoi. Inoltre, è bene ricordare che indossare abbigliamento stretto o tenere il costume umido per tutta la giornata, non fa bene. Frequentando ambienti affollati come le piscine può favorire lo sviluppo di candida e altre infezioni genitali”, sottolinea il medico. “In estate si tende a lasciarsi un pò andare e a concedersi qualche trasgressione in più. Non dimentichiamoci che alcol e fumo sono tra i principali nemici della fertilità. Quindi, anche se siamo in ferie, meglio evitare gli eccessi”, precisa ancora.

8 abitudini che allungano la vita

Lug 29
Scritto da Annamaria avatar

Noi mamme, ma pure i papà, siamo sempre un po’ stressati, presi dagli impegni quotidiani. E ci facciamo prendere dall’ansia. Sappiate che tutto questo è pericoloso. Eppure ci sono 8 semplici abitudini che allungano la vita.

8 abitudini che allungano la vita
8 abitudini che allungano la vita

Un indagine dello specialista in scienze della salute per il Million Veteran Program al VA Boston Healthcare System, Xuan-Mai Nguyen, con uno studio ha mostrato a tutti come con 8 abitudini si possa stare meglio: sono quelle che allungano la vita. Ha presentato la ricerca durante il convegno “Nutrition 2023“,  il meeting dell’American Society for Nutrition che si svolge a Boston.

Quali sono queste 8 abitudini che allungano la vita (lo studioso dice di ben 24 anni in alcuni casi, in altri 18)?

Fare attività fisica in maniera costante e regolare. Per assurdo è proprio quando si è più stanchi e spossati il miglior momento per allenarsi: il corpo così scarica tutta la tensione. Nel 46% dei casi l’attività fisica contribuisce a ridurre il rischio di mortalità.

Non fare uso di droghe. Non essere dipendente da droghe riduce il rischio di morte, anche precoce, del 38%.

Non fumare: il rischio di mortalità diminuisce del 29%.

Vivere senza stress: saperlo gestire riduce del 22% le morti precoci.

Mangiare frutta e verdura ogni giorno. Se si consuma quotidianamente 1/2 porzioni di frutta e altrettante di verdura la riduzione della mortalità si attesta intorno al 21%.

Limitare drasticamente l’alcol:  il rischio di mortalità è del 19% in meno.

Aver cura del proprio sonno: il sonno di qualità riduce del 18% il rischio di morte precoce.

Coltivare rapporti e amicizie: le relazioni positive fanno bene alla salute e allungano la vita del 5%

Dieta Planetaria

Lug 23
Scritto da Annamaria avatar

La corretta alimentazione è un pilastro della salute in tutto il mondo, ma nello stesso tempo regimi scorretti causano 8 milioni di morti l’anno nel mondo. Sono tanti quante le morte causate dal tabacco, il che rende conto dell’impatto che diete sbagliate possono avere sulla salute a breve, medio e lungo termine. La giusta combinazione di alimenti e nutrienti ha un impatto sul DNA e permette di ‘accendere’ geni protettivi. Come? Ad esempio rispetto al cancro, mentre vale allo stesso tempo l’assunto contrario, ossia l’accensione di oncogeni capaci di innescare patologie. Per questo gli esperti parlano sempre più di dieta planetaria.

dieta planetaria

“Abbiamo davanti agli occhi la chiave per diminuire l’impatto delle principali cause di morte e cronicità. Promuovere ed adottare stili alimentari planetari, di tipo mediterraneo, più semplici, basati su alimenti freschi e non processati. Cibi locali e coltivati in modo sostenibile, così come hanno sottolineato il DG dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus e il Ministro della Salute Orazio Schillaci al Vertice sui Sistemi Alimentari delle Nazioni Unite che si è appena concluso alla FAO. Eppure l’impatto della nutrizione è ancora sottovalutato ‘in salute e in malattia’”, sottolinea il Professor Maurizio Muscaritoli, Presidente SINuC. 

“Nel Report emerso dal Forum Nutrendo 2023 abbiamo riscontrato che nel 24% dei Corsi di Medicina e Chirurgia non esiste alcun riferimento all’insegnamento dello screening nutrizionale. Mentre la Malnutrizione per difetto non è trattata nel 20% dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia”, aggiunge. 

“Lo stato nutrizionale dei pazienti oncologici, ad esempio, non è ancora adeguatamente considerato come fattore di rischio. Eppure, la perdita di peso e massa muscolare (presente nel 50% al momento della diagnosi in questa classe di pazienti) è strettamente collegata all’interruzione delle terapie, fragilità e mortalità evitabile”, precisa ancora l’esperto.

“Nel 2019 la Commissione EAT della rivista Lancet ha proposto un modello alimentare sostenibile. Sia per la salute che per la tutela dei suoli e dell’ambiente in termini di emissione dei gas serra. Proprio pochi giorni fa sono stati presentati i risultati dell’applicazione del Planetary Health Diet Index a due coorti di 100mila uomini e donne americani seguiti dal 1986 al 2018. L’indice ha lo scopo di misurare gli effetti delle scelte alimentari sulla salute e sull’ambiente. Si è osservato che alla maggiore adesione alla dieta Planetaria corrisponde un rischio di morte inferiore del 25% per 4 cause. Quali? Cancro, malattie cardiovascolari, malattie neurodegenerative e respiratorie”, spiega il Professor Alessio Molfino, del Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione della Sapienza Università di Roma. 

“Più nel dettaglio. L’adesione ad un regime di Dieta Planetaria ha mostrato una diminuzione del rischio del 15% per cancro. Pure del 20% per le patologie neurodegenerative e del 50% per quelle respiratorie. Con un netto vantaggio rispetto alla cronicità, che è in tutto il mondo occidentale la sfida della sanità del futuro”, chiarisce. 

La dieta planetaria rispetta tradizioni locali e preferenze. Il modello Planetary Diet, è semplice. Caratterizzato da una varietà di alimenti vegetali di alta qualità e basse quantità di alimenti a base animale, cereali raffinati, zuccheri aggiunti e grassi malsani, è progettato per essere flessibile. Per adattarsi a situazioni locali e individuali, tradizioni e preferenze dietetiche. L’adozione globale di questa dieta sanitaria planetaria fornirebbe importanti benefici per la salute. Gli studi di modellazione mostrano che tra 10,9 e 11,6 milioni di morti precoci potrebbero essere evitate ogni anno. Una riduzione dal 19% al 23,6% rispetto agli attuali tassi di mortalità degli adulti .

“Rispetto alle diete attuali, questo cambiamento richiederà che il consumo globale di alimenti come la carne rossa e lo zucchero diminuisca del 50%. Mentre il consumo di frutta, noci, verdura e legumi deve raddoppiare. E’ intuibile come tutto ciò debba comportare notevoli investimenti nella ricerca di fonti alimentari ‘alternative’ nell’ottica della sostenibilità ambientale e della sicurezza alimentare”, conclude Muscaritoli.